Un castello di carte
Recensione del libro di Amanda Craig edito da Astoria (464 pp., 20 euro)
Amanda Craig ama guardare come Londra agisca sulle persone: come se emettesse delle radiazioni, la metropoli fa risplendere energie e slancio vitale oppure spegne tutto dietro una coltre di paura e fatica. Ma a una scrittrice nata in Sudafrica e cresciuta a Roma l’ipocrisia e la violenza su cui si fonda il precario equilibrio britannico non possono sfuggire. E per descrivere la spirale di perdizione nella quale è scivolata l’Inghilterra e quel bisogno ossessivo di distinguersi dal resto del mondo anche quando in ballo c’è la vita delle persone (vedi Brexit e risposta al Covid), la scrittrice inglese si affida a solide trame e intrecci gustosi, di quelli che se ci fossero appuntamenti importanti di questi tempi, beh verrebbe da cancellarli tutti e subito. Le circostanze – titolo originale “The Lie of the Land” (2017), libro dell’anno secondo il FT e già brillantemente recensito sul Foglio – e in Un castello di
Se la giostra accelera troppo, anche i più forti rischiano di essere cacciati indietro o spediti dritti dritti in campagna per sopravvivere all’illusione della ricchezza che tutti i possidenti londinesi hanno. Essere un autore “state of the nation”, ossia che si interroga sul Regno Unito, in molti casi è un patentino di moralismo, che la Craig aggira con grazia inserendosi nella grande tradizione di Trollope e dei vittoriani: ci racconta le favole che si raccontano le persone che arrivano a Londra, nella speranza che prima o poi diventino vere.
Un castello di carte
Amanda Craig
Astoria, 464 pp., 20 euro