L’ultimo inverno di Rasputin
Recensione del libro di Dmitrij Moropol’skij edito da Fazi (784 pp., 20 euro)
Se Rasputin è l’eroe eponimo, non è però il protagonista. Il che non è un demerito, ma anzi un pregio di questo romanzo storico, prima opera dell’autore tradotta in italiano. Perché intorno al misterioso contadino siberiano giunto ai vertici della corte dello zar, Moropol’skij – non a caso in Russia autore teatrale di successo – mette in scena un vero dramma corale, con una selva di protagonisti che continuamente si alternano sul proscenio.
Finché tutte le trame, private e pubbliche, locali e continentali, finiscono per annodarsi intorno a lui, “il visitatore venuto dal villaggio di Pokrovskoe”, che “leggeva e scriveva con difficoltà, non conosceva le buone maniere, si comportava con libertà e come un sempliciotto… Ma allo stesso tempo era tutt’altro che un sempliciotto, era straordinariamente interessante parlare dei suoi pellegrinaggi nei luoghi santi e, cosa più importante, possedeva un incomprensibile potere che soggiogava”.
Con questo potere Rasputin salva la vita al figlio minore dello zar, gravemente emofiliaco; con questo potere incanta la zarina, e fa di tutto perché convinca lo zar a tirare la Russia fuori dalla guerra che la sta devastando. Ma troppi vogliono che la guerra continui, e per troppi Rasputin diventa un nemico da eliminare.
E’ luogo comune dire che ci sono libri di storia che si leggono come romanzi; stavolta l’assunto può essere ribaltato: ecco un romanzo che si legge come un libro di storia. Perché romanzesche sono struttura e scrittura, sempre vive, dirette, trascinanti, e qua e là Moropol’skij mette del suo. Ma nell’insieme il racconto è rigorosamente fedele alle fonti, e restituisce tutta la concretezza della vita a una pagina di storia appassionante e spesso travisata.
L’ultimo inverno di Rasputin
Dmitrij Moropol’skij
Fazi, 784 pp., 20 euro