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La ladra di frutta

Gaia Montanaro

Il libro di Peter Handke, Guanda, 432 pp., 20 euro

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La ladra di frutta è un libro spiazzante, impegnativo, difficile nell’approccio. Fin dalle prime pagine si percepisce con chiarezza che è altro da sé. Costringe il lettore a uno spostamento, a un adattamento, ad assumere una postura diversa come una sedia che ha un aspetto tradizionale ma quando ci si siede si fatica a trovare una posizione comoda. Ci si deve continuamente muovere. Racconta una storia minima – il narratore viene punto da un’ape e decide di mettersi in viaggio dalla sua casa nei dintorni di Parigi alla Piccardia ripercorrendo l’itinerario compiuto dalla ladra di frutta, giovane sfuggente e misteriosa che errava in cerca della madre scomparsa – puntellata di poesia e piena di astrazioni. Il lirismo e l’atmosfera la fanno da padrone in questo ampio romanzo di Peter Handke, premio Nobel di quest’anno, che in realtà appare difficile definire come un romanzo. Sembra più una narrazione in cui si giustappongono frammenti diversi, come delle visioni, che sono raccordati tra loro più che da una stretta consequenzialità narrativa da una famigliarità emotiva. Handke sembra seguire delle logiche interiori che poco hanno a che fare con il romanzo nell’accezione comune, privilegiando un racconto dalla forte carica evocativa. Il viaggio del narratore e quello della ladra di frutta tendono a sovrapporsi, intrecciandosi e diventando l’uno il correlato dell’altro. Anzi, sembrano l’uno lasciare il posto all’altro come in un invisibile passaggio di testimone. La giovane ragazza appare misteriosa, portatrice di luce e amante dei sentieri nei boschi, del contatto con la natura di cui è parte armonica. In questo quadro infatti, l’elemento naturale è un filo conduttore costante. Si staglia con la sua presenza che è insieme imponente e minima, nei dettagli. Dettagli su cui Handke si sofferma, indagandoli nella loro minuziosità e investendoli di un’importanza fuori dall’ordinario. Dettagli che si svelano anche nella scelta di parole precise, in un racconto in cui ogni pianta e fiore hanno il proprio nome, che ordina e spiega. Molti sono i riferimenti pittorici – uno su tutti Cezanne – presenti in questo ultimo ephos come è stato definito dallo stesso Handke e i rimandi alla poesia romantica. Un racconto in cui la luce – e quindi i colori – sottolineano e scandiscono le fasi del cammino dei protagonisti. Ed il viaggio è proprio il filo di raccordo tra le vicende raccontate; non solo l’elemento che a livello pratico accomuna l’esperienza del narratore a quella della ladra di frutta ma anche una metafora della vita. E della scrittura. “Scrivere, un modo tutto speciale di camminare”. Dopo tre giorni di questo cammino, il viaggio giunge al termine. Ha cambiato i protagonisti, forse ha aperto uno sguardo nuovo anche in chi questo viaggio lo ha seguito da spettatore. “Quante cose però aveva vissuto nei tre giorni del suo viaggio nell’entroterra, e come era stata drammatica ogni ora, anche se non accadeva nulla, e in ogni attimo c’era stato in gioco qualcosa”.

 


 

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Peter Handke
La ladra di frutta
Guanda, 432 pp., 20 euro

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