Il Campo
La recensione del libro di Robert Seethaler, Neri Pozza, 191 pp., 16,50 euro
Siamo nella parte più vecchia del cimitero di Paulstadt, “in quella che molti chiamano semplicemente il Campo”. Lì, una volta, c’era il terreno incolto di un allevatore, “un fazzoletto di terra improduttivo disseminato di pietre e ranuncoli velenosi”; oggi c’è un uomo anziano che vi passa le sue giornate a osservare le tombe sistemate senza un ordine preciso. L’erba è alta e quando è caldo, l’aria è piena d’insetti ronzanti, presenze – come quelle degli uccelli e di altri piccoli animali – che lui, però, non riesce a vedere nitide per un problema alla vista e per la sua ostinazione a non voler indossare gli occhiali. Avverte la presenza di quelle persone che riposano in quel posto, da lui conosciute quando erano in vita.
E’ convinto di sentirle parlare, non riesce a capire cosa dicano, eppure percepisce le loro voci nitide. Se ognuno di loro potesse tornare in vita ed essere ascoltato ancora una volta, riceverebbe da lui domande proprio sulla vita, perché “l’essere umano è in grado di giudicare la propria vita solo dopo che si è messo la morte alle spalle”. O forse no, perché magari, invece, i morti tirerebbero fuori, proprio come i vivi, solo banalità, lamentele e sbruffonate e continuerebbero a frignare, a strillare, a parlare delle malattie e, ovviamente, a calunniare. Lui, che da giovane voleva ingannare il tempo e che più tardi voleva fermarlo, si ritrova adesso, come molti, a non desiderare altro che recuperarlo.
Un pensiero che non ha mai avuto, ma che è arrivato all’improvviso. Non sa che farsene e la cosa migliore da fare, è rientrare a casa, mettersi i pantaloni comodi e sedersi davanti alla finestra a osservare. Solo così, senza calma e distrazioni, può pensare un pensiero fino in fondo e aspettare anche lui. Poetico.
Robert Seethaler
Neri Pozza, 191 pp., 16,50 euro