È da lì che viene la luce
Emanuela E. Abbadessa
Piemme, 320 pp., 18,50 euro
Ci vuole un bel coraggio a fare domande su Antinoo”. Fu questa la memorabile risposta del British Museum allo studioso ottocentesco John Addington Symonds, che sorprese i conoscenti presentando loro come un vecchio faccendiere bisognoso chi invece si rivelò essere un giovane e prestante gondoliere veneziano. Symonds apparteneva alla generazione di intellettuali omosessuali che precedettero, scansarono e danzarono sul bordo di scandali come quello che travolse Oscar Wilde (punito per tutti a nome della società vittoriana anche perché irlandese), un mondo che ruotava attorno a emblemi come Ganimede, Alessi e Coridone, i sonetti di Michelangelo e i dialoghi di Platone, e si entusiasmava per le foto di giovani nudi maschili ispirate agli idilli campestri di Teocrito.
Gli scatti di ragazze alle fontane o adolescenti ricciuti tra le rovine magno-greche ambiscono a immortalare la massima naturalezza tramite il massimo dell’artificio, esprimere una verità ideale grazie a una menzogna, il mondo dei Malavoglia che si carica di valenze mitiche per chi si è formato con Novalis e Wagner, rivelandosi così uno specchio dei suoi stessi desideri, ancora avvolti dalla nebbia del timore e della repressione sociale e psichica. Una vicenda che in parte ricorda il “Demone e dèi” di Bill Condon, ma in cui l’eterno dramma di Pigmalione si fa anche una tragedia dell’autocoscienza e della paternità, una storia di tradimenti e perdono che racconta la crescita mutua dei vari protagonisti, la solidarietà tra i riprovati e gl’incompresi nello schermarsi con un’egida di rispettabilità sociale dalle maldicenze e stigmatizzazioni, e la feroce gelosia dei poveri verso chi minaccia di sostituirsi a essi nella benevolenza dei propri benefattori. Non c’è infatti malizia più ottusa e tenace degli ex favoriti che vogliano colpire un proprio idolo.
È DA LÌ CHE VIENE LA LUCE
Emanuele E. Abbadessa
Piemme, 320 pp., 18,50 euro