La congiura dei Fieschi
Gabriella Airaldi
Salerno, 139 pp., 12 euro
“Il Moro ha fatto il suo dovere, il Moro può andare”, era una frase che Adolf Hitler amava ripetere. Era un riferimento a Muley Asen “il Moro”: un birbante che passa da un fronte all’altro nel corso della tragedia di Friedrich Schiller
Nella congiura fu tra gli altri ucciso Giannettino Doria: amato nipote di Andrea. Ma nella città dove secoli dopo sarebbe poi nato Paolo Villaggio quando si consumò questo delitto il golpe era già fallito, in stile quasi fantozziano. Capo del complotto era infatti Gian Luigi Fieschi, che per meglio dissimulare le proprie intenzioni poco prima dell’azione era andato a visitare Giannettino, prendendo in braccio i suoi figli. Ma durante il pur vittorioso attacco alle navi dei Doria in Darsena cadde in acqua da una passerella e annegò sotto il peso dell’armatura, senza che i suoi uomini nella confusione se ne accorgessero. Tanto il piano era preparato bene, che andò avanti con la precisione di un cronometro. Solo quando ormai erano padroni della città i golpisti realizzarono che il capo era morto. I rematori musulmani che i ribelli avevano liberato ne approfittarono per squagliarsela, mentre Andrea Doria scatenava una vendetta durissima. Sul momento bollata come un’azione malvagia mossa dall’invidia, in epoca romantica la congiura sarebbe stata rivalutata in chiave libertaria. Specialista di Storia mediterranea e delle relazioni internazionali e docente di Storia medievale all’Università di Genova, Gabriella Airaldi usa un linguaggio spesso suggestivo nel ricostruire una di quelle “notti in cui la storia si fa mito”. Ma cerca di inquadrare il tutto nell’ambito di un regolamento di conti tra vecchie e nuove aristocrazie, nel momento in cui Andrea Doria stava delineando il nuovo blocco sociale all’origine di un “secolo genovese”.
LA CONGIURA DEI FIESCHI
Gabriella Airaldi
Salerno, 139 pp., 12 euro