recensioni foglianti
Lo strano ordine delle cose
Antonio Damasio, Adelphi, 352 pp., 29 euro
Senza emozioni non ci sarebbe coscienza né razionalità: se dovessimo riassumere in una frase il pensiero di Antonio Damasio, suonerebbe più o meno così. Nel celebre L’errore di Cartesio (1994) il neurologo portoghese aveva mostrato che ogni decisione richiede un substrato emotivo e somatico, nel cervello ma non solo, in assenza del quale la capacità decisionale è compromessa, e anche le scelte più banali diventano impossibili.
Che le religioni, la scienza, la tecnologia abbiano alla radice un meccanismo di regolazione biologico è una tesi non priva di problemi. Damasio non si tira indietro. Che una pratica culturale abbia all’origine tale meccanismo non significa che i suoi successivi sviluppi si spieghino interamente in questo modo. Damasio non è un riduzionista, sa che le emozioni sono parte di un edificio più ampio: “L’alleanza dei sentimenti e dell’intelletto […] ha permesso agli esseri umani di tentare di raggiungere l’omeostasi con mezzi culturali, invece di rimanere prigionieri dei dispositivi biologici fondamentali”. Di più, benché tendano a essere conservate solo le novità culturali che facilitano o migliorano il rapporto con l’ambiente, a volte le cose vanno diversamente. Nella storia della cultura sono possibili dei passi indietro: l’esempio di Damasio è il comunismo. Le società, dopotutto, non sono organismi ma pluralità di organismi, cioè di tanti sistemi omeostatici sempre a rischio di entrare in conflitto.
LO STRANO ORDINE DELLE COSE
Antonio Damasio
Adelphi, 352 pp., 29 euro