recensioni foglianti
Tutti i nostri errori
di Mario Fortunato, Bompiani, 320 pp., 17 euro
Il celebre aforisma di Oscar Wilde, per cui “l’esperienza è semplicemente il nome che diamo ai nostri errori”, viene spesso citato in modo garbatamente cinico. In realtà, la sua saggezza è più profonda, giacché, a ben pensarci, è vero che il meglio della vita è sempre tutt’uno col suo peggio, che l’uomo è gloriosamente bello (lo sapevano bene i greci, innamorati dello splendore fisico, le cui tragedie però avevano come eroi i ciechi, i mendicanti, gli sconfitti) proprio perché l’uomo è anche brutto, ferito, balbettante, confinato in dimensioni che sente soffocanti, spesso incapace di realizzare le sue aspirazioni più profonde. Eppure, in tutto questo, ognuno vaga (“erra”, appunto) sempre e solo alla ricerca di come essere felice.
Uno specchio dinanzi a cui arrestarci, e provare a fare i conti, fronteggiando anche le viltà e i compromessi. Imparando, magari, persino a sorridersi, e fare pace con se stessi: “Si dice che la storia della coscienza cominci quando si pronuncia la prima bugia. Wystan era convinto che la poesia avesse a che fare con la verità e che mentire corrispondesse al più alto grado di alienazione da sé. In altre parole, significava invecchiare. A febbraio di quell’anno aveva compiuto cinquantuno anni e, sul finire dell’estate, si rese conto che la vecchiaia sarebbe piombata su di lui in quattro e quattr’otto, come un temporale o anche come la fine di una vacanza. Probabilmente fu per questo che si rassegnò a mentire”.
TUTTI I NOSTRI ERRORI
Mario Fortunato
Bompiani, 320 pp., 17 euro