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Uffa!

Qualche poesia per gli amici che si sposano. Ed è, non subito, letteratura

Giampiero Mughini

La prima edizione di "Myricae" di Pascoli è leggendaria, dal tempo in cui era usanza festeggiare un matrimonio con la pubblicazione di una plaquette. Di questa e di un'infinità di altre primizie traboccano i cataloghi delle librerie antiquarie come Pontremoli da cui sono tossicodipendente

E seppure avessi dato un esame di Letteratura italiana contemporanea da laureando in Lingue e letterature moderne, ho imparato a conoscere davvero la storia della letteratura italiana del Novecento solo molto dopo. Quando, a metà strada fra i trenta e i quarant’anni, avevo cominciato a collezionarne le prime edizioni ed è stata l’intrapresa culturale più importante della mia vita. Basti pensare che nelle lezioni universitarie del mio professore all’università, Carlo Muscetta – un uomo che aveva avuto eccome un suo ruolo nella cultura italiana del secondo dopoguerra – il termine “futurismo” non era mai stato pronunciato. Come se Filippo Tommaso Marinetti e tutti gli altri di quella torma geniale e furibonda non fossero mai esistiti. Ecco, doveva essere il 1975 la volta che in una piccola libreria antiquaria romana, la Maldoror di Giuseppe Casetti e Paolo Missigoi, vidi dentro una bacheca dei libri e librini ai miei occhi tanto stupefacenti quanto sconosciuti. Che sono? chiesi. Erano una collezioncina di libri futuristi, venduti a 30 mila lire l’un per l’altro. Poco dopo fu un altro libraio romano, il nostro indimenticabile Roberto Palazzi, a donarmi un libretto che sarebbe stato fatale per il mio destino, il catalogo che il pittore romano Pablo Echaurren – ad oggi il più grande collezionista al mondo di libri futuristi italiani – aveva dedicato alle milanesi Edizioni futuriste di poesia covate da Marinetti nel primo quarto di secolo. Erano non ricordo più se 52 o 53 libri di accecante bellezza già a guardarne le copertine e di cui non sapevo nulla. Cominciai allora a cercarli, a comprarli. Finché non sentii che questa esperienza s’era consumata dentro di me e che volevo farne altre. Nel dicembre 2014 la libreria milanese Pontremoli mise in vendita la mia collezione di poco meno di 800 testi futuristi. Apprestato accuratamente da Giacomo Coronelli, quel catalogo funge da documentazione preziosa della cultura italiana del secolo scorso. Se volete, lo trovate su internet.

E siccome il tempo del Natale è tempo di compere, a Natale arrivano numerosi nella mia buca delle lettere i cataloghi delle librerie antiquarie da cui sono tossico dipendente. Splendido il catalogo di 100 voci offerte ancora una volta dalla Pontremoli. Ancora una volta un documento irrinunciabile di quel che è stata la cultura italiana del Novecento, di come ne sono nati i testi più importanti. 100 voci, una più ghiotta dell’altra. Ci sono i libri futuristi ovviamente, nonché un’infinità di altre primizie. Una su tutte. L’intera e leggendaria storia editoriale del libro (inizialmente solo una plaquette) che fa da pietra d’inciampo nella storia della più alta poesia italiana moderna. Il Myricae di Giovanni Pascoli edito in poche copie da una tipografia livornese nel 1891, quando il poeta di San Mauro di Romagna aveva 36 anni. La prima edizione (offerta dalla Pontremoli a 30 mila lire) ne è leggendaria. Era successo che una coppia di amici del Pascoli stessero per sposarsi e che a quel tempo fosse diffusa l’usanza di scandire l’evento con la pubblicazione di una plaquette da regalare agli amici degli sposi. In tutto e per tutto quelle di Pascoli erano 22 poesie per un totale di 56 paginette. Resta incerta la tiratura della plaquette, in parte destinata agli amici degli sposi e in parte alla vendita. Maria Pascoli, la sorella del poeta, ha scritto che ne vennero stampate 100 copie, ciò che appare dubbio data l’inaudita rarità del volumetto. Nelle biblioteche italiane ne sono state localizzate sette copie. Nel mercato antiquario degli ultimi trent’anni e prima di quella offerta adesso dalla Pontremoli, che io sappia ne era apparsa una sola copia. 

Ma il bello deve ancora venire. C’è che Pascoli ritiene quelle sue 22 poesie il cuore del suo fare poetico più originale. E dunque le 56 paginette della prima edizione le aggiorna, le amplia e le riedita con rara ostinazione. Otto volte in vent’anni. L’ultima nel 1911, un anno prima della sua morte a Bologna. A un tempo in cui era grasso che cola se Pascoli riusciva a venderne ogni volta 200-300 copie. Ebbene nel catalogo della Pontremoli sono offerte le cinque edizioni successive a quella del 1891, tutte edite da Raffaello Giusti, e seppure ciascuna delle cinque copie rilegata: il che per noi drogati di prime edizioni le rende un tantino meno sgargianti. A darvene un’idea, già nella seconda edizione e prima edizione commerciale – anch’essa in formato sedicesimo – le 22 poesie erano divenute ben 72. Pascoli venne pagato sotto forma di 60 copie che delle 300 edite gli furono donate da Giusti. 

Di leccornie analoghe il catalogo natalizio della Pontremoli trabocca. C’è il libro più mitologico di Fortunato Depero (Depero Futurista) in una variante di colore al frontespizio e con dedica autografa dello stesso Depero, il romanzo (Il ragazzo morto e le comete, Neri Pozza, 1951) che funge da raffinato esordio di Goffredo Parise, uno dei 100 esemplari del Neurosentimental del 1963 di Stelio Maria Martini che fa data nella storia della poesia visiva italiana, le 26 tavole fotografiche comprese nell’Occhio quadrato di Alberto Lattuada di cui lascia esterrefatti che sia stato pubblicato a Milano dalle edizioni Corrente nel 1941, e dunque mentre l’Italia guerreggiava in Grecia e in Africa. C’è uno splendido esemplare della edizione  del 1931 dei Canti di Giacomo Leopardi. C’è una copia della Tavolozza di possibilità tipografiche, l’artefatto creato nel 1935 dai pittori Bruno Munari e Ricas (Riccardo Castagnedi) che non fosse che ce l’ho già venderei mia sorella ai beduini pur di comprarlo. C’è un grappolo di mirabolanti inviti augurali autoprodotti che Ettore Sottsass e sua moglie Nanda Pivano mandavano in occasione delle festività al poeta Vittorio Sereni. Se ho comprato qualcosa da questo catalogo? Purtroppo solo un quarto di quello che avrei voluto.