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TERRAZZO

Milano e Roma, una guida

Manuel Orazi

Spesso contrapposte e divise da ragioni di campanile, le due città condividono molto più di quel che si creda. A partire dagli architetti e dalle loro guide

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Sarebbe ora di smetterla col paragone e con la competizione campanilistica fra Milano e Roma. Bisognerebbe piuttosto scoprire o riscoprire quanto le due principali città italiane hanno in affinità piuttosto che in opposizione. Ad esempio se un osservatore torinese o barese fosse fatto scendere bendato e improvvisamente da un elicottero nella centralissima piazza Diaz non saprebbe dire a prima vista se non si trovi piuttosto in un angolo dell’Eur. Lo zampino di Marcello Piacentini infatti è presente nella sistemazione di entrambe le aree, e l’architetto romano è anche l’autore dell’imponente Palazzo di Giustizia milanese, simbolo di Tangentopoli, così come le opere fra le più memorabili di Luigi Moretti sono appunto in corso Italia e in via Corridoni, nonché il quartiere Gallaratese che divenne un modello internazionale di welfare state è opera di un team di progettisti romani guidati da Carlo Aymonino. Si potrebbe continuare a lungo, anche a ritroso visto che Bramante divise a metà la sua carriera fra queste due metropoli e che Francesco Borromini era lombardo come Caravaggio, ma la ripubblicazione di due guide offre ora lo spunto per nuove riflessioni a riguardo. Certo, a livello editoriale, le differenze restano macroscopiche: Nuove architetture a Milano di Roberto Aloi, uscita originariamente nel 1959 a cura di Marco Strina, con nuove fotografie di Stefano Topuntoli (Hoepli, €69,90 euro) è in bicromia, bianco e nero più un bel blu elettrico, di grande formato e ovviamente tradotta anche in inglese da un editore di origine svizzera che proprio quest’anno festeggia i 150 anni di attività (auguri!). Questa guida milanese celebra gli anni più felici della città del nord, quelli fra il 1945 e il 1958, dove accanto a una traboccante presenza di maestri (Ponti, BBPR, Albini, Gardella, Caccia Dominioni, Magistretti, Zanuso) si afferma anche una seconda fila di professionisti oggi assai rivalutati (Asnago&Vender, Minoletti, Arrighetti) e anche una terza fila che merita attenzione (Latis, Bega, De Carli, Soncini etc.) come giustamente rileva Marco Biraghi nella prefazione. Il risultato è un insieme di architetture che si presenta come un genere letterario, come una legione romana però meneghina.

 

Viceversa la guida di Giorgio Muratore, Roma. Guida all’architettura dalle origini ai giorni nostri (L’erma di Bretschneider, 30 euro) esce aggiornata rispetto alla prima edizione del 2007 da una casa editrice che si occupa di Grande Bellezza con misteriosa discrezione. La guida è a cura della moglie Clementina Barucci, animatrice dell’Associazione amici di Giorgio Muratore che in via Tevere ha reso accessibile la sua biblioteca e le sue carte. La coppia aveva già fondato una casa editrice di architettura, la Clear, giovandosi anche della collaborazione con il milanese acquisito Tómas Maldonado ai tempi della sua direzione di Casabella. Questa guida romana è quasi impossibile: selezionare le migliori architetture in ogni quartiere ab urbe condita a oggi, addirittura in formato tascabile, a colori è impresa ardua. Ne risulta un mosaico disorientante un po’ perché manca qualsiasi introduzione e un po’ perché Roma è così: una città da sempre priva di infrastrutture che la rende un arcipelago urbano ingovernabile. E’ chiaro che in un simile quadro e pur essendo stato l’autore un esperto di architettura moderna, quest’ultima quasi scompare al cospetto di tutte le grandi opere romane, bizantine, rinascimentali, barocche neoclassiche, eclettiche e liberty e perciò finisce nell’alimentare il pregiudizio milanese: le uniche architetture genuinamente moderne e di respiro internazionale della capitale si contano sulle dita di una mano sola. E’ però apprezzabile e in fondo raro il fatto che un uomo così polemico come Muratore (non a caso si era laureato nel 1970 con Bruno Zevi) dopo la sua scomparsa tre anni or sono abbia lasciato intorno a sé una piccola comunità di amici e allievi che portano avanti la sua opera di ricerca di cui la capitale, come Milano, ha un costante bisogno. In ultima analisi si tratta di due guide che assomigliano alle rispettive città.

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