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Supermarket riflessivo

Michele Masneri

Joseph Coulombe era il fondatore della catena di supermercati-gourmet “Trader Joe”, un punto di riferimento per la clientela di "sovraeducati e sottopagati"

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Ha salvato almeno tre generazioni di suoi elettori dal colesterolo, ed è strano che con tutte le onorificenze rifilate a cantanti e cuochi il Partito democratico americano non gliene abbia mai data una. Joseph Coulombe, il fondatore della catena di supermercati- gourmet “Trader Joe”, è morto venerdì scorso a Pasadena, California, dove aveva aperto il suo primo negozio nel 1967, epoca aurea della grande distribuzione. Come sa chiunque abbia vissuto negli Stati Uniti, Trader Joe, con i suoi interni poveri ma dignitosi e le varietà di riso basmati e le spezie e l’olio italiano, rappresenta la salvezza casalinga, una via di mezzo tra i terrificanti ma economici Safeway, e i libidinosi ma proibitivi Whole Foods. “Clienti sovraeducati e sottopagati”, era il suo target, cioè noi insomma, la solita fascia alta dei morti di fame.

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Ha salvato almeno tre generazioni di suoi elettori dal colesterolo, ed è strano che con tutte le onorificenze rifilate a cantanti e cuochi il Partito democratico americano non gliene abbia mai data una. Joseph Coulombe, il fondatore della catena di supermercati- gourmet “Trader Joe”, è morto venerdì scorso a Pasadena, California, dove aveva aperto il suo primo negozio nel 1967, epoca aurea della grande distribuzione. Come sa chiunque abbia vissuto negli Stati Uniti, Trader Joe, con i suoi interni poveri ma dignitosi e le varietà di riso basmati e le spezie e l’olio italiano, rappresenta la salvezza casalinga, una via di mezzo tra i terrificanti ma economici Safeway, e i libidinosi ma proibitivi Whole Foods. “Clienti sovraeducati e sottopagati”, era il suo target, cioè noi insomma, la solita fascia alta dei morti di fame.

 

Coulombe, dopo un master a Stanford, aveva fondato prima un gruppo di piccoli negozi tradizionali, ma poi preoccupato dall’avanzata della catena 7 Eleven, si era deciso a inventarsi qualcosa di nuovo e aprì questi negozi innovativi, leggendo statistiche: erano gli anni Sessanta, e il 60 per cento degli americani sarebbero andati al college, contro il 2 per cento degli anni Trenta. La Boeing aveva poi lanciato il 747 perché si cominciava a girare il mondo. La sua idea di cliente ideale era “qualcuno che era stato in Europa con una borsa di studio Fulbright, e che aveva un’idea di alcolico più sofisticata della birra”. E se i primi negozi avevano un’aria marinara, in linea con l’idea del “trader”, il mercante, con gli impiegati vestiti con camicie hawaiane, e il direttore chiamato “capitano”, per evocare viaggi esotici nel Pacifico rigorosamente da fermi, poi l’impronta marinara cessò, per fortuna, ma il “concept” rimase visionario. Si era infatti tredici anni prima di Whole Foods, un mondo in cui ancora la pasta italiana non esisteva se non nei Dean & De Luca visti nei film di Woody Allen, gli spaghetti erano in scatola, il caffè era il bibitone dei diners col rabbocco automatico – gli “specialty coffees” di là da venire, e Starbucks sarebbe nata cinque anni dopo. Insomma la dieta era quella di Mad Men, micidiali patate fritte o lesse e hamburger senza molte variazioni, e Coulombe ha contribuito molto alla grande rivoluzione culinaria americana, mentre chef come Alice Waters importavano dall’Europa il verbo della cucina naturale; con un tocco democratico tipicamente californiano, poi: i dipendenti sono pagati meglio degli altri, con una permanenza media in azienda di 35 anni. E altre intuizioni: come l’Ikea, continue variazioni nelle forniture di prodotti in serie limitate. E il “white label” cioè prodotti a marchio proprio, che appose per primo su un ritrovato che sarebbe diventato sempre più fondamentale nella dieta dei californiani e americani at large, la granola o cereali che oggi campeggiano in ogni startup che si rispetti nella Silicon Valley. E poi i vini, il più grande assortimento di California, in tempi non sospetti, prima delle Napa Valley, quando in tavola era più facile trovare whisky o latte. Invece “Trader Joe” mise su un assortimento di quattrocento etichette, compreso il famigerato Charles Shaw da due dollari, detto “Two Buck Chuck”. A Coulombe sopravvive oggi l’erede Joe junior, che, in linea con i tempi, coltiva piante di avocado.

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