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Le serie tv da vedere a marzo 2022, in pillole

Sono tanti i grandi ritorni, molti di più delle novità seriali. Arrivano le nuove stagioni di Billions e Gray’s Anatomy, ma sul fronte novità non ci sono cose strabilianti

Gaia Montanaro
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Marzo brilla più per i ritorni che per le novità seriali. Se infatti arrivano, tra le altre, le nuove stagioni di Billions e Gray’s Anatomy, sul fronte novità abbiamo serie varie ma non così strabilianti – almeno narrativamente parlando. Ci sono però grandi attori e questo fa ben sperare sulla tenuta generale

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Frammenti di lei

(Netflix, 4 marzo)

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Miniserie in otto episodi con co-protagonista Toni Collette e basata sull’omonimo romanzo (best seller del New York Times) – Pieces of her – di Karin Slaughter. Siamo in una tranquilla cittadina della Georgia sconvolta da un terribile fatto di sangue che mette in modo una catena di violenze. La giovane Andy sarà portata a scavare nel passato della madre Laura (Collette), in un viaggio lungo gli Stati Uniti che andrà di pari passo con la scoperta delle pieghe della sua oscura famiglia. La serie, thriller ben confezionato, è stata creata dagli autori di Big Little Lies e The Undoing e mette al centro la ricerca della verità e il prezzo che si deve pagare per trovarla. Toni Colette garantisce un racconto dall’alta qualità recitativa, mantenendo la capacità di rimanere nel genere ma portando grande emotività.

 

 

Shining Vale

 (StarzPlay, 6 marzo)

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 Horror comedy di cui vengono rilasciati due episodi alla settimana che vede al centro la storia di Pat (Courtney Cox), un ex alcolizzata e autrice di un libro erotico di successo che, in crisi creativa e dopo aver tradito il marito, si trasferisce con tutta la famiglia in Connecticut per cercare di ricucire i rapporti famigliari e ritrovare la vena creativa. Nella vecchia casa che li ospita, Pat comincerà ad avvertire strane presenze, facendo fatica a distingue ciò che è reale da ciò che non lo è. Concept non originalissimo per una serie che, sulla carta, si basa su equilibri narrativi difficili da gestire.

 

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I diari di Andy Warhol

(Netflix, 6 marzo, docuserie) 

 Prodotto da Ryan Murphy, questo documentario in sei parti è tratto dai diari dell’artista americano, pubblicati postumi da una sua stretta collaboratrice. La serie ripercorre tutta la carriera di Warhol, dall’infanzia fino all’affermazione artistica entrando nelle atmosfere della New York degli anni Settanta. La voce narrante – che dovrebbe essere quella di Warhol – è stata riprodotta tramite un programma di intelligenza artificiale. Un esperimento interessante (e dagli ampi mezzi) che permette allo spettatore di rimmergersi nelle atmosfere artistiche di quegli anni, fatte di incontri e di eccessi, quando New York era davvero il centro del mondo.

 

Gli ultimi giorni di Tolomeo Gray

(Apple tv +, 11 marzo)

 Miniserie in sei episodi con Samuel L. Jackson e tratta dal romanzo di Walter Mosley che mette al centro la vita di Tolomeo, uomo malato e dimenticato da tutti. Anche la sua memoria sta pian piano scomparendo e, quando viene abbandonato improvvisamente dal suo assistente, sarà affidato alle cure di una ragazzina orfana – Robyn – che attraverso un metodo sperimentale lo aiuterà a recuperare i ricordi. Una serie che si regge quasi totalmente sull’interpretazione di un grande attore di Hollywood e che promette di toccare corde emotive attraverso il racconto di un perpetuo presente.

 

 

We Crashed

(Apple tv +, 18 marzo)

 Basata sul podcast “WeCrashed: the rise and fall of WeWork” di Wondery, la serie in otto episodi (subito i primi tre e poi uno a settimana) racconta di un famoso spazio di co-working americano – We Work – e della sua rapida ascesa e poi caduta. Jared Leto interpreta Adam Neumann, il co-fondatore della start-up, mentre Anne Hathaway è sua moglie Rebecca. WeWork ha avuto un immediato successo, salvo poi – in un solo anno – esplodere clamorosamente. La società aveva anche tentato la quotazione in borsa e questa mossa aveva fatto emergere la gestione ben poco limpida da parte dei suoi fondatori. Una storia molto legata al racconto della contemporaneità, sostenuta da un cast di primo livello.

 

Una semplice domanda

(Netflix, 18 marzo, show)

  

 Incursione sul fronte show per il nuovo programma di Alessandro Cattelan, che rimane fedele al suo cavallo di battaglia – le interviste – questa volta accolte da una piattaforma. Prosegue per lui il momento “wannabe Letterman” nostrano e questa prima stagione (sei episodi prodotti da Fremantle) mettono al centro le interviste di Roberto Baggio, Paolo Sorrentino, Geppi Cucciari, Francesco Mandelli, Gianluca Vialli ed Elio. L’innesco di tutto è una domanda posta da una delle figlie di Cattelan, Nina, che si chiede “Come si fa ad essere felici?”. Domanda non banale, si attendono con trepidazione risposte al riguardo.

 

The Gilded Age

(Sky Serie, 21 marzo) 

 L’ultima creatura di Julian Fellowes, coprodotta da Hbo e Universal, è ambientata a New York nel 1882 e racconta della giovane Marian Brook che si trasferisce nella Grande Mela, ospite delle due zie Agnes (Christine Baranski) e Ada (Cynthia Nixon). La ragazza si trova coinvolta in una faida tra una delle zie, rigida conservatrice, e i suoi ricchissimi vicini, magnati dell’industria ferroviaria. Ancora una volta, l’incontro/scontro tra i protagonisti delle serie di Fellowes va in parallelo con il racconto dell’anteposizione tra vecchio e nuovo mondo, tra chi strenuamente resiste all’evoluzione e chi ne abbraccia le conseguenze. Un prodotto curatissimo nella messa in scena e molto dispendioso economicamente su cui gli amanti del genere ripongono una certa aspettativa.

 

 

Halo

(Sky Atlantic e Now, 24 marzo)

 In contemporanea con l’uscita americana, arriva l’attesa serie originale Paramount+ tratta dal videogioco più di successo di sempre su Xbox. La saga di fantascienza vede al centro Master Chief che combatte contro la minaccia aliena dei Covenant. Botte da orbi, violenza e azione per un racconto che parte già da milioni di fan in tutto il mondo, affezionati all’universo narrativo e ai personaggi messi in scena. Un segnale importante anche per l’industria audiovisiva che sempre di più si contamina con il mondo dei videogiochi, prodotti che hanno da tempo una platea sterminata, fedele e disposta a spendere per seguire i propri eroi su ogni piattaforma disponibile.

 

 

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