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Monica e le altre: tutte le donne dell'affaire Lewinsky in una nuova serie tv

Stefano Pistolini

"Impeachment", in Italia dal 19 ottobre, definisce il concetto di vittima e anche quello di amore e ricostruisce il Sexgate dal punto di vista delle donne, tante, implicate a ogni livello nello scandalo 

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La reazione è di sorpresa nell’apprendere che Monica Lewinsky adesso ha 48 anni, più della metà dei quali trascorsi nel tentativo di rifarsi una vita dopo lo scandalo. Monica nell’immaginario collettivo si è cristallizzata, condannata a restare in eterno la stagista innamorata del presidente degli Stati Uniti, col quale intrattiene una liaison lunga quindici mesi, provocando involontariamente lo scandalo che trascinerà Bill Clinton sull’orlo dell’impeachment, modificando per sempre la sua immagine agli occhi della nazione che aveva governato felicemente dal 1992. Tutto ciò è ora oggetto di una serie tv in dieci episodi che fin dal debutto di martedì sera – in Italia dal 19 ottobre su Fox – sta facendo rumore in America, come accade sempre per le produzioni di Ryan Murphy, nome tutelare della fiction d’oltreoceano. E per “Impeachment” c’è un’idea di Murphy a fare da architrave al progetto: all’indomani dell’uragano MeToo, ricostruire lo scandalo-Clinton dal punto di vista delle donne che ne sono protagoniste. Cominciando col nominare capoprogetto una sceneggiatrice, Sarah Burgess, attenta a calarsi nel punto di vista femminile della storia. E poi chiamando Monica Lewinsky come consulente della serie, dandole voce in capitolo nell’allestimento delle scene principali di quella vicenda da cui fu travolta fino a smarrire la propria identità, a  22 anni, quando s’infatuò di un uomo che ne aveva 27 più di lei ed era il leader del mondo occidentale.

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La reazione è di sorpresa nell’apprendere che Monica Lewinsky adesso ha 48 anni, più della metà dei quali trascorsi nel tentativo di rifarsi una vita dopo lo scandalo. Monica nell’immaginario collettivo si è cristallizzata, condannata a restare in eterno la stagista innamorata del presidente degli Stati Uniti, col quale intrattiene una liaison lunga quindici mesi, provocando involontariamente lo scandalo che trascinerà Bill Clinton sull’orlo dell’impeachment, modificando per sempre la sua immagine agli occhi della nazione che aveva governato felicemente dal 1992. Tutto ciò è ora oggetto di una serie tv in dieci episodi che fin dal debutto di martedì sera – in Italia dal 19 ottobre su Fox – sta facendo rumore in America, come accade sempre per le produzioni di Ryan Murphy, nome tutelare della fiction d’oltreoceano. E per “Impeachment” c’è un’idea di Murphy a fare da architrave al progetto: all’indomani dell’uragano MeToo, ricostruire lo scandalo-Clinton dal punto di vista delle donne che ne sono protagoniste. Cominciando col nominare capoprogetto una sceneggiatrice, Sarah Burgess, attenta a calarsi nel punto di vista femminile della storia. E poi chiamando Monica Lewinsky come consulente della serie, dandole voce in capitolo nell’allestimento delle scene principali di quella vicenda da cui fu travolta fino a smarrire la propria identità, a  22 anni, quando s’infatuò di un uomo che ne aveva 27 più di lei ed era il leader del mondo occidentale.


La scintilla tra Bill e Monica scocca il 15 novembre 1995, dopo un incontro occasionale nel quale Monica sussurra la frase che accende la fantasia del presidente: “Ho una speventosa cotta per te”. Nell’aprile dell’anno successivo la Lewinsky viene trasferita al Pentagono, dove conosce Linda Tripp, un’impiegata molto più grande di lei, anch’essa transitata per la Casa Bianca, dove aveva covato un acre risentimento nei confronti dei Clinton. In breve la Tripp diviene per Monica l’amica cui confidare i turbamenti della sua incredibile love story. Nell’autunno del 1997, la Tripp propone all’agente letteraria Lucianne Goldberg un libro-scandalo che utilizzi le  confidenze di cui è in possesso. La Goldberg le consiglia di comprarsi un aggeggio per registrare le sue interminabili telefonate con Monica. E’ il prologo del melodramma americano di fine Novecento. I coprotagonisti, lo zelante procuratore Kenneth Starr incaricato di condurre l’inchiesta; Paula Jones, la donna che negli stessi mesi denuncia il presidente per molestie sessuali; Ann Coulter, la più affilata cospiratrice dei circoli di destra, in cerca della tagliola con cui intrappolare Clinton; Betty Currie, la segretaria personale del presidente, che tutto vede e tutto sa; Matt Drudge, il reporter online che all’alba del boom popolare di internet fa di questo scandalo l’occasione per rivoluzionare l’informazione; e poi Hillary, la figura più enigmatica della vicenda, in scena solo a partire dal settimo episodio della serie. Perché secondo Ryan Murphy, sono Tripp (Sarah Paulson) e Lewinsky (Beanie Feldstein) le protagoniste di questa moderna tragedia senza sangue.


Tripp (morta l’anno scorso), è il motore dello scandalo, pervasa dal disgusto e dall’insoddisfazione, capace del tradimento, scossa da dubbi e giustificazioni. E Monica, la vittima designata che però non calza a perfezione nello schema predatorio denunciato dal MeToo, quello in stile Andrew Cuomo: a dispetto degli accusatori di Clinton, lei sostiene che la relazione col presidente era consensuale. Si sente responsabile delle proprie scelte, per quanto sbagliate, appare naïf e strumentalizzata dai complotti, ma umana. Al culmine della baraonda, non cerca un risarcimento, ma vuole ancora quell’uomo. E adesso che è adulta prova a offrire un contributo: non in vista di improbabili pubbliche scuse, ma per dire come stavano le cose e sentirsi parte attiva del dramma che l’ha travolta. Quanto al riappropriarsi di una vita normale, ci ha provato molte volte, con scarsi risultati. Adesso scrive saggi e fa Ted Talk per riflettere su come il suo trauma col tempo abbia cambiato forma e come la condivisione offerta dal MeToo le abbia offerto un ventaglio d’interpretazioni della sua vicenda. Che lei comunque, sotto gli strati di vergogna che l’hanno ricoperta, non rinuncia a considerare una grande storia d’amore. Una cosa avuta in sorte, così unica ed enorme, da realizzare i suoi sogni di eccezionalità. A costo dell’impossibilità di uscirne indenni. 

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