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Il mostro televisivo a due teste che sa ma non ha le prove

Ci voleva Carlo Cracco per rompere il buddy movie tra Giletti e Corona

Andrea Minuz

Il presentatore e il fotografo dei vip sono ormai una coppia di fatto. Ma l'idillio è entrato in crisi nell'ultima puntata di "Non è l'Arena"

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Giletti e Corona sono ormai una coppia di fatto, come Bianca Berlinguer e Mauro Corona. Solo che il primo sta ai domiciliari e l’altro Corona no. Con gli ospiti ormai collegati da casa, la differenza non si nota granché e invece di litigare una puntata sì e l’altra pure, Giletti e Corona vanno d’amore e d’accordo. Come nei migliori “bromance” del cinema americano, come in un buddy movie in cui il poliziotto buono (Giletti) e il poliziotto cattivo (Corona) risolvono i casi più intricati della cronaca italiana. Un idillio entrato in crisi nell’ultima puntata di “Non è l’Arena”, dedicata alle sfrenate nefandezze del caso Genovese, le notti di Milano, le feste, la coca, gli stupri, la “Terrazza Sentimento”. E’ chiaro che con una roba del genere Corona gioca in casa. Però, com’è un po’ nelle sue corde, si fa prendere la mano. Siamo d’altronde ormai nello schema più classico: il figlio degenere della società corrotta che diventa il suo più furibondo accusatore.

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Giletti e Corona sono ormai una coppia di fatto, come Bianca Berlinguer e Mauro Corona. Solo che il primo sta ai domiciliari e l’altro Corona no. Con gli ospiti ormai collegati da casa, la differenza non si nota granché e invece di litigare una puntata sì e l’altra pure, Giletti e Corona vanno d’amore e d’accordo. Come nei migliori “bromance” del cinema americano, come in un buddy movie in cui il poliziotto buono (Giletti) e il poliziotto cattivo (Corona) risolvono i casi più intricati della cronaca italiana. Un idillio entrato in crisi nell’ultima puntata di “Non è l’Arena”, dedicata alle sfrenate nefandezze del caso Genovese, le notti di Milano, le feste, la coca, gli stupri, la “Terrazza Sentimento”. E’ chiaro che con una roba del genere Corona gioca in casa. Però, com’è un po’ nelle sue corde, si fa prendere la mano. Siamo d’altronde ormai nello schema più classico: il figlio degenere della società corrotta che diventa il suo più furibondo accusatore.

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Corona punta l’indice ammonitore contro l’assenza di valori, il vuoto etico e morale. Sono i miracoli della televisione. Prima va in scena il Corona sociologo: “A Milano, che è diversa da Roma, il modo di divertirsi è completamente diverso, ci sono varie categorie sociali, ovviamente benestanti”. Va bene. Poi sale in cattedra il Corona consulente legale del programma: “All’interno di questo procedimento ci sono quattro reati gravi: il primo reato grave è la violenza sessuale che con l’aggravante, ovvero l’uso di sostanze stupefacenti, va dagli 8 ai 12 anni, poi c’è il sequestro di persona, poi ci sono le lesioni, ma il reato più grave è lo spaccio di cocaina”. Infine, Corona tira un po’ di merda a gratis addosso a Carlo Cracco. “La coca alle feste? Lo fa anche lui”. E’ il Corona-Davigo, un mostro televisivo a due teste, metà divo tormentato, metà giustizialista sfrenato, un mostro creato a “Non è l’Arena”. Come Pasolini, Corona sa ma non ha le prove: “La posizione di Carlo Cracco, del buttafuori e di Leali è la stessa”, spiega Corona parlando dei tre partecipanti delle feste di Genovese.

 

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E qui Giletti, in un momento in effetti molto “Cartabianca”, rompe l’idillio: “Corona, io mi dissocio”. Vai avanti tu. Cracco nel frattempo pubblica una diffida su Facebook. Quando è ospite da Giletti, Corona si prende il programma, lo fa suo, la butta in caciara con la missione neanche troppo segreta di alzare l’asticella dello share e prendere spazio il giorno dopo sui giornali. Almeno in televisione, i due Corona, il montanaro selvatico e il ribelle maledetto ai domiciliari, fanno in fondo lo stesso lavoro.

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