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Il foglio del weekend

Ballando con i libri in tv

Asia Argento legge “Come ho inventato l’Italia” di Fabrizio Corona a “Non è l’Arena”. Molti piangono a dirotto

Andrea Minuz

Da Bruno Vespa a Corona. Con il Natale contingentato non ci resta che leggere. Anzi, pubblicare

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Puntuale come le rate del mutuo, il libro natalizio arriva anche quest’anno. Solo un po’ in anticipo rispetto al solito. La tradizionale attitudine a riempire già da fine ottobre supermercati e negozi di torroni, pandori e panettoni coinvolge ormai un po’ tutto. Sarà l’angoscia, il senso di precarietà, la paura di un prossimo Dcpm, il fatto che abbiamo iniziato a parlare del Natale subito dopo l’estate, ma insomma anche editori e librai cavalcano l’onda con entusiasmo. Eccoli uniti in uno slogan assai perentorio: “Novembre è il nuovo dicembre. Compra adesso i libri che regalerai a Natale”. Affrettatevi prima che finiscano (non ordinateli su Amazon, mi raccomando, ma in una piccola libreria indipendente che resiste alla grande diffusione e resta aperta in una zona rossa).

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Puntuale come le rate del mutuo, il libro natalizio arriva anche quest’anno. Solo un po’ in anticipo rispetto al solito. La tradizionale attitudine a riempire già da fine ottobre supermercati e negozi di torroni, pandori e panettoni coinvolge ormai un po’ tutto. Sarà l’angoscia, il senso di precarietà, la paura di un prossimo Dcpm, il fatto che abbiamo iniziato a parlare del Natale subito dopo l’estate, ma insomma anche editori e librai cavalcano l’onda con entusiasmo. Eccoli uniti in uno slogan assai perentorio: “Novembre è il nuovo dicembre. Compra adesso i libri che regalerai a Natale”. Affrettatevi prima che finiscano (non ordinateli su Amazon, mi raccomando, ma in una piccola libreria indipendente che resiste alla grande diffusione e resta aperta in una zona rossa).

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Anche il “december issue” di Vogue con Beyoncé in copertina circola già da parecchie settimane. Anche queste giornate di sole pazzesco a Roma sanno poco di novembre (che è un po’ anche il nuovo ottobre). Ecco quindi spiegato anche il lungo weekend con il libro che ha riempito i buchi del palinsesto televisivo. Un furioso tour de force da sabato pomeriggio, con l’ultimo “memoir” di Alba Parietti a “Verissimo”, a  domenica sera, con il pamphlet antisistema di Fabrizio Corona, ospite da Giletti, con la significativa appendice del libro di Andrea Scanzi, a braccio su tutte le destre del mondo, e dell’ultimo dei ventidue saggi di Nicola Gratteri con Antonio Nicasio, i Rizzo & Stella della ’ndrangheta, perfetto per parlare di mafie, vaccini e Catanzaro nello studio di Lilli Gruber. In mezzo, la formidabile performance di Bruno Vespa. Con le presentazioni traslocate su Zoom, ci si inventa nuove soluzioni creative per far passare il libro in tv. Asia Argento legge “Come ho inventato l’Italia” di Fabrizio Corona, in piedi nello studio vuoto di “Non è l’Arena”. Molti piangono a dirotto.

  

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Bruno Vespa va a “Ballando con le stelle”. C’era molta attesa sabato scorso per il suo debutto nella balera di Milly Carlucci. Il comunicato stampa della rete non usava mezzi termini: “Il giornalista di punta della Rai conquisterà la scena in un modo assolutamente sorprendente, scendendo in pista per un momento di puro spettacolo”. Lei tratteneva a stento l’emozione: Bruno Vespa a “Ballando con le stelle” è il coronamento di “un lungo corteggiamento durato quindici anni”. Lui entrava sulle note di una versione tango di “When a man loves a woman”. Che si sarebbe parlato più del suo ultimo libro che dei suoi primi passi di danza lo si intuiva già dalla scenografia: lampadari di fogli dattiloscritti, scale composte da giganti volumi rilegati in pelle, più “Fantasia” di Walt Disney o “Harry Potter” che misteriosa milonga argentina. Vespa passava tra i ballerini, si sedeva al tavolino con due flûte da prosecco vuoti, quindi si guardava attorno, immobile, lo sguardo rapito dagli adorni e dalle “caricias” dei piedi che gli roteavano attorno sfiorandolo appena. Una coreografia ipnotica. Un tableau vivant. Quasi un renactment di “Bandoneon” di Pina Bausch, drammaturgia sperimentale del 1980 dove i performer ballavano il tango restando seduti, con qualche rimando subliminale anche all’austera, legnosa incomunicabilità delle sedie di “Café Muller” (spiace la giuria non abbia colto). Milly Carlucci si inginocchiava, immortalava il momento, parlava di “discesa in pista”, come quella “in campo” del Cavaliere. Carolyne Smith tirava fuori l’ultimo libro di Vespa per l’autografo e lui scandiva il titolo “lungo alla Wertmuller”: “Perché l’Italia amò Mussolini (e come è sopravvissuta alla dittatura del virus)”.

 

Con la placida compostezza del consumato professionista, Vespa passava in pochi istanti dalla milonga a Piazza Venezia e al Covid. Dando le spalle ai giudici ostili, incurante delle proteste di Guillermo Mariotto che voleva votare e brandiva la paletta con lo “zero”, parlava di vaccino, verità scientifiche, dittature, nuove star della tv, lanciava l’idea di un “tango tra Galli e Zangrillo”, magari per una prossima puntata, perché siamo ormai pronti per i virologi nei talent, è solo questione di tempo. Insomma, una gran lezione di “book promotion” impartita agli acerrimi avversari in corsa per il podio del libro natalizio. Tanti, come al solito. Quest’anno anche di più. L’invito alla lettura delle associazioni di categoria cavalca lo spettro di festività e veglioni in gran raccoglimento, sobrietà e solitudine, come consiglia Giuseppe Conte. “Nella situazione di incertezza che ci circonda”, dicono editori e librai, “invitiamo a non aspettare l’ultimo momento per acquistare i libri da regalare a Natale, fatelo adesso per evitare le code”. Si prende insomma molto alla lettera l’idea del libro come “medicina dell’anima”. Si immaginano file chilometriche fuori le Feltrinelli del centro, come davanti ai supermercati durante il lockdown. Leggere per contenere il vuoto incolmabile di un Natale contingentato. Nonostante il coprifuoco, le zone rosse, la curva che s’impenna, la straziante incognita delle feste, i libri ci saranno, i parenti forse no. La scelta è ampia. Manca solo quello di Roberto Speranza sul Covid, forse già depositato nella “Biblioteca degli inediti” di Franceschini. 

 
Prima del “tango immobile” di Vespa, Alba Parietti presentava il suo ultimo memoir a “Verissimo”. “Un libro dedicato agli uomini narcisisti”, diceva subito Silvia Toffanin, “No”, replicava lei, “un libro dedicato alle donne, per metterle in guardia dagli uomini narcisisti”. Vestita di bianco, con la sobrietà che è d’obbligo quando si parla di libri, Alba Parietti spiega di mettere la sua esperienza al servizio delle altre donne, perché oggi si considera una “giustiziera di narcisisti”. Ecco sfoderata tutta una complicata tassonomia: “c’è il Penelopo, che fa e disfa matasse di relazioni per il gusto del flirt infinito, c’è il Narcimammolo, che proprio non riesce a trovare una donna che lo ami più della sua mamma, c’è il ricco spaccone che sparla della sua fidanzata e quello che da un giorno all’altro sparisce nel nulla”. Ne restano fuori in effetti assai pochi. Alba Parietti si commuove leggendo la dedica del libro a Giuseppe Lanza di Scalea, poi rievoca l’ultimo ricordo e rimpianto legato alla mamma scomparsa, e qui scoppia a piangere anche la Toffanin. Eccoci, quindi, a “Domenica In”. Due libri, uno dietro l’altro. Prima Mario Calabresi in collegamento su Skype, con la sua nuova immersione nella Milano degli anni di piombo, una ricostruzione “metà inchiesta, metà romanzo” della triste e disgraziata vicenda di Carlo Saronio rapito dai suoi amici del Fronte Armato Rivoluzionario. Poi la biografia di Sinisa Mihajlović, “La partita della vita”, che arriva pochi mesi dopo il libro Viktorija Mihajlovic, “Sinisa, mio padre”. Sinisa entra in studio da Mara Venier con la moglie. Partono immagini di repertorio sulle note di “Forever young” degli Alphaville, Sinisa con la famiglia, Sinisa con la Stella Rossa a Belgrado, poi un improvviso momento “Goran Bregović “con l’orchestra di “Domenica In” che intona una canzone serba, la preferita del padre di Sinisa. Anche qui un rimpianto legato alla scomparsa del genitore. Anche qui lacrime, fazzoletti, abbracci. Tutte le biografie degli sportivi vogliono essere “Open” di Agassi, ma “La partita della vita” di Mihajlovic è anche un libro del genere “emotional”, dove la malattia è sempre una battaglia o una partita “da vincere”. La retorica dello sport, del “nemico da sconfiggere” e dell’empowerment sono ormai l’unico lessico di una vasta letteratura emozionale, da Sinisa Mihajlovic ai memoir dei virologi televisivi che hanno già invaso librerie (per esempio, regalare a Natale la storia di Maria Rita Gismondo presuppone una notevole dose di perfidia).

 

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Ma eccoci a domenica sera. L’apoteosi. Messo infondo alla puntata di “Non è l’arena”, dopo quasi tre ore di Covid, ecco Fabrizio Corona con il suo ultimo libro, “Come ho inventato l’Italia”. Non è chiaro se la televisione faccia bene ai libri, ma è sicuro che i libri fanno bene alla televisione. Con quello di Corona, Giletti ci tira fuori mezz’ora di trasmissione. “Tutto pensavo tranne di trovarti con un libro della Nave di Teseo”, dice presentando Corona che è collegato da casa. Giletti sottolinea subito il paradosso del libro, le crepe della sua teologia negativa: “Tu fai capire che dentro di te ci sono stati e ci sono dei demoni, però poi in realtà nel libro dici ‘Io sono Dio’, ma tu sai bene che per molti se esattamente l’opposto, sei Satana, sei Lucifero’”. Un bel grattacapo. Non se ne esce finché Corona azzarda una spiegazione: “Ma è una metafora”. Siamo più sereni. L’incipit di “Come ho inventato l’Italia” è però in effetti lapidario: “Innanzitutto, io sono Dio”.

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Lo sentiamo dalla voce di Asia Argento che legge le prime pagine del libro nello studio desolato: “Io vivo in un perenne déjà-vu: tutto quello che succede in questo paese è successo prima nella mia testa. Sono stato io a creare il mondo che mi circonda. Io ho creato l’Italia. Ho disegnato la Sardegna e la Romagna, plasmato Cortina e Capri. Ho inventato la mafia, ho ordito tangentopoli e vallettopoli, perché il mondo mi annoio e allora lo distruggo e lo ricomincio daccapo” (stiamo sintetizzando). Come i grandi italiani che l’hanno preceduto, come Dante, Casanova, Fellini, Corona identifica la sua opera con il proprio Paese e trasforma l’autobiografia di un coatto in una mitografia nazionale, in uno sfrenato bildungsroman che si snoda da Nitto Santapaola a Lele Mora e Briatore. Prima di ritrovarsi anche lui in lacrime, in vista della prossima udienza in tribunale, Corona apre i rubinetti di un flusso di coscienza à la Debord, un processo alla società dello spettacolo indetto dal suo figlio prediletto: via con gli intrecci tra politica, finanza, televisione, via con il culto di sé, i reality, il successo facile, i simulacri, l’amore per i soldi e per la fica. Corona dice che gli ultimi trentacinque anni di storia del Paese sono una sua invenzione e questa invenzione è una specie di “Giardino delle delizie” di Bosch ma con calciatori, magistrati, giornalisti e mignotte al posto di cani e falchi demoniaci. Corona ci spiega l’Italia e il mondo in una verbosissima versione nietzschiana di “è tutto un magna-magna”.

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E’ il nostro Super-Uomo burino, un monumento vivente alla mitomania italiana, meriterebbe un “Vittoriale dei tamarri”, come tamarro era infondo lo stesso Vate, da erigersi in mezzo a Corso Como a futura memoria, altro che Bosco verticale. Corona va difeso perché è l’opera e la testimonianza più vera e riuscita della nostra epoca e della nostra televisione. Un ready-made dell’italianità postmoderna. I libri di Corona non sono natalizi, ma lo diventano all’occorrenza. Infondo, “Come ho inventato l’Italia”, potrebbe stare dentro la serie “Strategie dei geni” (“Pensa come Leonardo”, “Ragiona come Sherlock”, “Scopa come Corona”). Da “Mea Culpa” (2014) a “Come ho inventato l’Italia” (2020), passando per altre due pamphlet biografici, le copertine dei libri di Corona mostrano una progressione significativa. Nel 2014, faccione di Corona sparato in primissimo piano, a pagina piena. Poi Corona più addominali (“La cattiva strada”). Poi Corona a torso nudo ma includendo anche l’inguine che si intravede da un paio di jeans slacciati, più nastro adesivo in bocca, a mo’ di bavaglio, ma ora anche come sinistro anticipo delle mascherine (“Non mi avete fatto niente”).

  

Infine, Corona tipo bronzo di Riace, con solo una banconota a coprire i ferri del mestiere. C’è in effetti questa nuova sfilza di libri biografici dei trapper o degli influencer sempre con corpo tatuatissimo in copertina, come “Guerriero” di Gué Pequeno, in cui evidentemente si prende alla lettera l’idea di “mettersi a nudo” con la scrittura.  La presentazione del libro vira infine in riunione di famiglia. C’è la mamma di Corona. C’è Asia Argento. Giletti si fa prendere un po’ la mano dalla scrittura di Corona. Chiede a Asia Argento: “Ma tu hai conosciuto l’uomo o Dio?” oppure alla mamma: “Che nuora sarebbe stata Asia Argento?” e ancora: “Come è possibile che suo figlio abbia creato lei, come dice nel libro?”. “No, assolutamente no, non mi ha creato per niente lui”, risponde lei per fare chiarezza: “è il suo narcisismo che glielo fa dire”. E qui sarebbe stato il caso di fare almeno una telefonata a Alba Parietti.

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