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X Factor vuole l'underground, finalmente

Simonetta Sciandivasci

Manuel Agnelli cercherà forse di dimostrare che il talent show non trasforma tutti in Mariah Carey, Emma ci farà molto arrabbiare, penare, cantare

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Manuel Agnelli quest’anno fa la persona seria che è stato e che è (semel persona seria, semper persona seria). Coerentemente, ieri sera indossava la maglietta dei Melvins, che sono stati fondati da un signore con la bio nei capelli e che quando ha cominciato a suonare lo ha fatto con la prima band di Kurt Cobain. Per dire. Con addosso i Melvins, Agnelli ha composto la sua squadra. Con addosso la maglietta dei Pixies, invece, ha assistito alle scelte di Emma, che invece addosso non aveva niente di memorabile, però non fa niente, del resto siamo gente di contenuti. 

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Manuel Agnelli quest’anno fa la persona seria che è stato e che è (semel persona seria, semper persona seria). Coerentemente, ieri sera indossava la maglietta dei Melvins, che sono stati fondati da un signore con la bio nei capelli e che quando ha cominciato a suonare lo ha fatto con la prima band di Kurt Cobain. Per dire. Con addosso i Melvins, Agnelli ha composto la sua squadra. Con addosso la maglietta dei Pixies, invece, ha assistito alle scelte di Emma, che invece addosso non aveva niente di memorabile, però non fa niente, del resto siamo gente di contenuti. 

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Dice Agnelli che quest’anno ha un progetto preciso in testa, e quindi tiene fuori due bravi, ma bravi davvero, perché in quel suo progetto sarebbero inservibili – ma allora chiamiamolo Agnelli Factor, questo programma, e facciamo a capirci. Il progetto glielo scuciono di bocca i Little Pieces of Marmelade, “duo rock di Macerata dal 2015” – così li descrive Skytg24, e vedete quant’è brutta la sintesi sposata alla burocrazia. Antinori e Ciuffreda sono due che suonano in un modo che effettivamente a X Factor non s’è mai sentito e Agnelli evidenzia il motivo: “Il problema del nostro underground è che qui non c’è perché sceglie di non esserci”, che è un fatto vero, e lui saranno anni che vuole tirarlo fuori e meno male che lo ha fatto, finalmente. I piccoli pezzi di Macerata annuiscono, storditi, uno di loro sbaglia a rispondere quando Agnelli chiede loro se si adatterebbero, se cambierebbero, ma mettiamoci nei loro panni: se avessero detto no, gli si sarebbe potuta rimproverare la spocchia, e invece dicendo sì, un sì ovviamente finto ma finto a fin di bene, si prendono solo un richiamo all’ostinazione, che in verità è un via libera all’ostinazione. E così il progetto di Agnelli quest’anno a X Factor non è dare una rappresentazione minima, un assaggio, della scena indie – underground, meglio – italiana, ma dimostrare che chi arriva da lì può concorrere in un talent show senza venirne depotenziata o svilita. Quello che vuole fare Agnelli quest’anno, probabilmente, è mostrare che a frequentare la corte non per forza si diventa più lealisti del re: vedremo, sarà interessante. E’ il nostro tempo: di ribelli, ribellisti, ribellioni, selvaggi, selvatici, inapplicabili, mostri si va a caccia perché al mercato piacciono. Non c’è scontro che non finisca assimilato al sistema. 

 

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Sull’indie, selezionando una band di bravi un po’ patetici e pure didascalici, i Charleston (li fa infatti poi fuori dopo il primo switch – ovverosia la sostituzione di selezionati con nuovi selezionati, causa overbooking), Agnelli dice un’altra cosa interessante: “Siete così indietro che siete avanti”. E noi da casa ci accorgiamo, con divertimento, che la parola indietro contiene la parola indie. Quindi sì, meglio underground. 

 

Fa fuori, sempre in secondo ripensamento (per dovere di switch) i VVendi, che l’altra volta avevano passato il turno con una cover strampalata ma splendida di “Madame” di Renato Zero e stavolta sembravano essersi guadagnati il posto nella squadra dello stronzo (è detto con amore!) con un pezzo di Fabio Concato. Ingiustizia somma: erano bravi, avrebbero fatto scintille, che è cosa importante perché come canta Gazzelle quelli che fanno scintille sembrano amore e invece sono guai, e soprattutto perché il cantante ha detto di aver portato un pezzo di Concato perché piace tanto alla sua mamma. E tutti abbiamo, nei nostri ricordi migliori, la nostra mamma che canticchia “Che domenica bestiale, la domenica insieme a te” o “Rosalina Rosalina tutto il giorno in bicicletta fino a sera, sera, chissà i polpacci poveretta, fino a sera e sera, chissà che piedi gonfi avrai, mia mamma dice che col tempo dimagrirai, ma non importa amore non cambiare mai” – che canzoni che si scrivevano before body positive was cool, eh? 

Ingiusta con riserva anche la scelta di tenere dentro i Manitoba, che non si capisce bene cosa vogliano dire, a parte che hanno la cantante gnocca e permalosa, che però indossa tutte le volte i ciclisti (i pantaloncini, sia chiaro) e quindi non merita le belle gambe che ha. Forse li ha tenuti dentro per esercitare il suo sadismo, forse perché è per sempre uno che una volta ha cercato di dare una carriera a una sedicenne che cantava la cherofobia, la paura di essere felice – non lo dimenticheremo mai, caro Agnelli, la macchia sulla sua carriera resterà quella, per sempre. 

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Poi arriva Emma, coi capelli all’indietro e la tensione a fior di labbra. Concentrata, affabile però pure molto emotiva. Riempie subito le cinque sedie che ha a disposizione, è una che ama dire di sì, è una che vuole tutto, e conosce il dramma del palco, che è un posto dove chi ha molto talento si capisce o in tre secondi o in tredici tentativi. Tiene dentro Enrico Errani, che aveva perfettamente descritto la prima volta che lo aveva ascoltato, dandogli del Dottor Jekyll e Mr Hyde, e infatti se pure era sembrato uno da chitarrina e capelli da tagliare, morto di sonno fuori corso perenne, ieri sera ha cantato “Woman” dei Mumford&Sons ed è stato persino sexy. Purtroppo lo fa poi fuori con l’ultimo switch. Ed è imperdonabile. Brava e coraggiosa a rimandare a casa il ragazzino che si chiama CRI, col punto, e dice che al punto ci tiene, e porta un suo inedito che si chiama Freud e indossa una giacca che gli va grande e balla come quell’odioso ballerino della pubblicità della TIM e ha le scarpe bianche e Agnelli, ubriaco, dietro le quinte dice che “è avanguardia”, quando invece è soltanto una copia di mille riassunti. 

 

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Emma ha un bel modo d’essere accogliente, materna, emozionata, emozionante: ha un’aggressività dolcissima, una specie di sentimento pentimento che le affiora sul viso ogni volta che cede, e che sembra sempre farle dire quanto la fa incazzare avere un cuore, e naturalmente quanto è contenta d’averlo. Un cuore allegro, che non è un cuore felice: è un cuore che fa fatica – è una sottolineatura fondamentale, marcata dalla critica Sara De Simone durante la presentazione di un libro di poesie che è uscito ieri, si chiama “Cuore allegro, lo ha scritto Viola Lo Moro per Giulio Perrone Editore, lo consigliamo molto vivamente.

 

A una cosa non ci si abitua mai: ai concorrenti che, alla fine di ciascuna esibizione, si dicono tra loro “hai spaccato” e riescono a restare seri, a non ridersi in faccia. Sarà forse perché ci credono. Ma speriamo di no. Speriamo solo che siano bravi teatranti. 

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