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Battute? In Rai c’è un programma mica male

Serena Magro

Esaltazione del potere della parola, un ritorno ai social senza inutili foto. Il nuovo programma ideato da Giovanni Benincasa con Riccardo Rossi

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Spiegare le battute ovvero rovinare il gioco, eppure divertirsi. Succede a “Battute?” su RaiDue e anzi succede anche di peggio, perché non si spiegano proprio o solamente le battute, si spiega, o meglio si mostra, come nascono, come si concepiscono, come si costruiscono. E ne viene fuori una specie di classificazione (qualcuno l’avrà certamente fatta perché il motto di spirito ha attirato i migliori cervelli della storia umana) in cui tutto l’armamentario del battutista è pienamente disvelato. E allora si ride non tanto delle battute, ma sulle battute. Non perché non siano ben riuscite, ma perché tutte assieme via via che il programma va avanti vengono a creare una specie di complessiva rappresentazione di tutti i modi in cui si può far ridere usando solo le parole. E allora ci si inebria e si ride dello stesso meccanismo umoristico.

 

Il gruppo, ai due lati del tavolone bianco guidato da Riccardo Rossi, è fatto da professionisti del settore. Ciascuno più incline a una specifica parte del repertorio, ma tutti tenuti al rispetto di una regola stringente: l’interpretazione è ridotta al minimo, la battuta quindi deve essere in grado di avere una forza propria. E si deve rinunciare anche all’abile sfruttamento dei tempi comici, altro ingrediente fondamentale del far ridere. O meglio, il loro uso è riservato solamente al conduttore (e agli ospiti, tra i quali lo strepitoso Imaan Hadchiti che si è impadronito della passerella dando una lezione di stand-up comedy). Per i battutisti ai lati del tavolo c’è solo la faccia a dare un po’ di caratterizzazione, l’abbigliamento è quasi standardizzato, e il tempo di parola è brevissimo, più o meno quello di un tweet recitato. E’ un’esaltazione del potere della parola, è Twitter senza i filmati allegati e senza le foto: bisogna far ridere con poche frasi e facendo riferimento a uno spunto comune, possibilmente di strettissima attualità. Forse qualcosa di simile succedeva nei social quando internet ancora arrancava e velocemente arrivava solo il testo scritto. Si può seguire da casa, come da regole moderne, entrando e uscendo quando si vuole, a ogni tema si ricomincia. Nel programma ideato da Giovanni Benincasa è Riccardo Rossi, con fare imparziale, da esaminatore che apre le buste con i quesiti dell’esame di stato, a dare gli spunti. E i battutisti si adeguano. Facendo vedere che l’umorismo prospera nelle ristrettezze, quando il tema è obbligato e il tempo brevissimo. Più vincoli ci sono e meglio è, perché la battuta è una fuga, è un escapism, e più siamo incatenati più è esaltante il momento liberatorio. Ma attorno al tavolo di Rossi assieme a tante battute e quindi a tante fughe con contorsione logica e semantica c’è anche, come si diceva, la saturazione di tutti i modi, di tutte le soluzioni, dell’umorismo. Accanto all’ebbrezza del motto di spirito c’è la puntura dell’angoscia. Perché, vedendone tutte le sfumature e tutti gli esiti possibili, il battutismo, anche per noi amateur del settore, non è più uno spazio infinito ma un recinto, con i suoi guardiani. Rossi, sornione, ridacchia e insieme cataloga tutte le battute che sente (“questa è amara”, “buona, di tipo comparativo”) ma ci fa capire che non potremo sempre contare sul battutismo per fuggire o per nasconderci. Forse è questa sottile angoscia che il pubblico televisivo deve ancora superare prima di abbandonarsi in maggior numero rispetto alle prime puntate al fascino di “Battute?”.

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