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Innovare da Draghi

Come si assicura allo stato più potere di coordinamento informatico. Un’idea urgente

Stefano Quintarelli

Dall’epidemia Covid-19 è emerso clamorosamente il problema del ritardo nella diffusione dei mezzi informatici in campi che si consideravano marginali, quali la formazione o il lavoro a distanza. Un campo particolare, in cui l’esigenza di informatizzazione è già oggi fortissima, riguarda la sanità

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Da tempo in Europa si discute, il progetto Gaia-X ne è l’ultimo esempio, di come si possa intervenire sul piano dei grandi servizi di rete, aggirando il monopolio di grandi attori come Google e Amazon. Uno dei campi su cui più rilevante è raggiungere una forma di indipendenza è quello dei big data in cui si intrecciano i problemi di riservatezza dei dati e le opportunità di sviluppare le tecniche più innovative come l’Intelligenza Artificiale.

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Da tempo in Europa si discute, il progetto Gaia-X ne è l’ultimo esempio, di come si possa intervenire sul piano dei grandi servizi di rete, aggirando il monopolio di grandi attori come Google e Amazon. Uno dei campi su cui più rilevante è raggiungere una forma di indipendenza è quello dei big data in cui si intrecciano i problemi di riservatezza dei dati e le opportunità di sviluppare le tecniche più innovative come l’Intelligenza Artificiale.

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Dall’epidemia Covid-19 è emerso clamorosamente il problema del ritardo nella diffusione dei mezzi informatici in campi che si consideravano marginali, quali la formazione o il lavoro a distanza. Un campo particolare, in cui l’esigenza di informatizzazione è già oggi fortissima, riguarda la sanità e la messa in atto di interventi per rafforzare la ricerca farmacologia ed epidemiologica.

  
Un ruolo di primo piano è infatti rivestito dalla raccolta tempestiva e accurata di dati di carattere sanitario e la loro disponibilità per la ricerca ma anche per l’assunzione di decisioni politiche e sanitarie.

  
Anche nella raccolta e gestione dei dati, come in ogni attività umana, vanno ricercati degli equilibri in modo da contemperare l’utilità diretta di una loro raccolta e centralizzazione con la salvaguardia di aspetti forse meno tangibili ma non meno importanti. Il regolamento privacy, meglio noto come Gdpr, pone limiti circa la possibilità di raccolta di dati e loro concentrazione, per tutelare nel tempo le persone da possibili effetti pregiudizievoli derivanti dall’uso dei dati raccolti (quando non trafugati), ma non siamo costretti a rinunciare ai benefici. Per molti usi di ricerca, infatti, vi sono tecniche crittografiche che consentono di effettuare elaborazioni dei dati nel pieno rispetto della Privacy, come ad esempio la cosiddetta “ricoloratura”. Anche Spid, il sistema pubblico di identità digitale, può essere un valido strumento per gestire i consensi al trattamento dei dati personali e la loro comunicazioni a soggetti diversi. Sono meccanismi che vanno adottati e diffusi; farlo richiede risorse, competenze e tempi lunghi, ma d’altronde, se il momento migliore per piantare un albero era vent’anni fa, il secondo momento migliore è oggi.
L’ispirazione federalista della nostra Costituzione, all’Art. 117.r riserva allo stato solamente il coordinamento informatico dei dati delle amministrazioni regionali, quali la sanità, non la loro centralizzazione. Alcuni effetti dei limiti derivanti dall’interpretazione materiale dell’Art. 117.r si sono tragicamente visti nell’attuale gestione pandemica. 

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Nella precedente legislatura, quando da tecnico giunsi in Parlamento, proposi un emendamento alla riforma costituzionale per assicurare un maggiore potere di coordinamento informatico allo stato. L’emendamento si preannunciava spacciato: gli animi in assemblea erano molto caldi e l’emendamento vi arrivò con parere contrario di maggioranza, minoranza e del governo. Si scatenò invece un vivace dibattito parlamentare che portò la discussione nel merito del problema e i vari gruppi a cambiare posizione e a dare via via il loro assenso finché persino il governo cambiò parere. Un emendamento che si preannunciava osteggiato da tutti, finì per essere approvato all’unanimità, una sorte quasi unica per un emendamento costituzionale. Come sappiamo, la riforma costituzionale fu bocciata nel successivo referendum popolare e quel testo non vide mai la luce. 

   
Alcuni dei limiti che oggi sperimentiamo nella mancanza di interoperabilità tra amministrazioni centrali e locali, e quindi di inefficienze tra i livelli nazionale e locale, non solo nella sanità, derivano da questo.

    
Il prossimo governo, che si preannuncia forte di un’ampia maggioranza parlamentare, potrebbe riproporre una riforma costituzionale per assegnare alla potestà dello stato il coordinamento informatico dell’amministrazione statale, regionale e locale. Sarebbe probabilmente una delle leve maggiori per misure cogenti di rispetto di quanto previsto dal Codice dell’amministrazione digitale e dal Piano triennale per l’informatica nella Pubblica amministrazione predisposto dall’Agenzia per l’Italia digitale.
  

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