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Facebook traccia i sintomi, Apple&Google i contagi. E Immuni serve ancora?

Eugenio Cau

Il dibattito italiano attorno alla app. Forse sarebbe meglio cominciare a parlarsi e a integrare di più le proprie risorse tecnologiche

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Milano. Mark Zuckerberg, fondatore e ceo di Facebook, ha annunciato con un editoriale pubblicato sul Washington Post che il suo social network estenderà in tutto il mondo un sistema di sondaggio dei sintomi da coronavirus sviluppato negli Stati Uniti in collaborazione con la Carnegie Mellon University. I dati che Facebook ha storicamente a disposizione sui gusti e le preferenze dei suoi utenti non sono tanto utili in tempo di pandemia. Ma Facebook ha un potere speciale che quasi nessun altro ha: l’accesso a miliardi di persone in tutto il mondo. Così il social network si è messo in società con Carnegie Mellon e ha sviluppato un questionario che qualche giorno fa ha cominciato a proporre ai suoi utenti in America: hai la tosse? la febbre? qualcuno nel tuo nucleo famigliare presenta dei sintomi?

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Milano. Mark Zuckerberg, fondatore e ceo di Facebook, ha annunciato con un editoriale pubblicato sul Washington Post che il suo social network estenderà in tutto il mondo un sistema di sondaggio dei sintomi da coronavirus sviluppato negli Stati Uniti in collaborazione con la Carnegie Mellon University. I dati che Facebook ha storicamente a disposizione sui gusti e le preferenze dei suoi utenti non sono tanto utili in tempo di pandemia. Ma Facebook ha un potere speciale che quasi nessun altro ha: l’accesso a miliardi di persone in tutto il mondo. Così il social network si è messo in società con Carnegie Mellon e ha sviluppato un questionario che qualche giorno fa ha cominciato a proporre ai suoi utenti in America: hai la tosse? la febbre? qualcuno nel tuo nucleo famigliare presenta dei sintomi?

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Gli utenti rispondono a queste domande, e alle risposte sui sintomi Facebook unisce i dati sulla posizione di ciascuno. Dovrebbe essere tutto anonimo, e Facebook sostiene che il pacchettone con le informazioni viene mandato direttamente a Carnegie Mellon senza nemmeno passare sotto le mani di Zuckerberg, ma per ora possiamo solo prendere per buona la parola del fondatore. Gli studiosi di Carnegie, poi, cominciano a lavorare i dati e a posizionarli su una mappa. C’è da fare tutto un lavoro di statistica per adattare questi dati alla struttura della popolazione ed evitare le dichiarazioni false, ma alla fine quello che ne esce è una mappa di chi comincia a sviluppare sintomi da coronavirus. Con questa mappa, sostengono gli studiosi della Carnegie, sarà possibile creare “previsioni che aiuteranno gli ospedali, i pronto soccorso e altri enti sanitari ad anticipare il numero delle ospedalizzazioni da Covid-19 e degli ingressi in terapia intensiva che potrebbero avvenire nelle loro località con diverse settimane di anticipo” (corsivo aggiunto). Il meccanismo è relativamente semplice: se molte persone nella zona di Memphis riportano su Facebook che hanno la febbre e la tosse, è probabile che di lì a qualche settimana alcune di quelle persone svilupperanno sintomi seri da coronavirus e che dunque ci sarà un nuovo focolaio. Zuckerberg scrive che gli americani che hanno risposto al sondaggio su Facebook sono stati un milione a settimana. Ovviamente questo sondaggio deve essere ripetuto più e più volte per tenere conto dell’avanzamento dei sintomi, trasformandosi in un diario clinico.

 

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Ora, qui c’è una coincidenza interessante. La app Immuni, quella scelta dal governo italiano per tracciare il coronavirus, a quanto risulta al Foglio ha due funzioni (occhio, di qui al lancio le funzioni potrebbero cambiare): un sistema di tracciamento dei contatti e un diario clinico. L’utilità di sviluppare un sistema nazionale di tracciamento dei contatti era già stata minata qualche giorno fa da Apple e Google, i due giganti che gestiscono la quasi totalità dei sistemi operativi sugli smartphone, che assieme hanno annunciato un sistema di tracciamento tramite bluetooth che si aggancerà alle app dei singoli stati. Se c’è un sistema di tracciamento che può funzionare è il loro perché nessuno può sperare di ottenere il livello di penetrazione di Apple e Google.

E adesso arriva Facebook e si mette a fare il diario clinico. E’ un diario molto diverso, perché Immuni serve esclusivamente all’utente al fine di tenere traccia di come sta, e non invia dati sui sintomi a un cervellone centrale che cerca di prevedere lo scoppio di nuovi focolai. Ma il sistema è simile: anche Immuni prevede un questionario a cui l’utente deve rispondere con regolarità.

 

E quindi se al tracciamento dei contatti ci pensano Google e Apple (le app come Immuni serviranno soltanto a certificare positività al tampone e a notificare gli utenti) e a controllare i nostri sintomi ci pensa Facebook, forse il gran dibattito nato in Italia in questi giorni attorno alla app si sta dimenticando del convitato più importante. Per ora, nel racconto dei protagonisti italiani, l’intervento di Google e Apple (e adesso di Facebook) è sempre stato considerato come un retropensiero. Forse sarebbe meglio cominciare a parlarsi e a integrare di più le proprie risorse tecnologiche.

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