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Colpe tecnocratiche

Sam Altman, uno dei guru della Silicon Valley, si butta in politica con una piattaforma anti Silicon Valley

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Roma. Sam Altman è uno degli animali più strani in quello zoo esotico che è la Silicon Valley. Chi lo ha conosciuto dice che ha un qualcosa di genialoide e robotico allo stesso tempo, c’è chi giura di riconoscere in lui tratti autistici e chi vede un ragazzo prodigio con pochi eguali. A 32 anni, Altman guida Y Combinator, il più importante incubatore di startup del mondo, con un portfolio di aziende incubate da oltre 80 miliardi di dollari, ed è, per ruolo e carisma, una delle menti più significative dell’élite tecnocratica americana. Nonostante un’amicizia fraterna con Peter Thiel, collega miliardario fondatore di Paypal e di Palantir, tra le altre cose, nell’ultimo anno Altman ha un tarlo che lo consuma: Donald Trump. Mentre Thiel è stato il più grande e l’unico sostenitore di Trump tra l’aristocrazia tech fin da tempi non sospetti (questa definizione merita però il tempo verbale al passato: secondo un articolo apparso lunedì su BuzzFeed, Thiel starebbe cambiando idea sull’operato di Trump e ha confessato privatamente che “c’è un cinquanta per cento di probabilità che questa cosa finisca in un disastro”), Altman ha subìto uno choc alla vittoria del biondo candidato repubblicano, e come molti suoi colleghi nella Silicon Valley ha avuto una peculiare resipiscenza politica.

 

Mark Zuckerberg di Facebook è partito per un viaggio in America, assume i consiglieri politici di Hillary Clinton e fa temere che stia preparando una improbabile discesa in campo. Tim Cook di Apple ha moltiplicato, almeno per un periodo, i contenuti sociali nella consueta predicazione di Cupertino. Sam Altman di Y Combinator preferisce dedicarsi alle sfide fattibili, e si è lanciato nella politica locale.

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Insieme con alcuni collaboratori Altman ha fondato The United Slate, un progetto di attivismo politico che punta a trovare, finanziare e sostenere con i mezzi della migliore tecnologia cinque-sei candidati per le elezioni dell’anno prossimo in California. Altman sostiene che piccoli gruppi di persone con ideali saldi e comuni possono cambiare il mondo, e punta a coprire con i suoi uomini le posizioni di governatore e vicegovernatore, più qualche deputato al Congresso. Altman promette di mettere a disposizione dei possibili candidati la sua eccezionale potenza di fuoco tecnologica per correre la migliore campagna elettorale online che si sia mai vista e far sembrare la leggendaria campagna di Obama uno scherzetto da ragazzi, a patto di rispettare un programma politico in dieci punti ideato da lui stesso. Il programma, che tende fortemente a sinistra, riguarda tasse, infrastrutture, trasporti e urbanistica, e ha un obiettivo implicito e forse inconscio: de-siliconvalleizzare la Silicon Valley. Lo ha notato per primo William Turton in un articolo su The Outline, in cui intervista Altman e presenta il suo progetto politico: molti dei punti del programma politico di Altman per la California riguardano rimettere a posto le presunte storture sociali provocate dall’esplosione della Silicon Valley nello stato – e appaiono in qualche caso contrarie allo spirito dell’universo tecnologico di cui Altman stesso è considerato un portabandiera. Alcuni punti del programma sono prevedibili: aumentare gli investimenti in ricerca scientifica di alto livello, limitare le emissioni dannose per l’ambiente, riformare la legge elettorale. Altri sembrano rinnegare il modo in cui la Silicon Valley si è sviluppata finora: il boom economico ha provocato, per esempio, anche un boom del valore degli immobili. Dal 2012 a oggi il costo delle case è quasi raddoppiato, ma questo è visto come una conseguenza dell’enorme ricchezza prodotta. Altman invece vuole riportare il valore delle case ai vecchi livelli, senza fare caso alle leggi economiche. Anche il progetto di estendere a tutti i cittadini i benefici del sistema sanitario pubblico attraverso il programma Medicare sembra in contrasto con i princìpi della Silicon Valley, che ha sempre favorito l’iniziativa privata rispetto al sostegno statale. In un punto dell’intervista a The Outline, Altman arriva ad affermazioni che sembrano anti progesso, quando dice che bloccherebbe il progetto di treno ultratecnologico e superveloce che collega San Francisco a Los Angeles per migliorare i trasporti locali – come una Raggi qualunque. Il giovane Sam Altman, dopo aver dato un enorme contributo allo sviluppo della Silicon Valley e della California, ora guarda a questo stesso sviluppo con orrore. E’ il senso di colpa del tecnocrate.

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