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Il Foglio sportivo

La boxe come scuola di vita. Perché oggi ribellarsi è stare dentro le regole

Fausto Narducci

Il manifesto dei colpitori è l’impaginazione di una rivoluzione, la posa su carta di uno shock culturale, il concentrato di una filosofia

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"Difendiamo e colpiamo”. Comincia così ciascuno dei dieci capitoli che compongono Il “Manifesto dei Colpitori”, termine che si ispira allo strumento usato dai maestri di pugilato. A portarlo in giro nelle palestre italiane, sui quadrati di periferia, nelle riunioni di piazza e in ogni posto dove c’è un ring, da alcuni mesi, non è il solito pugile, non è un maestro, un organizzatore o uno di noi vecchi nostalgici di questa benedetta Noble Art che ci sembra perduta. A presentarlo nelle librerie, nelle scuole e nelle università, a divulgarlo, a stressare capi e redattori di giornali perché ne pubblichino almeno un estratto è un vulcano in movimento che risponde al nome di Federica Guglielmini. Pugile, scrittrice ed educatrice ma soprattutto giovane e donna che sembrano quasi contraddizioni in termini con l’arcaico mondo della Noble Art. Ma il Manifesto dei colpitori – che arriva sull’onda lunga del libro “A corta distanza” scritto con Virginia Perini – è l’impaginazione di una rivoluzione, la posa su carta di uno shock culturale, il concentrato di una filosofia a cui hanno aderito persone che ci credono: scritto a quattro mani col grande artista Dome Bulfaro, ha fra i firmatari l’ex pugile e docente Renato De Donato, lo scrittore e autore tv Riccardo Mauri, il medico Mario Ireneo Sturla, l’illustratore Mauro Cicarè e il mediatore culturale Michele Carrieri.

In effetti non c’è giorno in cui i giornali e le televisioni non ci restituiscano termini pugilistici usati inconsapevolmente: colpo, atterramento, ko, groggy, sparring partner, vittoria ai punti. Ma vogliamo fermarci all’aspetto esteriore del fenomeno? No, ci voleva Federica che, mettendo insieme le sue esperienze personali e professionali è andata all’essenza. Uno shock culturale quello dei Colpitori che arriva a 114 anni dal “Manifesto di Tommaso Marinetti”, raccolta in forma declamatoria del pensiero dei Futuristi. “Marinetti elogiava la velocità sociale – spiega Guglielmini – Noi vogliamo dare una pennellata alla macchina del tempo. Vogliamo risvegliare la coscienza collettiva attraverso l’icona del pugile. Siamo rivoluzionari e ribelli che investono nella cultura dopo aver ricevuto e risposto con i colpi della metafora pugilistica. Oltrepassati gli anni Duemila la società è stata colpita da un’evidente fragilità sociale. I recenti fatti di cronaca ci dimostrano che ragazzine e ragazzini vivono una forte ansia perché la società giovanile è entrata in una specie di età fluida. Ecco, il manifesto dei colpitori offre una risposta a tutto questo”. Non per niente fra i firmatari del manifesto c’è Dome Bulfaro che come nickname in stile pugilistico ha scelto “Keating” che è l’indimenticato professore dell’“Attimo Fuggente” interpretato da Robin Williams. E un altro firmatario è il dottor Mario Ireneo Sturla, che ha imparato a “curare le ferite che non si vedono”.

Un manifesto che vuole stimolare il coraggio e la coscienza sociale. “Nella società italiana non c’è più coraggio, noi puntiamo a una ri-evoluzione per risvegliare il linguaggio del corpo, riaccendere quella fiammella che è rimasta accesa e riappare quando nel linguaggio usiamo la metafora pugilistica. Ma oggi manca anche il tessuto cognitivo culturale. Esistono gli psicologi di comunità che sfidano il degrado sociale. Chi si prende cura di noi nella società? Rispondiamo a questa domanda con il Manifesto: prima che si verifichi il caos usiamo la boxe. Per prevenire e rispondere creiamo quella “Corta distanza” che è anche il titolo del mio libro”. Insomma, solo la boxe può rompere il caos. “Come dice anche lo psicologo Paolo Crepet servono delle regole e dei valori educativi per difendersi dai problemi. I colpitori, che facciano o no pugilato concretamente, possono trasmettere questi valori. I valori dell’eroismo e della ribellione non sono rappresentati dal nudo integrale dei Maneskin ma oggi paradossalmente si ottengono stando dentro le regole. Dobbiamo essere noi stessi a creare la società anziché subirla. Per questo noi Colpitori stiamo costruendo una progettualità senza la nostalgia che è il limite di chi vede il pugilato ancorato al passato. Con la nostalgia il pugilato muore di fame”.

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“Ribellarsi è stare dentro le regole” è dunque il messaggio più profondo contenuto nei dieci capitoli dei “Manifesto” reperibile in rete. Non perdete l’occasione di leggerlo e… rileggerlo. 

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