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L'intervista

L'azzardo finito bene di Antonelli ha positivamente stravolto la stagione del Venezia

Francesco Gottardi

“Siamo stati il fanalino di coda del campionato, abbiamo intrapreso una rivoluzione tecnica nel mercato invernale, ancora a marzo eravamo in bilico”. Ora gli arancioneroverdi sono addirittura a un passo dai playoff. Parla il direttore sportivo dei lagunari

Dice di intravedere “uno tsunami di passione”, Filippo Antonelli. E in effetti il lessico ondulatorio ben si combina alle recenti vicissitudini del club arancioneroverde: neopromosso in Serie A, subito retrocesso, ultimo a pari merito in B e oggi con un nuovo sogno playoff nel cassetto. In meno di due anni. Roba da romanzo d’avventura. “Abbiamo chiuso un capitolo”, dice al Foglio il direttore sportivo sbarcato in laguna a dicembre, nel pieno della tempesta. “Ma la missione non è finita: ora pensiamo solo al Perugia. Poi alla partita dopo. E via così, per costruire una mentalità vincente”.

Domani allo stadio Penzo, dopo mesi in apnea, il Venezia potrà giocare con la leggerezza in corpo: l’aritmetica salvezza è realtà. Con due giornate d’anticipo. “Non era affatto scontato”, sottolinea Antonelli. “Siamo stati il fanalino di coda del campionato, abbiamo intrapreso una rivoluzione tecnica nel mercato invernale, ancora a marzo eravamo in bilico”. Poi nelle ultime sette gare sono arrivati cinque successi e un pareggio. I gol a pioggia (8 su 18 totali) di Joel Pohjanpalo, attaccante fuori categoria, fresco di premio dell’Aic come calciatore del mese. E una ritrovata compattezza. “Merito dell’allenatore e delle sue idee di calcio, finalmente assimilate”. Perché Antonelli non è la sola new entry in casa arancioneroverde. Paolo Vanoli, ex collaboratore di Antonio Conte al Chelsea e all’Inter, aveva accettato la panchina nel momento più duro. Poi il club ha venduto nove giocatori comprandone dieci, smantellando quel che restava del gruppo storico. E a febbraio ha cambiato pure dietro le quinte, separandosi da chief brand officer e media director.

“Quando sono arrivato”, racconta il ds, “ho trovato un ambiente demotivato, immobilizzato dalla paura. Era necessario rischiare qualcosa, puntando sulle motivazioni dei nuovi arrivati. Prima di passare alle firme il club ha lavorato da squadra. E insieme a mister Vanoli e agli altri membri dell’area sportiva abbiamo guardati i giocatori negli occhi: giovani vogliosi di mettersi alla prova e qualche innesto d’esperienza disponibile a essere leader. Tutti convinti dal progetto, più che dall’ingaggio”.

Scommessa vinta, a posteriori. Ma vale la pena di ricordare che pur di soccorrere un Venezia ferito, Antonelli decise di lasciare l’incarico di un club di Serie A. Al culmine di una scalata dalla D lunga sette anni. Com’è possibile? “A Monza stavo benissimo”, spiega il ds. “Ribadirò sempre che lavorare con Galliani e Berlusconi equivale a un master di calcio all’università. Mi hanno dato tanto, permesso di crescere. Posso solo ringraziarli. Ma mi piace costruire da zero, creare un gruppo duraturo nel tempo: qui mi ha colpito che il presidente Niederauer conoscesse così bene la mia storia. Condivido i valori del club, la sua voglia di ricostruzione”. E a volte gli addii funzionano per due: mentre gli arancioneroverdi risalivano le gerarchie della cadetteria, altrettanto hanno fatto i biancorossi una categoria più su. “Continuiamo a seguirci a distanza. Dopo il 5-0 sul Modena”, la vittoria più ampia del Venezia dai tempi del dilettantismo, “ho ricevuto una telefonata speciale: era il dottor Galliani. Voleva farmi i complimenti”.

Benedizione definitiva. E adesso? “Adesso viene il bello. La nostra cavalcata è sotto gli occhi di tutti. Ma dietro alla prima squadra c’è un settore giovanile solido, le ragazze in finale di Coppa Italia. E una forte spinta infrastrutturale: è stato rimesso a lucido uno stadio romantico come il Penzo, il nuovo centro sportivo”, mentre scriviamo i lavori procedono spediti, “sarà un asset eccezionale per il nordest. La prospettiva attorno al Venezia è positiva. Ancora più grande rispetto alla storia societaria”. Antonelli alza l’asticella. “Il nostro brand continua a crescere a livello internazionale e ci stiamo radicando sul territorio: questo connubio può creare competitività ai massimi livelli. E consegnare a questi colori un’inedita visibilità sportiva”.

Lo percepiscono anche i tifosi, tornati alla carica dopo una parentesi buia. “La sorpresa più piacevole”, ammette Antonelli, “ma ci ho sempre creduto. C’è tanta fame, voglia di rivalsa e grande calcio: una coesione totale fra tutte le componenti. Dalla comunità alle istituzioni”. Mancano due partite e il Venezia è nono, a un passo dall’ultimo posto utile per i playoff: se non dovesse arrivare il finale da film, nessun rimpianto. “Il presidente ha ricordato ai ragazzi le analogie con il 2021: fu allora, dopo una convincente salvezza, che si gettarono le fondamenta per la promozione”. Il ds fa una pausa. Ci pensa su. “Forse la crescita del club era stata anche troppo veloce. Ma per essere da Serie A bisogna lavorare da Serie A. Sempre, a prescindere dalla categoria”. Meglio un moto perpetuo verso l’alto. E lasciare le onde al mare, più che al pallone.

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