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"Un'altra occasione sprecata"?

Perché bisogna andarci piano nel considerare Jannik Sinner un perdente

Giorgia Mecca

Al tennista altoatesino non viene più concessa una chance, di vincere o di perdere. E in molti lo criticano dimenticandosi che i tornei li vince uno solo

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Chi si ricorda il nome del secondo uomo che è andato sulla Luna?, si chiedeva retoricamente una pubblicità di inizio Duemila. La risposta richiesta era un’alzata di spalle: chi lo sa? E comunque non interessa, chi non arriva primo non esiste. Le medaglie d’argento sono cianfrusaglie da togliersi di dosso il prima possibile. Soltanto l’oro luccica. I secondi, figuriamoci i terzi o i quarti, fanno parte dell’infinita schiera di chi non ce l’ha fatta. Bravi sì, mai abbastanza. Ogni settimana il tennis decide chi è il migliore e chi no, un campione e almeno 53 sconfitti. Non contano i match point salvati, le ore passate in campo, la velocità che da un anno all’altro sei riuscito a imprimere sulla pallina, non importa tutto il lavoro che hai fatto, dalla testa ai piedi, per poter essere la miglior versione di te stesso. A volte può bastare, altre volte no. Non hai vinto? Nemmeno l’albo d’oro si ricorderà di te.

 

Da domenica mattina c’è un gran traffico attorno al carro di Jannik Sinner, ventuno anni e numero otto del mondo: sono in molti a voler scendere dopo averlo visto perdere in semifinale contro Holger Rune al termine di tre set e due ore e 46 minuti di gioco. “Un’altra occasione sprecata”, hanno scritto gli esperti ricordando la finale persa a Miami contro Daniil Medvedev, numero tre del mondo non per caso. Jannik Sinner quest’anno ha giocato trenta partite e ne ha vinte ventiquattro, tra queste la semifinale contro Carlos Alcaraz sul cemento di Miami, match considerato tra i più belli non dell’anno ma della storia di questo sport. Alcaraz in quel momento era il numero uno del mondo, Sinner lo ha sconfitto per la terza volta su sei scontri diretti rispondendo sul campo a chi lo considera sempre a un gradino di distanza rispetto ai più grandi. A partire da febbraio 2023, Sinner ha raggiunto almeno la semifinale in tutti i tornei che ha giocato, vincendo il suo primo titolo stagionale a Montpellier. “Sì ma non ha ancora vinto un Master 1000”, gli rimproverano i fuoriusciti dal carro, come se non fosse lui stesso il primo a sapere che a Monte Carlo è andato a soffio dal conquistare il primo big title della sua carriera. Poco cinico, poco efficace con la prima di servizio, troppo poco esplosivo. Forse è tutto vero, ma le analisi dei detrattori si dimenticano sempre di un particolare: l’avversario. Nel tennis è lui la persona più importante. Dove sta scritto che chi arriva in semifinale o in finale debba per forza vincere? E’ questione di statistica, le probabilità di successo e quelle di fallimento sono le medesime. Non vinci? Sei un perdente. Secondo questa logica Roger Federer, che contro i suoi diretti avversari Djokovic e Nadal ha un bilancio molto negativo, sarebbe uno dei più grandi perdenti del tennis.

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Lo ha detto bene Andrej Rublev, campione di questa edizione del torneo di Monte Carlo. Anche lui, dopo aver perso due finali importanti (e comunque in finale bisogna arrivarci), si era convinto di essere un buon giocatore incapace di vincere. Dopo aver alzato il suo primo grande trofeo ha detto: “Sapevo che avrei potuto perdere, ma sapevo anche che dovevo darmi una chance”. Ecco ciò che a Jannik Sinner non viene più concesso, una chance, di vincere o di perdere. Come se a ventuno anni fosse obbligato a vincere per non precipitare, o ancora peggio, come se fosse già stato stabilito che il numero otto del mondo è forte ma non fortissimo, guarda la luna ma non riesce ad arrivarci. E anche se fosse? Il secondo uomo ad andare sulla Luna si chiama Buzz Aldrin, questo bisognerebbe rispondere all’inventore della pubblicità di inizio Duemila e a tutti quelli che hanno la Luna davanti tutte le notti ma non sanno nemmeno da che parte guardarla.

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