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Ben Morel ci spiega cosa c'è dietro il successo del Sei Nazioni (che andrà su Netflix)

Alessandro Ferri

Tra tradizione e innovazione. Il ceo del torneo di rugby tra Inghilterra, Galles, Irlanda, Scozia Francia e Italia, racconta la crescita di questo sport 

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Ben Morel è Mister Sei Nazioni da cinque anni. È il ceo, il grande capo, l’uomo che ha preso ogni decisione, anche negli anni della pandemia, quando era necessario segnare una direzione. Ora, dopo questa edizione, l’ex direttore degli affari dell’Nba in Europa lascerà il suo incarico nel mondo del rugby per andare in Francia, dove sarà il nuovo responsabile commerciale della Ligue 1 e Ligue 2, i due principali campionati di calcio. Eppure, nonostante mille difficoltà e un progetto di crescita appena iniziato, Morel porterà con sé un ricordo positivo dei suoi cinque anni nel mondo ovale.

 

“Sono davvero contento – racconta nella sala interviste del County Hall di Londra, durante la presentazione ufficiale del Sei Nazioni 2023 -, penso che il torneo sia andato avanti grazie alla nostra abilità di non fermarci davanti alle difficoltà, soprattutto durante la pandemia. In quel momento, nel momento in cui tante competizioni venivano cancellate, l’annullamento era un’opzione sul tavolo, ma abbiamo deciso di andare in senso opposto, posticipando le ultime giornate a novembre e facendo disputare le partite a porte chiuse. Col senno di poi, abbiamo fatto la cosa giusta. Abbiamo ovviamente fatto ascolti record, ma non vogliamo farli più, nel 2021 morivamo dalla voglia di rivedere la gente allo stadio”.

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Morel lascia l’incarico più alto del board del Sei Nazioni nel momento in cui Netflix ha annunciato che produrrà un documentario sull’edizione 2023: “Credo – continua – che siano giorni storici per il rugby: dobbiamo e possiamo aprirci a nuovi mercati, per far vedere al mondo che una volta all’anno, quando la tristezza dell’inverno inizia a far posto alla primavera, milioni di persone si riuniscono per celebrare questo meraviglioso sport. L’opportunità che ci ha dato Netflix è enorme perché possiamo fare in modo di attrarre spettatori da tutto il mondo, facendogli vedere quanto è difficile prepararsi per vincere questo torneo”.

   

Effettivamente il marchio Sei Nazioni sta crescendo globalmente. Merito del percorso di sviluppo del rugby, che negli ultimi anni, forse strizzando anche troppo l’occhio alle tv, ha modificato il regolamento per permettere più spettacolo, meno fasi statiche. Certo, lo spuntare di grandi campioni come Antoine Dupont, Michele Lamaro, Marcus Smith, Ange Capuozzo ha fatto riaccendere i riflettori sul buon vecchio gioco all’europea, dopo quasi vent’anni di dominio incontrastato dei paesi dell’Emisfero Sud.

   

“Non solo il torneo sta aumentando il suo livello di competitività – spiega il ceo -, ma riusciamo ad avvicinare fan anche grazie al valore delle città in cui giochiamo: sedi come Roma, Londra, Parigi, Dublino, Cardiff, Edimburgo, sono uniche al mondo e ci permettono di unire un piano turistico a quello prettamente sportivo. A tutti piace vederetifosi di paesi diversi che si uniscono per tifare e vivere un weekend diverso”.

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Dal 19 marzo, dunque, Ben Morel non sarà più a capo del Sei Nazioni, ma è sicuro che il suo successore farà altrettanto bene: “Andrà certamente tutto bene. Il consiglio che mi sento di dare è di rimanere fedeli ai valori di questo sport e di continuare a spingere verso un processo di evoluzione. L’obiettivo non è competere con gli altri sport, ma è farlo con tutte le altre forme di intrattenimento, non dobbiamo mai dimenticarlo”.

 

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Ipse dixit Mister Sei Nazioni, prossimo ex Mister Sei Nazioni, se così si può definire l’uomo che ha portato questo torneo al tavolo dei grandi.

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