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Rugby, come nascono i Siluri (che affronteranno Cambridge)

Marco Pastonesi

Per Cambridge la prima partita con un pallone ovale in mano risale a 150 anni fa. Per la supersquadra che unisce il Cus Genova, la Pro Recco Rugby, irrobustita da alcuni azzurri delle Accademie, con le lezioni pratiche di Marco Bollesan in testa invece il debutto è oggi

C’è sempre una prima volta. Rugby, s’intende. Per Cambridge la prima volta risale a 150 anni fa: era sabato 10 febbraio 1872 quando affrontò Oxford, il derby universitario per eccellenza (Varsity Match, con tanto di maiuscole), 20 contro 20 (a quel tempo si giocava così), maglie rosa (quelle di Cambridge sarebbero diventate biancocelesti quattro anni più tardi) contro maglie blu scuro (quelle di Oxford sono rimaste così, anche se sfumate con il bianco), a Oxford’s University Parks, e Cambridge uscì sconfitto 3-0. Quegli studenti si conoscevano bene: 16 di Oxford e otto di Cambrighe avevano studiato nel Rugby College, il liceo dove tutto nacque; e dopo la laurea, 13 di loro sarebbero diventati avvocati, sette sarebbero stati ordinati sacerdoti, cinque avrebbero insegnato e quattro intrapreso la carriera militare. Per i Siluri, squadra ligure a inviti (come i mitici Barbarians), finora attiva solo nei tornei di rugby a 7, la prima volta a 15 non c’è ancora stata: succederà venerdì 18 novembre, alle 19.30, allo stadio Carlini-Bollesan di Genova, e per celebrare il debutto (o la resurrezione) ecco proprio Cambridge. La nonna (laureata) che tiene a battesimo la neonata (beatamente ignorante, e ignorante – almeno nel rugby – è un gran bel complimento).

   

Ma perché Siluri-Cambridge? Anche qui c’è una prima volta che spiega questo legame ovale angloitaliano. Era il 1999 quando Marco Rivaro, genovese, 26 anni, trequarti centro del Cus Genova, nazionale giovanile (con una vittoria nell’Under 19 italiana contro la corrispondente inglese), decise di cambiare aria, si trasferì a Londra, ma non dimenticò il rugby, prese la lista dei club, si attaccò al telefono, chiamò i Saracens e quelli abbassarono la cornetta senza neanche dire grazie o prego, invece gli Harlequins risposero e Cambridge accettò, lui scelse la seconda squadra di Cambridge, gli Exiles, e ricominciò a giocare. Quando qualche titolare partecipò alla Coppa del mondo, Rivaro guadagnò il posto in prima squadra, poi ottenne anche qualche titolo negli spogliatoi e sui giornali, quindi conquistò un posto anche nella squadra azzurra, infine entrò in campo al Sei Nazioni contro la Scozia, placcò il suo avversario con un’eco che fece venire i brividi a tutto l’Olimpico, tant’è che nella successiva partita contro il Galles partì da titolare. Tornato in Inghilterra e passato all’Hugues Hall College, per farla breve, Rivaro fu convocato per rappresentare Cambridge. Due Varsity Match e due sconfitte, ma un titolo – il “Player of the Match” – che vale molto più di una laurea. Oltre che il primato di primo e unico italiano nella storia del rugby a giocare una partita così sentita: a Twickenham, la reggia o la cattedrale dell’Inghilterra regina madre del gioco, ottantamila spettatori, e un cerimoniale ricco di rituali e tradizioni.

   

Così, quando Genova si è aggiudicata il terzo dei tre test-match autunnali, quello contro il Sudafrica (si gioca sabato alle 14, a Marassi e in tv), si è pensato di organizzare anche una supersquadra che unisse il Cus Genova con la Pro Recco Rugby, che fosse irrobustita da alcuni azzurri delle Accademie, e che ricordasse le lezioni pratiche di Marco Bollesan, guerriero genovese (e del Cus Genova) e azzurro (anche da capitano, poi pure da allenatore e da manager). Ecco allora i Siluri, appunto, maglia bianca e rossa, intesi più come torpedini che come pesci, alla ricerca di un’identità, alla conferma di un’appartenenza. “Legacy”, traduce Rivaro, che l’inglese lo ha imparato bene. E nella circostanza, i Siluri saranno anche all’inseguimento di una missione benefica. Perché il ricavato della partita (contributo volontario a partire da 10 euro sopra ai 18 anni, 5 euro dai 13 ai 18 e gratis fino ai 12) sarà donato a favore di Giorgio Germano, diciassettenne rugbista ligure della Pro Recco, che ha dovuto subire l’amputazione di una gamba e sta affrontando con la sua famiglia un complesso e costoso percorso. Giorgio è nato con una grave malattia congenita alla gamba destra e dopo l’ennesimo intervento a marzo 2022 (ne ha subiti in tutto una ventina) ha dovuto affrontare una grave infezione e ha scelto di essere amputato. Ora cammina finalmente senza stampelle con una protesi temporanea, continua la fisioterapia e ha cominciato ad allenarsi con una squadra di calcio amputati. La famiglia Germano ha costituito l’associazione Iron Giò per raccogliere fondi per l’acquisto delle protesi di cui Giorgio avrà bisogno per cercare di fare una vita il più normale possibile.

   

In palio, dunque, molto più della inedita Coppa San Giorgio, nella speranza che a questa prima segua una seconda, una terza e infine un’usanza, una consuetudine, un gemellaggio. Il rugby, si sa, tiene moltissimo ai suoi valori di umanità. Sotto le maglie, biancorosse o blu scure o di qualsiasi altro colore, ci sono sempre cuori che battono. In caso di sconfitta, possibile, i Siluri promettono la pronta rivincita nel terzo tempo, irrinunciabile. Sarà comunque dura ma, a occhio, potrebbero anche farcela, irresistibili.

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