Roger Federer e Rafael Nadal (Ansa)

Il Foglio sportivo

Il tennis oltre Federer e Nadal

Moris Gasparri

Il ritiro dagli agoni del tennista svizzero e la conseguente fine della più grande rivalità sportiva degli ultimi vent’anni rappresentano un grande fatto del nostro tempo globale, che ha a che fare con la filosofia e con la storia

Il ritiro dagli agoni di Roger Federer, e la conseguente cessazione della più grande rivalità sportiva degli ultimi vent’anni, quella con Rafael Nadal, rappresentano un grande fatto del nostro tempo globale, e proprio questa posizione storica richiede il tentativo di una comprensione intellettuale profonda di questo doppio evento. Ci sono due grandi temi legati alla scomparsa di questa rivalità, proviamo ad analizzarli. 

Il primo riguarda il rapporto tra il tennis e la filosofia della storia. Abbiamo già scritto numerose volte sulla fallacia dell’idea per la quale lo sport sarebbe un prodotto del mondo moderno, in nulla collegato ai riti dell'agonismo antico. È vero il contrario, ma il tennis è uno sport che in apparenza complica questa visione, nel suo esibire una pretesa molto differente, quella di essere LA modernità, nel suo senso geometrico e cartesiano di misurazione e razionalità calcolante, incarnata in primo luogo dalla forma del campo da gioco. Qual è uno dei pilastri materiali e spirituali dello Stato moderno, dunque della razionalizzazione moderna? Il catasto. 

 

E cosa c’è nello sport di più “catastale”, più “particellare” del campo da tennis, nella sua compressione mondrianesca di linee geometriche, replicabile ovunque proprio per la sua artificialità standardizzabile, a differenza dei campi di gara antichi che variavano di luogo in luogo, o come accade nei tempi moderni per gli stadi da calcio, con il regolamento che ammette una soglia di variabilità nelle misure del terreno di gioco da impianto a impianto, Camp Nou docet. 

 

Ma il rapporto tra il tennis e la matematizzazione del mondo, ovvero il fondamento della grande rivoluzione delle scienze naturali moderne, si esprime anche per altre vie, attraverso le sequenze numeriche per arrivare alla vittoria, attraverso la possibilità di vivisezione fisica e statistica dei colpi, per arrivare al calcolo dell’esattezza affidato alla precisione tecnologica all’occhio di falco. Non è un caso che una grande mente matematica situata in un corpo di abile tennista come quella dello scrittore americano David Foster Wallace ci abbia lasciato in eredità pagine straordinarie sul tennis riguardanti anche e soprattutto questi aspetti.

 

E qui veniamo alla lotta tra Federer e Nadal. Nel cuore dello spirito moderno e della razionalità misurante e calcolante, la loro rivalità ha fatto esplodere in maniera dirompente i segni del retaggio più antico della civiltà europea, quello omerico. Nessuno sport conserva oggi la spietatezza del senso greco dell’agonismo sportivo più del tennis e delle sue due grandi figure: uccidere ed essere uccisi, usarsi reciprocamente violenza, cercare la sopraffazione dell’altro e il suo annientamento, in una modalità però incruenta, in cui addirittura, al fondo del duello stesso, trovare la possibilità dell’amicizia, dell’abbraccio, dell’unità tra i contendenti, come mostrato dall’immagine della partita d’addio dello scorso 24 settembre, già divenuta iconica. E, ancora, la cartesianità calcolante di cui abbiamo parlato che nel duello tra i due eroi del tennis deve venire a patti con le disposizioni d’animo meno razionali di tutte, la smania di vincere, l’ossessione per ottenere la supremazia spesso sconfinante nel delirio, l’accecamento della sconfitta, l’invidia per gli altrui possedimenti come motore del contrasto, tutte caratteristiche degli eroi omerici. 

 

Il mistero storico di questa disciplina è che, a differenza delle Olimpiadi e del progetto decoubertiniano, non c’è mai stata un’intenzione rinascimentale e neoclassica di recupero dell’antico. Questa irruzione accade come sviluppo imponderabile (e per questo motivo affascinante), di cui è interessante riconoscere le manifestazioni. Pensiamo anche alla disposizione temporale ciclica dei quattro tornei del Grand Slam, riproposizione del periodos, il ciclo dei quattro grandi agoni sacri della grecità antica. Nelle epigrafi poste sulle statue antiche gli atleti plurivittoriosi venivano celebrati proprio attraverso il conteggio dei successi ottenuti nei quattro agoni sacri, gli unici capaci di assicurare vera gloria ai vincitori. Non accade forse lo stesso con il conteggio dei titoli dello Slam, i 20 di Federer e i 22 di Nadal? È assai probabile che nel suo corso futuro l’umanità, perlomeno quella europea, conserverà tracce delle loro gesta come noi facciamo con Milone di Crotone, e che il loro nome possa essere "chiamato" ed evocato anche tra secoli e millenni, secondo la norma antica della gloria. 
Veniamo al secondo tema, che riguarda lo sfondo storico in cui si è collocata e sviluppata la rivalità tra Federer e Nadal. Un grande duello a misura di globalizzazione, molto più di qualsiasi rivalità tennistica precedente, anche per ragioni di opportunità tecnologiche, con un’intensità e una penetrazione planetaria paragonabile solo alla disfida tra Messi e Cristiano Ronaldo.

 

Emblematica la partita giocata nel febbraio 2020 a Città del Capo in terra africana di fronte a 52 mila spettatori estasiati, senza dimenticare il ruolo di primo evangelizzatore del tennis in Cina ricoperto da Federer, il suo legame fortissimo con la città di Shanghai, e la sua presenza iconica, assieme a quella di Kobe Bryant, ai Giochi Olimpici di Pechino del 2008. I grandi campioni dello sport come figure dell’unità globale del mondo, l’umanità riunita attorno agli stessi spettacoli, alle stesse icone da venerare, allo stesso linguaggio, quello dell’agonismo. Un mondo in abbraccio proprio come nello spirito fraterno dell’amicizia prima evocato, una globalizzazione capace di unire vecchie e nuove potenze attraverso lo spettacolo dello sport meno compromesso col nazionalismo che esista, il tennis, sentimento rafforzato dallo spirito neutralista della patria federeriana, la Svizzera. In un mondo attraversato da sempre più fratture, che odora allo stesso tempo di 1914 e di Guerra Fredda, che ne sarà dello sport come linguaggio universale? Forse che l’abbraccio tra Federer e Nadal diventerà la madeleine della Belle Époque di pace globale del mondo di...ieri? 

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