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Il Foglio sportivo

L’asta del Fantacalcio, un rito a metà tra economia e tifo  

Enrico Veronese

È collocata in un orizzonte imprecisato tra gli sgoccioli della prima giornata e la fine del mercato, a volte pure più in là. Rivela psicologie, alleanze, sottintesi che sono stati anche analizzati a livello accademico. Viaggio tra i tic dei fanta allenatori

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L’asta del fantacalcio è il giorno più bello dell’anno. Più dell’inizio delle ferie, più di un’elezione scontata se stai dalla parte che vince: vabbè i risultati, le pagelle del lunedì, gli sfottò a chi perde lo scontro diretto, ma nel fantacalcio almeno per l’80 per cento vale l’asta di inizio stagione, i fogli excel spiegazzati, le quotazioni, l’attesa. Collocata in un orizzonte imprecisato tra gli sgoccioli della prima giornata e la fine del mercato (a trovarla una data, per mettere d’accordo dieci o dodici fissati), l’asta rivela psicologie, alleanze, sottintesi analizzati a livello accademico: la Nottingham Trent University ha pubblicato una tesi secondo cui il meccanismo del fantasy game può mettere a rischio la salute mentale di chi vi si dedica, influendo sull’umore, le abitudini e perfino i rapporti sociali di chi ne fa una delle proprie ragioni di vita.

 

Dalle parti di Padova una lega occulta resiste dalla notte dei tempi. Raccoglie cento fanatici e addetti ai lavori, si sviluppa attorno a sette serie gerarchiche e anni fa vi giocava pure “Rambo” Policano: quando già non è più estate ma ancora non può dirsi autunno, una dozzina di auto confluisce nello sperduto quanto comodo pub, o nella taverna di periferia dove abita uno dei partecipanti, che imbandisce la tavola coi segnaposti e le ciabatte elettriche per garantire la funzionalità di computer e tablet atti a seguire la diretta. Il più delle volte una rustica grigliata e libagioni abbondanti aumentano il team building conviviale tra coloro i quali, poco dopo, si scanneranno per fruire dei servigi virtuali di Osimhen o Theo Hernandez. Dàgli al chip leader, quello che non sta spendendo per tenersi tutto fino all’attacco; fallo spendere di rialzi, il vanitoso che pensa di schierare una difesa di otto titolari al minimo del prezzo. Chi azzecca le conferme in legacy dall’anno prima, il conoscitore degli under che scruta la cantera per indovinare la scommessa futuristica, e chi invece pensa allo status quo del momento, alla fotografia del campionato com’è e non come sarà.

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I primi minuti scorrono spensierati, il battitore esterno trova metodo nel rimbalzare l’uno, due, tre con una scansione dei secondi ignota a Sotheby o Christie’s. Ai portieri il clima è ancora sereno, finché il furbo non rilancia proditoriamente la riserva in capo al malcapitato, che reagisce con rabbia, dovendola acquistare a una somma anche quadrupla rispetto al previsto. Qualcosa cambia nell’aria, sudando iniziano i primi calcoli, nessun Pnrr colma i rimorsi di un incauto acquisto: un occhio ai propri foglietti nascosti e uno alla griglia degli organici in tempo reale, l’informazione è perfetta e completa secondo la teoria dei giochi competitivi e non cooperativi. La gestione a mezzi di una stessa franchigia appare castrante, e al primo dissidio scatta la sospensione conciliare per il chiarimento, verifica di governo anni Ottanta. Vibrazioni che chi si esercita da remoto non percepisce: già costa fatica collegarsi, mantenere la connessione, rispondere alle chiamate con un secondo di delay, senza nemmeno il premio di essere lì in quel momento. 

 

L’asta è economia, allocazione delle risorse, ottimo paretiano nella convinzione individuale di quanto si è disposti a pagare per quel nome, strategie da cambiare in corsa e casualità nell’occasione last minute, equilibri di Nash e dilemmi di prigionieri in numero pari. Il comportamento razionale, preventivo, teorizzato, può confliggere con l’intuizione fuori nota o con l’immancabile braccino, che si manifesta all’affiorare di quota 100: allora si rinuncia, temendo di non riuscire a completare degnamente l’attacco con altri elementi validi e, soprattutto, potenziali titolari. Il tutto viene accelerato nell’inebriante modalità Mantra, ovvero i giocatori nei loro ruoli effettivi e nella pluralità degli schemi attuali: quanto di più vicino alla realtà, una sorta di Football Manager applicato alla Serie A, col parossismo immortalato nel meraviglioso reel delle Eterobasiche, che mettono alla berlina tutti i tic del fantallenatore.

 

Lupi e conigli, vivi e morti, sazi e affamati si salutano alle due di notte, l’aria umida e frizzante, dopo gli ultimi saldi stracciati: il ko dell’indomani non è manco una variabile, d’uopo sarebbe prendere ferie. E magari cominciare a pensare alle chicche da prenotare per gli imminenti Mondiali del Qatar: perché va bene scamparla facendo 66 e decimali, ma serve avere la certezza che, tra un mese o tra un anno, sarà di nuovo asta.

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