AP Photo/Luca Bruno via LaPresse

La Formula 1 ha paura delle regole che si è data

Umberto Zapelloni

L’Articolo 55 del codice sportivo, quello che regola l’utilizzo della Safety Car, sta diventando un problema. E il timore è che a Singapore si possa ripetere il triste finale di Monza

La Formula 1 ha paura delle sue stesse regole. Ha paura di raccogliere altri fischi come quelli incassati a Monza quando la bandiera a scacchi del Gran premio d’Italia è stata sventolata a una carovana in coda dietro alla Safety Car. In un momento di massima popolarità, con gli autodromi esauriti fino all’ultima gara della stagione, le televisioni che collezionano record di audience, i social che moltiplicano i followers, la Formula 1 rischia di scivolare su una buccia di banana che lei stessa ha buttato in pista col l’Articolo 55 del codice sportivo, quello che regola l’utilizzo della Safety Car.

 

A Monza tutto è stato fatto seguendo le regole, non come ad Abu Dhabi quando la gara fu fatta ripartire senza che tutti i doppiati si fossero tolti di mezzo, ribaltando così non solo il risultato di una gara, ma quello di un intero campionato. “C’è solo un caso nella storia dello sport in cui le regole non sono state seguite come hanno fatto a Monza ed è la volta in cui hanno riscritto a tavolino il risultato di una gara e di un intero campionato”, ha sottolineato con amarezza Lewis Hamilton. Regole osservate quindi, ma non basta per evitare fischi e critiche. La Formula 1 non ha fatto una bella figura a Monza e in mondovisione, un po’ come qualche ora dopo è capitato al Var nel nostro campionato di calcio. Tempi duri per arbitri e giudici. Affidarsi solo e soltanto alla tecnologia può essere pericoloso. Bisogna sempre cercare di usare il buonsenso.

  

Le regole della Formula 1 lasciavano una scappatoia al direttore di corsa: l’uso della bandiera rossa in caso di pericolo in pista. Interrompere la gara e farla ripartire, esattamente come un anno fa a Baku, quando si stoppò tutto per togliere dei detriti dalla pista e la gara fu fatta ripartire con soli tre giri da percorrere. Questa volta in pista non c’erano solo dei detriti, ma una gru che doveva togliere di mezzo la McLaren di Ricciardo ferma con il cambio bloccato a Lesmo. L’articolo 57.1 è chiaro: “Se i concorrenti o gli ufficiali di gara vengono messi in pericolo fisico immediato dalle auto in marcia in pista, e il Direttore di Gara ritiene che le circostanze siano tali che la pista non può essere liberata in sicurezza, anche dietro la safety car, la sessione sprint o la gara saranno sospese”. Una volta capito che a Monza sarebbe entrata in pista una gru (il sacrificio del povero Jules Bianchi deve essere una lezione continua) e che la gara non si sarebbe mai potuta riprendere dopo l’uso della Safety car, il direttore di corsa avrebbe dovuto sventolare la bandiera rossa e far ripartire tutti da fermi. Verstappen avrebbe vinto lo stesso, ma la gente non avrebbe fischiato.

  

Adesso la Formula 1 ha paura che quando domenica si correrà a Singapore si possa ripetere qualcosa di simile. Il circuito cittadino della città stato con le sue 23 curve strette, lente e circondate dai muretti, è di quelli ad alto rischio di utilizzo di Virtual o reali Safety Car o di bandiere rosse. Correndo tra i muretti è facile che entri in gioco quella che ironicamente viene chiamata la “Variabile Latifi”, anche se ultimamente il pilota della Williams, quasi diventato un ex, protagonista dello schianto che ha deciso il Mondiale 2021, non ne ha più combinate così tante. Finire un’altra gara in colonna dietro a una Safety Car sarebbe un altro colpo di immagine in coda a in campionato che già rischia di essere aritmeticamente chiuso proprio dalla gara notturna della Città Stato asiatica. A Singapore è andato in onda uno dei più grandi scandali della Formula 1 moderna quando nel 2008 la Renault di Flavio Briatore mandò a sbattere Nelsinho Piquet per far entrare la Safety car e favorire Alonso che poi vinse la gara costata il titolo a Massa e alla Ferrari. Fu chiamato Singapore Gate e Briatore fu pure radiato dalla F1 e poi riabilitato, tanto che oggi è uno degli ambasciatori del campionato. Singapore è insomma pista che evoca anche questi ricordi e quindi prima di arrivarci sarebbe necessario mettere in chiaro alcune cose con il direttore di corsa (ne sono stati scelti addirittura due al posto di Masi, cacciato dopo il finale dello scorso anno). In fin dei conti basterebbe usare il buon senso. Quello che a Monza è stato ignorato per seguire le regole.

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