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promessa futura

Come nessuno avrebbe immaginato. Il British Open di Cameron Smith

Corrado Beldì

Nella casa del golf vince l'australiano grazie a un secondo giro mozzafiato, ferri perfetti e oggi cinque birdie di fila nelle seconde nove buche. Filippo Celli è la scommessa dell'Italia, ma serve ancora pazienza

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Un drammatico ultimo giro, non poteva che essere così in questo Open Championship giocato a St Andrews, la casa del golf, esattamente dove tutto è cominciato da più di sei secoli. Migliaia di persone assiepate sulle tribune e dietro le staccionate e sui dossi di questo percorso pieno di insidie, ciascuno a tifare per il proprio favorito ma quasi tutti col cuore che batte per Rory McIlroy, eroe locale, troppo tempo senza un major e un tifo incredibile che tenta di spingerlo alla vittoria. Il grido “go Rory” in queste ore non si è mai fermato, a bordo campo e anche per strada e nei pub di St Andrews e di tutto il Regno Unito e persino sulla spiaggia di fianco al vecchio porto, disegnato sulla sabbia ieri sera in attesa del grande giorno. 

   

Invece il trionfo non c’è stato, almeno per Rory che alla fine si è classificato terzo e tuttavia è stata una magnifica giornata di golf, score bassi di molti giocatori e alcune prodezze come l’eagle di Young alla 18 per la 65 che l’ha portato a -19, quattro giri sotto il par e un punteggio pazzesco, che non gli è bastato per agguantare il primo posto. Contro tutti i pronostici a -20 si è arrampicato Cameron Smith, giovane australiano di Brisbane, un secondo giro mozzafiato, ferri perfetti e oggi cinque birdie di fila nelle seconde nove buche cui si aggiunge un 3 alla diciotto, perfetta conclusione di un’impresa che ha lasciato tutti gli altri a bocca asciutta. D’altra parte, l’Australia qui aveva già trovato altri eroi, la doppia affermazione di Greg Norman e soprattutto i cinque successi di Peter Thomson negli anni Sessanta. Nel pomeriggio Cameron Smith ha ricordato proprio lui, un giocatore solido e a tratti spettacolare, quando molti pensavano sarebbe crollato ha tirato fuori colpi che nessuno avrebbe immaginato. Se continuerà a giocare come ha fatto qui, Cameron Smith avrà di certo davanti a sé una carriera brillante.

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Un futuro che auguriamo al giovane Filippo Celli. C’è un’immagine che riassume molto di questo torneo, l’incrocio tra lui e Rory McIlroy sabato mattina al driving range, proprio sotto ai nostri occhi. Filippo lo saluta e Rory si prende la briga di fargli i complimenti per il 67 del venerdì. Una reazione da campione dopo una partenza in 74, poi un fine settimana in crescendo, soprattutto nella tempra, alcuni bogey spesso rimediati con birdie alla buca successiva e la 18 sempre in tre in ciascuno dei quattro giri, sempre giocando a sinistra, per errore ma forse domenica per strategia. Un fantastico eagle alla 14 per conquistare Silver Medal, secondo italiano dopo Matteo Manassero a vincere il premio come migliore dilettante del torneo davanti ad Aaron Jarvis e allora tutti a parlare di questa nuova promessa del golf italiano. 

 

Filippo, accompagnato dalla famiglia, raffredda saggiamente le attese. Ancora due anni in università in Texas, c’è una laurea in comunicazione da prendere, perché può esserci un futuro anche oltre il golf. Studio e libri del pomeriggio e allenamenti dalle sei alle due al Colonial Country Club, tra un mese lo US Amateur nel New Jersey, ancora con la splendida divisa azzurra della nazionale italiana e poi l’anno prossimo, da spettatore, a Roma per la Ryder Cup nella sua città. Speriamo col nostro Francesco Molinari in squadra, a St Andrews ha giocato in crescendo e ha chiuso al decimo posto con un ottimo 67 finale, risultato di buon auspicio in vista di una stagione che speriamo possa riportarlo ai vertici di questo sport.

 

Quattro giorni intensi con alcune immagini indimenticabili, la cittadinanza onoraria di St Andrews conferita a Jack Nicklaus, eterno campione, non più in campo ma sempre e comunque mito di ogni golfista, la Claret Jug splendente sul tee della uno giovedì mattina per il tee shot di questa 150ª edizione affidato al campione scozzese Paul Lawrie, l’ovazione per Tiger Woods venerdì sera alla 18, probabilmente la sua ultima volta alla Home of Golf e infine la folla che spinge Rory, davvero oltre ogni limite. Un quarto giro ragguardevole, perfetto nel gioco lungo ma troppe buche sfiorate per un pelo, anche l’ultima per l’eagle alla 72 dalla Valley of Sin. Sarebbe stato un colpo memorabile e lo avrebbe portato al play-off con Smith, un miracolo svanito sotto gli occhi di migliaia di tifosi che hanno trattenuto l’urlo di gioia in gola. In effetti era ormai troppo tardi perché il titolo di Champion Golfer of the Year aveva già preso la direzione dell’Australia.

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