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il foglio sportivo

Virtus-Olimpia, la finale più bella che c’è

Umberto Zapelloni

Bologna e Milano si giocano lo scudetto del basket. Una battaglia più che una partita

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Più che una serie finale sta diventando una battaglia. Senza limiti. Virtus e Olimpia, Bologna e Milano, Segafredo e Armani stanno mandando in campo il miglior spettacolo che il nostro basket può offrire oggi. Ma nello stesso tempo anche il peggiore con dichiarazioni al limite della querela. Una serie dura, fisica, a tratti decisamente cattiva. Ma anche terribilmente bella, perché a parte gara 1 si sono viste giocate di altissimo livello con partite che non sono mai andate a senso unico, ma sono quasi sempre rimaste in bilico fino alla fine. Stasera al Forum, Milano che conduce 3-2, ha forse l’ultima chance prima di tornare nell’inferno di Bologna. Il veleno prima sparso qua e là è arrivato in dosi massicce dopo gara 5, non poteva mancare vista la personalità dei protagonisti in campo, anche se da un top manager pur tifosissimo non ti aspetti certi attacchi.

 

L’Armani conduce 3-2, ma in questa serie nulla è scontato. Ogni volta un protagonista diverso 

  

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Sergio Scariolo e Ettore Messina sono due veri giganti del nostro basket che usano qualsiasi mezzo per indirizzare la partita a loro favore. Hanno vinto 43 titoli in due. Hanno vinto dovunque: quattro Euroleghe Messina (2 con la Virtus, 2 con il Cska), un Mondiale Scariolo (2019 da c.t. della Spagna), 13 scudetti (10 per Messina, 4 in Italia e 6 in Russia, e 3 per Scariolo, uno in Italia e 2 in Spagna) e titoli Nba, quello di Scariolo da vice ai Raptors. Messina, da assistente a San Antonio dove è stato il primo non americano ad andare in panchina da capo allenatore. Hanno il peso della storia sulle loro spalle, ma anche una voglia incredibile di prendersi il presente e poi magari andare a stringere la mano all’avversario battuto. L’anno scorso a stringere la mano a Messina battuto 4-0 non c’era Scariolo ma Sasha Djordjevic, ma in finale non ci fu proprio partita con Milano arrivata sgonfia come un palloncino dopo l’euro illusione.

 

Quest’anno invece le due squadre sono cariche come non mai e ad ogni round parte un cazzotto diverso. Shields che ha deciso gara uno è sparito in gara cinque. Shengelia che aveva la febbre l’altra sera a Bologna ha castigato Milano. Melli ha giocato da Nba in gara tre e quattro. Belinelli si è ricordato di essere un campione Nba nei minuti decisivi di gara cinque. Ma ci sarebbero frammenti da raccontare ad ogni partita. Gli assist del Chacho, quelli di Teodosic due che sanno accendere la luce anche senza interruttori. I muscoli di Hines e la dinamicità di Jaiteh. Ti dimentichi di Grant e lui improvvisamente dipinge una tela mai vista. Ti scordi di Cordinier e lui ti piazza tre giocate che spostano l’equilibrio. E sotto gli occhi di Pozzecco, oggi assistente di Messina, ma futuro c.t. azzurro non mancano le pietre preziose dei nostri azzurrabili Melli, Datome, Ricci, Hackett, Belinelli, Pajola. È mancato solo Mannion che deve ancora andare a lezione per lasciare il segno in partite da uomini veri. Sono momenti in cui si vede che è abituato a giocare per qualcosa di importante. Gente che resta nascosta per tre quarti e poi quando la partita sta prendendo una brutta piega ti piazza il colpo vincente. Bologna e Milano hanno riempito i palazzi. L’altra sera finalmente sono spariti anche quei vuoti in tribuna dietro le panchine della Segafredo Arena, posti che erano stati venduti a prezzi folli. Il tifo si è fatto sentire. Più organizzato e cattivo quello bolognese. Più colorato quello milanese. L’unica cosa che è mancata fin qui è una buona audience televisiva. Il basket tra Rai e Discovery non riesce a sfondare. È un peccato perché lo spettacolo offerto in queste Finals meriterebbe grande attenzione.

  

Quello che si sta vedendo in questa sfida non fa rimpiangere lo show Nba con Curry  

 

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Proviamo a spararla grossa: ci si diverte più qui che a guardare le Finals Nba dove la dinastia di Golden State è tornata a colpire nella quinta finale diversa in cinque anni. Vero che non c’è uno Steve Curry votato mvp delle finali, ma se sentite qualche vecchio santone del nostro basket, vi dirà che quello non è un giocatore di basket, ma semplicemente un giocoliere, uno capace di infilare dieci su dieci da metà campo. Ma qui si aprirebbe l’eterna querelle tra chi ama il basket a mille all'ora della Nba dove tutto è tiro e chi invece qualcosa di più simile alla tradizione come il basket della vecchia Europa dove oltre al tiro da tre spesso c’è di più.

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