Foto Reyer Venezia

Il metodo Bramos è la speranza della Venezia del basket

Francesco Gottardi

Ai playoff la Reyer spera di essere la sorpresa, l'inatteso nella sfida tra Milano e Bologna. Parla il capitano dei lagunari: “Ogni volta ci danno per finiti, poi invece…”

Ci sono canestri che valgono molto più di un gol, alla faccia dei luoghi comuni. A Venezia, negli ultimi anni, buona parte di questi li ha segnati Michael Bramos. Uno è diventato perfino una t-shirt. “Non l’avrei mai immaginato”, sorride il capitano della Reyer. “Quando sono arrivato qui nel 2015 non avevo grandi aspettative: ero reduce da un brutto infortunio, speravo di recuperare, giocare, poi magari in estate andare da un’altra parte”. E invece. “Le cose hanno preso una strada diversa”. The shot, tripla su tela. Con tanto di data, 18.06.2017 – e ora esatta, 20:02, perché quell’attimo della serie scudetto contro Trento ha cambiato per sempre la storia del club orogranata. Un salto dimensionale per la città intera. “Quello che ci ha portato a vincere altri tre trofei”, sempre con coach De Raffaele al timone e il greco-americano a prendere la mira. Oggi Bramos è rientrato da un nuovo lungo stop e rilancia: “L’Olimpia Milano e la Virtus Bologna si sono rafforzate in modo impressionante. Ma noi ci siamo. Anche in passato, nessuno ci dava per campioni. Finché è successo”.

 
È stata una stagione particolare per la Reyer. La più dura: al termine del girone d’andata la squadra ha mancato l’accesso alle Final eight di Coppa Italia. Stentava nel gioco e nei risultati. Ogni anno i detrattori aspettano al varco la fine del ciclo d’oro, e questa volta sembrava sul serio così. Poi però Bramos e altri giocatori chiave hanno recuperato dai rispettivi guai fisici. Il mercato invernale ha portato in dote qualche innesto determinante, a partire dal playmaker Jordan Theodore. E Venezia è risalita, nove vittorie nelle ultime undici. “Nel basket quello che conta è la postseason”, dice il numero 6. “Ora mi sento in forma, tutti attorno a me sono cresciuti e le difficoltà fortificano. Superarle ci ha fatto guadagnare grande consapevolezza dei nostri mezzi. Non vedo l’ora dei playoff”.

 
Al via domenica: la Reyer contro Tortona, neopromossa rivelazione, da quinta del tabellone. Bramos sente il momento. “Ne ho viste di tutti i colori, ho vinto tanto. Ma se devo dire il giorno più importante che mi viene in mente, scelgo quello del mio ritorno in campo”, 4 dicembre 2021, sconfitta esterna a Brescia. “Perché ormai ho 35 anni: non sapevo cosa sarebbe successo, come avrebbe reagito il mio corpo. Dopo l’operazione al piede i dottori non mi avevano assicurato che sarei tornato al cento per cento. Eppure in quei pochi minuti sul parquet ho realizzato di esserci ancora. Di rimanere competitivo insieme alla Reyer”. Dopo tutto questo tempo, come si fa a mantenere alta l’asticella? “Questione di alchimia”, spiega il capitano. “Per noi le soft skills valgono almeno quanto le statistiche. La forza mentale quanto la tecnica. Questo club è composto da grandi professionisti all’interno di un’ottima struttura organizzativa. E crede nelle persone che abbracciano il progetto”.

 
Bramos non è l’unico veterano. Stone è sbarcato a Venezia nel 2014, Tonut nel 2015. Watt, Cerella e De Nicolao subito dopo il primo scudetto della nuova èra. Uno zoccolo che per durata non ha eguali nel grande basket. “Tutto inizia con Walter De Raffaele e il suo messaggio: mai smettere di rinnovare le proprie ambizioni. Noi giocatori che siamo qui da tanto abbiamo saputo accettare questa sfida e trasmetterla agli altri. Ognuno è il compagno che si vorrebbe avere a fianco nel momento del bisogno”. Ma lui un po’ di più. È Iron Mike, che esce dai blocchi e ciuf, colpisce. Sempre decisivo, sempre quando serve. Eppure il segreto è semplice: “Non pensare troppo, non avere paura di sbagliare”. In pochi ricordano che prima del famoso canestro della maglietta, Bramos stava tirando con 1/5 da oltre l’arco. “Mica si può incidere sempre. Non ho mai sentito il peso della responsabilità: nel peggiore dei casi si perde una partita. Cerco solo di divertirmi, di apprezzare i momenti di pressione”, e allora il clutch player diventa una sinfonia, la macchina perfetta che stende Sassari per il tricolore successivo, nel 2019. “Mi alleno tutto l’anno per sentirmi a mio agio in quei frangenti. È lì che si scopre la misura del proprio lavoro. Dove c’è preparazione, l’ansia viene meno”.

 

Alcuni cestisti sono estro puro. Bramos è metodo. Dietro la manona di ghiaccio c’è “un uomo tranquillo, magari anche timido. Dallo stile di vita molto costante e lineare: casa, lavoro, figli. Più avanza la carriera, più ci si rende conto di quanto sia importante godersi ogni giorno. Anche per questo in spogliatoio cerco di essere l’elemento calmante, tra i saliscendi emotivi del nostro sport”. Nonchalance a 360 gradi. In laguna l’hanno ribattezzato San Michael, patrimonio della comunità: “Grazie, ma non ho fatto niente di che. Qui percepisco un affetto speciale, eppure posso pur sempre passeggiare per strada senza problemi. Quando giocavo in Grecia invece”, un paio d’anni fino al 2014, nazionale e Panathinaikos, “era difficile uscire di casa senza finire assalito dai tifosi”. Meglio Venezia, quindi. “A me piace la quiete. Anche se l’italiano è tosto, figurarsi il dialetto”.

 

Gap linguistico perdonato, Bramos ormai è uno del posto. Vive in terraferma, “ma ogni volta in centro storico è diversa dalla precedente: calli inesplorate, rii silenti. Nemmeno in una metropoli è facile trovare atmosfere sempre nuove. Da subito mi sono trovato a mio agio con la famiglia e dopo tanto viaggiare abbiamo deciso di fermarci: ormai pure i miei due bambini giocano nella Reyer”. Tiratori come il papà? “Per noi professionisti è lavoro, lavoro, lavoro. Ma vedere la gioia dei piccoli palla in mano ci ricorda quanto sia speciale il basket. Se affronteremo i playoff con lo stesso spirito, sarà un successo a prescindere”. Tempo fa, Michael disse che avrebbe portato a Venezia ancora uno scudetto. Glielo richiediamo. Lui sorride, sornione. “Vedremo, vedremo…”. È pur sempre questione di un tiro.

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