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Il Foglio sportivo - That win the best

Adesso non parlate di modello inglese o spagnolo, please

Jack O'Malley

Dietro a Manchester City, Liverpool, Real e Villarreal ci sono soprattutto quattro allenatori eccezionali

Di Atletico Madrid-Manchester City serberò nel cuore soprattutto due momenti, entrambi non della partita. Il primo è la meravigliosa e sanguigna rissa finale nel tunnel che dal campo porta agli spogliatoi, con minacce, sputi, insulti e intervento della polizia. Gli spagnoli erano comprensibilmente isterici dopo essere stati eliminati da una squadra che ha giocato come loro, ergendo un muro davanti all’area, e poi a Grealish i capelli li tirerei anche io, confesso. 

 

Ci è naturalmente toccato leggere commenti indispettiti sul cattivo esempio dato dalle squadre in campo e fuori, e che palle. Una semifinale di Champions League val bene un po’ di nervosismo e qualche calcione. L’altro momento memorabile è stato prima del fischio di inizio, quando i giocatori di Guardiola si sono inginocchiati in onore di Black Lives Matter (poi tutti alla fermata della metro di Brooklyn?). I giocatori dell’Atletico sono rimasti in piedi, e lo stadio ha sonoramente fischiato quella che è ormai una stucchevole pagliacciata. Il calcio esiste per insegnare i buoni sentimenti e rendere gli arabi presentabili, lo so, e se non fosse per la bellezza estetica e tecnica della Premier League forse mi sarei già dato a un altro sport. Invece sono qui a brindare per due squadre inglesi su quattro in semifinale di Champions League, e in fondo a ridermela per i pigri elogi fatti al modello inglese e al modello spagnolo (dimenticato il modello tedesco, scomparso tra le pernacchie il modello Barça, eliminato persino ai quarti di Europa League, già in declino il modello Atalanta, io continuo a preferire il modello bionda media).

 

Come gli analisti politici liberal che corrono ogni volta a esaltare il modello-paese-a-caso-in-cui-ha-vinto-la-sinistra, come se in quella vittoria ci fosse una ricetta replicabile, così i giornalisti sportivi italiani invocano modelli a cui invariabilmente ispirarsi per salvare il calcio italiano. La cosa naturalmente dura il tempo di un rutto post pinta, subito dopo c’è il momento delle giustificazioni: se Villarreal e Liverpool sono in semifinale, vi raccontate, allora Juve, Inter e Milan non erano così male. Ma certo, come no. Non c’è nessun modello spagnolo dietro a Real Madrid e Villarreal, ci sono da una parte una storia, un’attitudine, una rosa fenomenali e un allenatore che sa vincere quella coppa, e dall’altra un genio della panchina. 

 

Non c’è nessun modello inglese dietro a City e Liverpool, ci sono due squadre di fenomeni e due allenatori tra i migliori di sempre. E poi certo, c’è un campionato più allenante di quel torneo parrocchiale che è la Serie A. In attesa di vedere la mia profezia sulla vincente della Champions, registro che c’è almeno un’inglese in semifinale di ogni coppa europea, e se allarghiamo al Regno Unito in Europa League sono due. 

Due come le palle così che mi sono venute a leggere l’ultima polemica del ciclismo femminile inglese: è successo che in un raro momento di lucidità, la British Cycling ha impedito a una ciclista trans di correre in Leicestershire. L’atleta ha corso come maschio fino a febbraio, registrando pure un record nazionale, dopodiché si è sentito donna e ha chiesto di correre con le donne. Gli organizzatori hanno detto no, va bene la tolleranza ma non prendiamoci per il culo. Il problema è che lo sponsor principale della corsa ha tolto i soldi in segno di solidarietà verso i trans. Ci hanno pensato due associazioni femministe a trovare le sterline mancanti e permettere la corsa. Non vedo l’ora che queste cose succedano anche nel calcio femminile. Lì sì che ci divertiremo. 
   

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