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il foglio sportivo - iL RITRATTO DI BONANZA

Il calcio e l’essenziale ormai dimenticato

Alessandro Bonan

In tempi magri come questo, dove anche una passeggiata in centro è diventata un lusso, bisognerebbe inseguire modelli di vita più semplici, e invece l’inclinazione umana conduce esattamente dalla parte opposta, quella del sovraccarico. Da Lukaku a Simeone e Conte

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In tempi magri come questo, dove anche una passeggiata in centro è diventata un lusso, bisognerebbe inseguire modelli di vita più semplici, essenziali, e invece l’inclinazione umana conduce esattamente dalla parte opposta, quella del sovraccarico. E il calcio non fa eccezione essendo spaccato della stessa vita. I calciatori importanti non si accontentano e vogliono sempre di più. 
L’ultima riguarda Lukaku, che se n’è andato via furtivo come un fuorilegge, senza dare troppe spiegazioni, con la indubbia complicità dell’Inter che per i noti motivi non poteva fare altrimenti, e ora vuole tornare perché quello che ha cercato, una maggiore ricchezza e una città diversa, non lo accontenta più. Precedentemente Vlahovic aveva puntato i piedi costringendo la Fiorentina a lasciarlo andare.

La lista sarebbe lunga e forse anche poco interessante, a parte un risvolto inatteso: mentre l’Inter ha proseguito a vincere (più o meno) senza il gigante belga, la Fiorentina ha fatto la stessa cosa senza il suo potente centravanti serbo. Dai centravanti, agli allenatori, il passo è breve. Antonio Conte è tornato a lamentarsi ululando, come un muezzin senza fedeli, dello scarno materiale a disposizione del Tottenham. Non è certo la prima volta che lo fa, era già successo all’Inter e prima ancora alla Juventus. In entrambi i casi e con modalità diverse, Conte se n’era andato via, quando sbattendo la porta, quando chiudendola educatamente dopo la riscossione di una lauta liquidazione. 

 

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Ognuno è come è, diceva quel tizio molto sintetico, però il desiderio di avere tutto quando si ha già parecchio merita una piccola digressione quasi filosofica. Partendo da Occam per finire a Mengoni (non ho bevuto, so quel che dico-più o meno), ci poniamo una domanda: ma siamo così sicuri che avere di più contribuisca a vivere meglio? Traducendo nel calcio: serve il tanto per vincere di più? Per lo studioso francescano Guglielmo da Occam la sottrazione era un valore, cantata, non sappiamo fino a che punto consapevolmente, perfino da Mengoni, che definisce un amore, un semplice amore, “l’essenziale”. Questo principio, in una botta populista piena di invidia da parte di chi vi scrive, impone una ulteriore sfilza di quesiti. A quale dei seguenti valori deve riferirsi la voce ingaggio di certi allenatori? Al tanto, al poco, al giusto, o all’esagerato?
 

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Viene quasi da sorridere nervosamente, di fronte ai circa 22 milioni netti l’anno percepiti da Simeone, l’allenatore dell’Atletico Madrid. Che cosa giustifica una cifra del genere? Simeone vince tutto? Non sembra. E come dovremmo definire i 17 milioni netti a stagione del contratto di Conte al Tottenham? Non dovrebbero bastare quelli per accontentarsi di avere in squadra “l’essenziale”?.

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