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La panca di Donnarumma. Soldi, fama e pedigree non contano, decide l'allenatore

Giorgio Burreddu

Sono ancora loro, i tecnici, gli uomini adagiati sull’olimpo delle loro panchine, a filare il destino dei campioni. E Gigio non è il primo e non sarà l'ultimo

E il settimo giorno il dio del pallone creò l’allenatore. L’unico a sua immagine e somiglianza, in grado, dunque, di scegliere tra la gloria e l’oblio, tra una maglia da titolare e un’anonima panchina. Ne è prova Mauricio Pochettino. Da settimane il tecnico del Psg determina il destino di Gianluigi Donnarumma. Gigio abbozza, in televisione indossa il suo sorriso migliore, niente sembra in grado di scuoterlo. L’Equipe lo ha descritto sereno, felice, integro. Anche se al suo posto in campo ci è sempre andato Keylor Navas. Per molti ormai ci siamo, il momento è arrivato: sabato 11 settembre, dopo quattro partite di campionato, l’ex portiere del Milan dovrebbe fare il suo esordio da titolare. Contro il Clermont, una delle rivelazioni della Ligue1 (2 vittorie e 2 pareggi), neopromossa, comunque non proprio il genere di impiego che le folle parigine avevano immaginato e sognato per San Gigio campione d’Europa.

Sono ancora loro, gli allenatori, questi uomini adagiati sull’olimpo delle loro panchine, a filare il destino dei campioni. Quando Donnarumma ha rivelato il suo passaggio sotto la Tour Eiffel, dopo un valzer di contratti in scadenza e trattative fantasma, dopo un’estate vincente e torrida, nessuno aveva preso in considerazione l’idea che Gigio potesse fare il panchinaro. Troppi quei 7 milioni di euro netti per ipotizzare un numero uno di riserva (anche se al Milan ne avrebbe presi 8: sigh!). Ma con un pugno di dollari, si sa, non si è mai vinto nulla. "Il Psg mi ha cercato e voluto. Sono qui per giocare e sono pronto per andare in campo. Voglio essere il numero uno al mondo", ha sempre detto lui. E continua a farlo, anche in questi giorni al vertice della tensione.

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Al Psg i portieri sotto contratto sono nove. Teste in fermento. Un brulichio che rischia di diventare un bel problema per il club parigino. Soprattutto il caso Navas-Donnarumma: l’uno capofila del clan dei sudamericani in squadra, l’altro concreta espressione del successo dopo le prestazioni agli Europei. Pochettino lascia fare, lascia dire, lascia mugugnare. Gli hanno fatto notare che i tifosi vorrebbero vedere Donnarumma, che i sondaggi sono tutti per Gigio, che gli sponsor ribollono come lava. Niente. Pochettino tira dritto. “Donnarumma titolare contro il Clermont? Non so, non ho ancora deciso”. Il settimanale Panorama ha definito le ragioni dei grandi investimenti del Psg in tempo di Covid di due tipi: "Sportive e politiche". Se da una parte il Psg "nella sua storia a livello europeo non ha mai raggiunto risultati clamorosi", dall’altra il club è "il fiore all’occhiello (sportivo) della famiglia reale del Qatar".

Non è solo una questione di ricchezza, il Psg è per loro anche un biglietto da visita per la competizione del 2022. Ma prendere i campioni è il primo passo, il secondo è farli giocare. Ed è qui che l’allenatore dimostra tutto il suo potere. Un trono di spade, altro che panchina. C’è chi accetta e chi diserta, chi sta zitto e chi sbraita. A Bologna, nel ’98, quando Ulivieri comunicò a Baggio che sarebbe finito in panchina contro la Juve, il Divin Codino lasciò l’allenamento. "Sono schifato”, riportarono i quotidiani. Isco e Scolari al Real Madrid, Ibra e Guardiola al Barcellona. Pirlo e Allegri alla Juve. A Balotelli, che ora gioca nella squadra turca Adana Demirspor, sono saltati i nervi dopo una sostituzione al minuto 57: no, Balo la panchina non l’aveva considerata. E nemmeno sua maestà Cristiano Ronaldo, che prima di lasciare la Juventus si era dovuto sorbire qualche minuto di troppo seduto. Donnarumma è solo l’ultimo in ordine di tempo. Non c’è sponsor, calciomercato o contratto che tenga. E allora, vai di scioglilingua. Perché sopra la panca l’allenatore comanda. Ma sopra la panca il campione...

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