PUBBLICITÁ

La leggenda di Valentino Rossi

Umberto Zapelloni

Il pilota italiano si è divertito come un matto e ha cambiato il motociclismo. Il Dottore smette. Ma resterà

PUBBLICITÁ

Valentino è un campione senza fine, come una canzone di Gino Paoli. Ma anche adesso che ha detto stop, sappiamo che non se ne andrà mai via. Non rivederlo con tuta e casco dopo 26 anni farà un certo effetto, ma le leggende non spariscono, restano lì come termine di paragone per tutti. Valentino è uno di quei rari campioni che hanno saputo andare oltre il loro sport, far sedere davanti alla televisione i nonni e i nipoti. Ma non solo quelli nati come lui in Italia. Valentino è un campione extraterritoriale, è la bandiera olimpica del suo sport, il manifesto che in tutto il mondo è andato ad arredare le camerette di milioni di bambini, diventati ragazzi e poi qualcuno anche suo avversario in pista. Tra i piloti che oggi sono i suoi rivali sono pochi quelli che da bambini non hanno cercato di avere una foto insieme a lui, un autografo da tenere sul comodino. Valentino è stato per le moto quello che Pelé e Maradona sono stati per il calcio, quello che Michael Jordan è stato per il basket. “Valentino è stato il Dio delle moto”, dicono i suoi avversari. “Abbiamo imparato tanto da lui. Lui ha cambiato il nostro sport”, aggiunge Marc Márquez, l’avversario più odiato, quello con cui ha il rapporto peggiore.

Avrebbe voluto restare in pista per altri 25 o 30 anni. Avrebbe potuto continuare come gli hanno chiesto suo papà Graziano, suo fratello Luca, i suoi amici di sempre perché c’era la sua squadra, la VR46, a volerlo. Ma alla fine ha fatto prevalere la ragione. Si è arreso ai risultati. “Non sono felice. Ma non potevo fare altro. Credo sia la scelta giusta finire qui. E’ stato grandioso e mi sono divertito tantissimo. E’ stato un percorso lungo e molto divertente, con momenti indimenticabili”. Aveva cominciato quest’ultima stagione con l’intenzione di andare avanti ancora. Poi, gara dopo gara, la mancanza di risultati e quindi di divertimento lo ha convinto a dire stop. “Continuare un anno ancora non avrebbe avuto senso perché sarei stato triste comunque anche l’anno prossimo. Fosse per me avrei voluto proseguire per altri trent’anni. Resterò pilota per sempre, ma passerò a guidare le auto (gare endurance molto probabilmente, ndr) anche se non posso sperare di raggiungere gli stessi risultati”. Non è stato semplice staccare la spina. Se il 2020 fosse stato un anno normale, probabilmente avrebbe smesso prima.

Questo 2021 è forse un anno di troppo, senza risultati, senza podi, ma aver annunciato a metà stagione il ritiro, consente di trasformare le ultime 9/10 gare del campionato in una magnifica “Last Dance”, un tributo infinito per il campione che non finirà mai.

PUBBLICITÁ

Nove titoli mondiali (“mi è mancato il decimo, lo avrei meritato”), 115 vittorie. Ma è la distanza dall’ultima, ottenuta il 25 giugno 2017 in Olanda, che lo ha convinto a chiudere un’avventura meravigliosa. Si è divertito come un matto e ha divertito tutti. Da quando la notizia del suo ritiro è diventata ufficiale i social si sono messi a piangere. Le corse di moto non sono più quelle del 1996 quando Valentino cominciò. Le corse di moto non saranno più le stesse dall’anno prossimo quando di Valentino resterà solo l’eredità, la sua squadra, la sua academy per i giovani piloti. “Continuate a fare il tifo per loro. Non abbandonate il Moto mondiale”, si raccomanda sapendo che questa volta sarà difficile ascoltarlo. Valentino è un patrimonio dell’umanità. Ha stravolto il suo sport e lo ha fatto amare in tutto il mondo: “La cosa più importante della mia carriera, oltre alle mie vittorie, è che sono riuscito a far innamorare tanta gente in tutto il mondo del mio sport”. E pensare che papà Graziano, campione sulle due ruote come lui, da bambino non voleva metterlo in moto per non fargli prendere troppi rischi. Lo ha fatto cominciare sui kart, su quelle quattro ruote dove adesso tornerà a divertirsi senza l’assillo di essere il migliore di tutti, ma con la consapevolezza che il mondo sarà comunque lì ad aspettarlo. Perché le leggende non restano mai da sole.

PUBBLICITÁ
Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ