Roberto Mancini e Gianluca Vialli si abbracciano dopo l'ultimo rigore parato da Donnarumma, che vale l'Europeo (LaPresse)

Il Foglio sportivo - il ritratto di Bonanza

La vittoria del sentimento

Alessandro Bonan

L’Italia ci ha restituito un’idea del calcio domestica, come di una famiglia felice nella quale i ruoli sono mischiati, privati da logiche caratteriali e umorali

La nostra memoria è come un libro bianco sul quale appuntare le suggestioni vissute nel passato. Ci sarà un momento, difficile dire quando, in cui scriveremo di questa bellissima esperienza della vittoria della Nazionale. Sarà facile e immediato riportare su quel libro i momenti finali del successo, la parata di Donnarumma, gli abbracci degli Azzurri e quelli con gli amici e i parenti davanti alla tv, la sensazione di potente liberazione di fronte all’impresa di Mancini e dei suoi ragazzi. Sarà altrettanto semplice scrivere di come la notte di Wembley abbia modificato, almeno in parte, la percezione stessa della nostra vita, abituati come eravamo a stare distanti, silenziosi, e guardinghi per colpa della pandemia. Ma dopo arriveranno i pensieri più reconditi a riempire le nostre pagine.

 

Tra questi, il senso di fratellanza mostrato dagli Azzurri, un modo di essere e soprattutto di comportarsi a cui non eravamo più abituati. Perduti come siamo dietro i soliti discorsi sui soldi, il professionismo, l’ambizione e il tradimento, ci siamo stropicciati gli occhi per la piacevole sorpresa. L’Italia ci ha restituito un’idea del calcio domestica, come di una famiglia felice nella quale i ruoli sono mischiati, privati da logiche caratteriali e umorali. Chi era il padre, Mancini o Vialli? E il fratello maggiore aveva la faccia sorridente di Chiellini o l’espressione timida di Sirigu? A chi giocava bene si diceva bravo, esattamente come a chi si era macchiato di una prestazione non troppo felice. Mancini, il genitore uno, trattava tutti con rispetto, pienamente compreso nella parte di un padre illuminato che usava soltanto la carota, perché il bastone è lo strumento che si addice a chi pecca di carisma.

 

Vialli, il genitore due, si muoveva dentro la famiglia come un sacerdote illuminato, pronto a dispensare il consiglio giusto se ritenuto necessario. Luca Vialli è dotato di un tocco leggero in fisico forte. Ha saputo sostenere l’urto della malattia come un gigante dell’anima e del corpo. Avrebbe potuto nascondersi per evitare di sottoporsi alla gogna insopportabile della compassione. Non lo ha fatto, ben consapevole di avere, dentro di sé, una forza in grado di sopportare tutto. L’Italia è stata l’esempio di come, senza il sentimento, ogni risultato abbia un senso inferiore, qualora venga comunque raggiunto. E questa è probabilmente la frase finale che scriveremo un giorno nel nostro libro di memorie. Ricordando i giorni della vittoria ad un campionato europeo di calcio, come quelli dolci e appassionati in cui abbiamo posto le fondamenta della nostra grandiosa e incancellabile rinascita.

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