Alex Meret con Salvatore Sirigu (foto LaPresse)

Tutti titolari tranne Alex Meret

Andrea Romano

Il giocatore del Napoli è l'unico azzurro a non essere ancora sceso in campo. Capita ai terzi portieri, che però in qualche caso sono riusciti a riscattarsi e a diventare titolari: è questa la vera sfida per un portiere che sembrava destinato a un grande futuro

Quella frase si era trasformata subito in verbo. Anche perché a pronunciarla per primo era stato Roberto Mancini. "L’Italia ha 26 titolari", aveva giurato pubblicamente il cittì. E tutti avevano applaudito. La successiva evangelizzazione era stata portata avanti prima da Chiesa e Spinazzola, poi via via da tutti gli altri. Perché nessuna verità è più forte di una bugia bianca ripetuta in continuazione. Il problema è che le scritture apocrife suggeriscono una realtà leggermente diversa. In quel gruppo di titolari ce n’è uno destinato a non diventarlo mai. Salvo eventi socio politici o catastrofali. Le prove empiriche sono evidenti.

In questo Europeo Roberto Mancini ha concesso minuti a tutti. Ma proprio a tutti. Anche a Sirigu, la riserva con il numero uno stampato sulla schiena. È entrato al posto di Donnarumma a un minuto dalla fine della sfida col Galles. Un modo raffinato per concedergli un applauso, per chiudere un cerchio che a 34 anni dovrebbe portarlo lontano dal Torino. E soprattutto dalla Nazionale. Così Alex Meret si è ritrovato solo. All’improvviso si è trasformato nell’unico giocatore a non essere mai stato preso in considerazione, in un terzo portiere della titolarità putativa, più raccontata che dimostrata.

Le prime quattro partite le ha passate a guardar giocare gli altri, testimone di un destino collettivo che può essere osservato ma non scritto. Il suo nome non è finito in nessun articolo di giornale. La sua faccia non è stata catturata da nessuna telecamera. Il suo cognome non è stato scandito da nessun tifoso. Più comparsa che attore non protagonista, il portiere del Napoli ha potuto riaffermare la sua specificità solo in relazione a quell’entità astratta chiamata gruppo. Le ultime foto caricate sui social network raccontano di lui attraverso gli altri. La maglia della Nazionale non si vede mai. O è sostituita da divisa di allenamento o è coperta dalla pettorina delle riserve. Gli scatti mostrano soprattutto abbracci. Uno a Di Lorenzo, con la scritta “Emozioni”. Un’altro a manipolo di compagni corredato dalla didascalia“Tre su tre! Grandi ragazzi”. Poi più niente.

L’Europeo di Meret fa tornare alla mente una frase di “L’uomo è forte”, dove Corrado Alvaro si chiede: "Lei crede possibile che un uomo possa passare sulla terra senza aver detto nulla di quello che ha nel suo cuore e senza avere la sua parte?". E ancora: "La vita non è altro che un rasentarsi di solitudini". In queste settimane Meret ha coltivato la sua solitudine. L’ha messa al servizio degli altri. Ha rassicurato, spronato, infuso calma, rincuorato. Anche se forse era più lui ad averne bisogno. Quel ragazzo cresciuto con il mito di Buffon ("Mi piacerebbe assomigliargli in qualsiasi cosa. Lui è un grandissimo campione, il portiere più forte di tutti i tempi"), si è ritrovato intrappolato nel ruolo di riserva della riserva. Con Giulio Nuciari, santino dei portieri confinati in panchina a tempo indeterminato, come nume tutelare. Proprio come era successo a Tacconi, Pagliuca, Bucci, Toldo, Amelia, Peruzzi, De Sanctis, Perin, Abbiati, Antonioli, Marchetti. Portieri che negli ultimi trent’anni sono stati legati insieme dallo stesso destino: trascorrere un’intera competizione internazionale senza versare una goccia di sudore. Eroi residuali che in qualche caso sono riusciti a riscattarsi, a diventare titolari. Ed è questa la vera sfida per un portiere che sembrava destinato a un futuro a tinte brillanti. 

"Io Meret lo chiamavo ‘vecchietto’ perché mi sembrava avanti anni luce - ha detto nel 2017 Fabrizio Ferron, allora preparatore dei portieri dell’Under 17 - tecnicamente forse è più completo di Donnarumma, anche per un discorso di conformazione fisica". Un concetto che qualche mese fa è stato ribadito alla Gazzetta anche da Giovanni Galli: "Meret, da un punto di vista tecnico, è il portiere più bravo d’Italia, ma si deve svegliare È introverso, timido. Deve far sentire la sua presenza in porta, al momento è questo che gli manca". Lo svolgimento non è stato sempre coerente con l’incipit. A 24 anni Meret è diventato un grande portiere, ma non abbastanza per scalzare definitivamente Ospina, per mettere in crisi la titolarità di Donnarumma. Il Napoli ha fatto capire di voler puntare tutto su di lui. Ma questo non è il momento per pensarci. Perché qualsiasi futuro, nel giorno della sfida contro il Belgio, appare remoto e sfumato come un acquerello. Oggi c’è solo il presente. Anche se quello di Meret con gli azzurri è solo il riflesso del destino altrui. E forse per questo il terzo portiere è l’unico giocatore al riparo dalla grandinata di retorica che si è abbattuta su questa Nazionale. 

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