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Shevchenko, il predestinato? Ucraina-Inghilterra ci dirà se è così davvero

Giovanni Battistuzzi

Gli ucraini hanno raggiunto i quarti di finale di Euro 2020 battendo per 2-1 la Svezia. Le parole del Colonnello Valerij Lobanovs'kyj da far diventare realtà

Per Valerij Lobanovs'kyj la forza di Andriy Shevchenko non stava “solo nella classe, enorme, ma soprattutto nella sua incredibile capacità di leggere l’azione, nell’intelligenza pratica che riesce a mettere in un campo da gioco”. L’allenatore lo guidò alla Dinamo Kiev per due stagioni, dal 1997 al 1999, lo preparò al calcio europeo che abbracciò con il Milan nell’estate di quell’anno.

In una delle ultime interviste prima di morire, nel maggio del 2002, il Colonnello ritornò a parlare del suo ex giocatore: “Andriy si è abituato immediatamente al calcio italiano (nelle prime due stagioni in rossonero segnò sessantatré gol tra campionato e coppe). Lui si abitua a tutto perché è scaltro, sa osservare e sa cosa vuol dire giocare a calcio, ce l’ha dentro. Rimarrà nel calcio a lungo, per sempre. Nella storia certo, ma se ci saranno dirigenti intelligenti gli offriranno un posto come dirigente o allenatore. Il calcio ha sempre bisogno di persone come Andriy, gente di cervello veloce, che capisce come va il calcio, gente di personalità”.

Dopo il Milan, Sheva giocò nel Chelsea, tornò in rossonero, prima riprendere la strada di casa. Diede l’addio alla Dinamo Kiev e al calcio il 28 luglio 2012. Pochi mesi dopo, l’11 novembre 2012 il neo-presidente della federazione ucraina, Anatoliy Konkov, gli offrì la panchina della nazionale. Fu allora che le parole Lobanovs'kyj iniziarono a prendere una nuova forma: non più quelle di un allenatore che provava un sincero affetto per il proprio ex attaccante, ma una sorta di predizione di quello che sarebbe successo. Shevchenko rifiutò, disse che era prematuro, che voleva staccare, provare con la politica. Soprattutto che aveva bisogno di tempo per studiare, perché “a fare il selezionatore non ci si improvvisa, serve capire cosa vuol dire essere un allenatore”.

La parentesi politica di Sheva finì in un insuccesso, va quasi mai bene ai campioni dello sport, soprattutto se di politica non si intendono davvero. Nel 2016 una nuova chiamata, ma come collaboratore del commissario tecnico Mykhaylo Fomenko. Lui prende appunti, impara, prova a capire cosa serve per essere un ct.

L’Ucraina a Euro 2016 non vince una partita, Fomenko viene cacciato con disonore, in Dombass le cose continuano a non andare bene, i rapporti con la Russia sono ancora tesi. Serve qualcuno di prestigioso a cui affidare le sorti della Nazionale. Shevchenko parla poco l’ucraino, è russo per cultura e usanze. Ma è anche un russofilo che dopo un sostegno iniziale a Viktor Yanukovich si è sempre detto ucraino e che non ha sempre criticato ciò che succedeva in Crimea. Era l’uomo giusto.

Shevchenko sa di avere bisogno ancora di una guida, per questo chiama nel suo staff uno dei viceallenatori più vincenti di sempre, Mauro Tassotti, l'uomo che accompagnò Carlo Ancelotti nei successi rossoneri. Non riesce a centrare la qualificazione al Mondiale del 2008, ma questo insuccesso gli viene perdonato perché i giocatori più esposti verso la Russia vengono messi da parte e l’ex attaccante inizia un processo di rifondazione basata sui giovani.

Non gli vengono risparmiate critiche. Sia per il suo ucraino claudicante, soprattutto per “l’integralismo” di alcune scelte. Scelte che però risultano vincenti. L’ultima è quella di Artem Dovbyk, l’attaccante del Dnipro-1 che la quasi totalità degli opinionisti sportivi ucraini hanno pesantemente criticato, ma che poi ha deciso gli ottavi di finale contro la Svezia.

 

L’Ucraina giocherà i quarti sabato contro l’Inghilterra, calcio nel quale Sheva ha giocato, abbastanza male a dire il vero, per due anni. Ad aver fiducia in Lobanovs'kyj gli ucraini potrebbero avere pure qualcosa da sperare.

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