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La Superlega c'è già, e non la si abbatte certo a colpi di retorica

Roberto Perrone

La Superlega è solo l'ultimo atto della spremitura collettiva del pallone, dello sfruttamento del calcio in tutti i modi possibili. Uefa e Fifa non sono i buoni e non c'è nessun calcio popolare da salvare

A noi Eduardo Galeano e Osvaldo Soriano, che non sono calciatori, ma gli autori più citati da quelli che si credono scrittori di football e non solo (a Soriano è intitolata la Nazionale italiana dei medesimi), ci hanno rovinato. Quello narrato dai due, uruguaiano il primo, argentino il secondo, è un calcio che, se mai esistito, è scomparso da decenni. Però quest’elegia del “futbol popular” ritorna sempre e a maggior ragione ora, in quasi tutti i commenti sull’odiata Superlega. Nell’aspro dibattito, quasi tutto a senso unico, vengono piazzati accenni a un calcio epico, leggendario, con il rigore più lungo del mondo, i campioni a piedi nudi, gli eroi tragici alla Moacir Barbosa, il portiere brasiliano del Maracanazo 1950, quando il maramaldo Uruguay sfilò con destrezza la Coppa Rimet al Brasile. Il tutto contrapposto a un calcio dittatoriale, becero, egoista.

 

Ecco, dimostriamo pure contro la Supelega, ma non cadiamo nell’inganno di una contrapposizione tra Andrea Agnelli sceriffo di Nottingham e Aleksander Ceferin (il presidente dell’Uefa) Robin Hood. Qui nessuno ruba ai ricchi per dare ai poveri o viceversa, qui ognuno difende il suo orticello e quando Ceferin usa il termine “avidità” riferito alla persona “più falsa che ho incontrato” (Agnelli), dimentica che l’avidità non riguarda solo il denaro, ma anche il potere, il controllo. La Superlega non ci piace, ma Uefa e Fifa che vi si oppongono strenuamente, da anni perseguono lo stesso obbiettivo: aumentare il numero delle competizioni e il numero delle partite per avere più sponsor, diritti diritti tv e, in definitiva, palanche. La Superlega non ci piace perché Florentino Perez e Andrea Agnelli badano solo al soldo? Bene, che dire della Fifa che, prima si è inventata la Confederations Cup e poi l’ha ampliata e sostituita con il progetto del Mondiale per club a 24 squadre, per ora bloccato dalla pandemia? La stessa Fifa che ha venduto ai gasdollari del Qatar il Mondiale 2022 costringendo a un cambio epocale di date (si giocherà tra novembre e dicembre) e noi tutti a indignarci per diciotto mesi sui diritti dei lavoratori che muoiono nei cantieri, come se nei ricchi stati del Golfo avessero cominciato col Mondiale a maltrattarli. L’indignazione terminerà con il fischio d’inizio, alè oh, oh. L’Uefa, poi, dopo la Nations Cup (uno spasso) ha rispolverato, più di vent’anni dopo averla abolita, una terza coppa, la Conference League. Ne sentivamo la mancanza? Non penso. Insomma la Superlega è figlia di una spremitura collettiva del pallone, dello sfruttamento del calcio in tutti i modi possibili. Gli unici autorizzati a lamentarsi sono i tifosi, gli unici “poveri” in questa storia, gli unici senza potere.

 

Vabbè, a questo punto arriva l’obiezione: il merito, il vero senso dello sport. Questi uccidono la bellezza della vittoria sul campo, del diritto maturato con le proprie qualità. E il primo nome che viene pronunciato, la squadra rivelazione/rivoluzione, prima di risalire alla Sampdoria, ultima a vincere uno scudetto di provincia, (1991) è quello dell’Atalanta. Giusto l’esempio che il cattivo Agnelli portò un anno fa per indicare un club senza pedigree internazionale, che non avrebbe dovuto stare in Champions. Juventus e Atalanta dovrebbero essere agli antipodi. Invece la società della famiglia Percassi si è schierata con Agnelli (e con Inter e Milan), prima sui diritti tv, per Dazn, poi sfiduciando il presidente della Lega, Paolo Dal Pino. Curioso? Ma no, dai. Qui ognuno coltiva il suo interesse e i nemici di ieri oggi sono amici. E viceversa. Non c’è poesia, non ci sono buoni e cattivi. A parte i tifosi, gli unici, con tutti i loro difetti (e a volte bestialità) a stare fuori dai giochi. E, per stare al gioco, siamo a vent’anni dallo scudetto della Roma. Da allora hanno vinto solo tre squadre. Non ve lo chiedo neanche, tanto le conoscete. La Superlega c’è già. Se vogliamo salire sulle barricate, c’è un sistema intero da riformare, non solo una nuova coppa da distruggere.

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