Foto Wikimedia Commons

Giampaolo Montesano viveva per il dribbling

Alberto Facchinetti

Tunnel e controtunnel negli anni Ottanta. Giocò pochissimo in Serie A, ma per tanti era “un artista”. Oggi allena i ragazzini a Varese  

"Un artista del dribbling. Tunnel, controtunnel. Un pazzo vero, volavano stecche e schiaffi quando aveva la palla tra i piedi”. L’ultimo in ordine di tempo a scrivere in questi termini di Giampaolo Montesano, ala poco tornante degli anni Ottanta, è Sebino Nela nella sua recente autobiografia Il vento in faccia. Ma sono molti i difensori italiani, tra i più spietati di quella generazione, a parlare così di un calciatore che ha solo due presenze da titolare in Serie A. Infatti Nela lo ha affrontato, giovanissimo terzino del Genoa, in serie B e quella volta il numero sette del Palermo, oltre a dribblare tutto e tutti, si ricordò anche di fare il gol del pareggio. La settimana prima, siamo nel gennaio 1980, sul neutro di Catania aveva fatto diventare matto Pietro Vierchowod, allora al Como. Lo zar avrebbe marcato in carriera tutti i migliori al mondo, da Maradona a Ronaldo Fenomeno passando per Van Basten, molto spesso annullando gli avversari ma ha un ricordo preciso di quel pomeriggio nero. Uno così, non l’ha più incontrato.

  

Dopo gli anni belli a Palermo, dove gioca indifferentemente a destra e a sinistra, Montesano viene preso dall’Udinese. Finalmente è Serie A e c’è anche Zico. “Mi voleva l’Avellino e forse sarei dovuto andare là. Io sono un calciatore da sud Italia, sarei diventato il re del Partenio”, dice al Foglio Sportivo, mentre segue un allenamento della scuola calcio che gestisce a Taino, provincia di Varese. A Udine gioca in tutto 14 gare, solo due dall’inizio. La prima contro la Juventus di Platini e Boniek, la seconda contro il Napoli di Maradona, il giorno in cui il Verona festeggia lo scudetto 1985. Ciro Ferrara, maggiorenne da poco e con una sola presenza in A, alla vigilia viene chiamato dall’allenatore Marchesi nel suo spogliatoio insieme ai compagni di reparto Ferrario e Bruscolotti. Ci sono da marcare Zico e Andrea Carnevale e se li prendono i due giocatori più esperti. Ma non è un omaggio che fanno al ragazzo cresciuto nelle giovanili azzurre perché Ferrario conosce bene Montesano dai tempi di Varese. Ciro inizialmente aveva tirato un sospiro di sollievo, ma in campo viene sorpreso da quest’ala che gioca su una nuvola. Per lui invece è un incubo, che spesso ricorderà sorridendo nelle interviste post carriera.

 

“La mia goduria non sono mai stati i soldi – racconta Montesano – io amavo solo il dribbling, mi faceva stare bene. Sbagliando, sennò sarei stato il migliore di tutti, i miei dribbling erano fine a se stessi. Quella volta con il Napoli però fui anche molto concreto”. La partita finisce con un pareggio ed è l’ultima in Serie A di Zico. Maradona fa un gol irregolare, anticipando di un anno la mano de Dios in Messico e il brasiliano, solitamente molto tranquillo, si arrabbia con l’arbitro prendendosi così una maxi squalifica.

 

Lo stesso Zico sembra che un giorno abbia detto di Montesano: “Non ho mai visto al mondo uno dribblare come lui”. Per ricordare come dribblava Zico, compiendo il gesto sempre una frazione di secondo prima della contromossa dell’avversario, ci viene in aiuto internet. Sembra difficile che uno dei più grandi al mondo di tutti i tempi, non solo nel fondamentale in questione, possa aver pronunciato qualcosa del genere. “Certo che lo ha detto”, conferma Montesano, “Zico era un campione anche fuori dal campo, un uomo di un’umiltà unica”.

 

Zero campionati vinti (uno tra i dilettanti, in conclusione di carriera) e zero reti in A, Montesano va collocato in quei territori frequentati anche da Alviero Chiorri e dall’argentino Trinche Carlovich, nei quali se la leggenda diventa realtà, vince la leggenda. E va bene così, visto che il calcio non è solo statistica ma anche intrattenimento e talvolta letteratura (orale soprattutto).

 

Durante Inter-Palermo di Coppa Italia, sempre anno di grazia 1980, ha ridicolizzato Beppe Baresi e i nerazzurri sono usciti sconfitti dal campo. Ma ce ne sarà almeno uno che non riusciva a sopportare? Montesano ha bisogno di pensarci. “Tempestilli, ai tempi del Como, non so perché ma lui non abboccava mai alle mie finte”.

 

Giampaolo si definisce un autodidatta del dribbling. “Ho imparato a giocare a calcio all’oratorio di Taino. Si metteva in porta sempre il più scarso e poi ne sfidavo tre. A sedici anni ho subito un infortunio serio, dopo l’operazione al ginocchio la mia gamba sarebbe rimasta piegata, spostando leggermente il baricentro. Anche questo effetto Garrincha ha contribuito al successo delle mie finte”. Ma Montesano è un artista naif, non il classico ribelle senza causa. “A me non sono mai piaciute le regole in campo e in spogliatoio. Mi nascondevo nel bosco durante la preparazione precampionato, ma non saltavo mai un allenamento e ho sempre fatto una vita regolare, mi sono sposato giovane e non so cosa siano droga, sigarette e alcol. Mi allenavo per il dribbling. A Palermo mi fermavo dopo l’allenamento, mettendo dei paletti in fila: partivo a duemila all’ora, mi arrestavo di colpo e ripartivo senza mai toccare gli ostacoli. Oppure portavo al campo il mio pastore tedesco, non è facile saltare un difensore con quattro zampe”.

 

Nel 1985 torna in B e a Cagliari incontra Renzo Ulivieri, che prova a regolarizzarlo. “È l’allenatore che mi ha insegnato di più, ma l’ho incontrato troppo tardi, a 27 anni. Probabilmente mi avrebbe dato un’impostazione diversa, cambiando il mio carattere e il mio atteggiamento in campo”.

 

Oggi a 62 anni è titolare della Montesano Promotion, che oltre alla scuola calcio avvia progetti per l’organizzazione di camp, tornei e corsi di formazione. “Sono il numero uno a insegnare calcio ai giovani – sorride Montesamba, questo è uno dei suoi soprannomi, l’altro era ai tempi di Palermo Bugia – lavoro soprattutto all’estero perché il calcio in Italia è finito. Nei settori giovanili i dirigenti sono sempre gli stessi e i ragazzi non hanno la stessa voglia di giocare a pallone che riscontro nei paesi arabi o negli Stati Uniti. Qui dopo un’ora e mezza sono cotti”.

 

Intanto nel varesotto l’allenamento dei bambini si è concluso. La Smart con di fianco la scritta Montesamba può uscire dal parcheggio, dribblare le altre auto e rimettersi in strada.

Di più su questi argomenti: