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Gianni Agnelli per amore dello sport provò a fare pure il procuratore

Roberto Perrone

Ha amato molte discipline sportive e molte le ha praticate. La Juventus però è sempre stata al primo posto. La tradizione dell'amichevole di Villar Perosa, i soprannomi, le telefonate all'alba e quella volta che provò a fare ingaggiare Ilario Castagner dal Psg

Ad agosto salivamo a Villar Perosa. Ma c'è l'Avvocato? Di Juventus A-Juventus B, la partitella tra la prima squadra contro i ragazzi della Primavera, non ci fregava nulla, cercavamo le sue battute sul football, l'ha sempre chiamato così. "La Juventus l'abbiamo sempre avuta. Non è un affare: è una passione soggettiva che, però, è condivisa da molta gente". Gianni Agnelli era un vero appassionato. Lo sport ha rappresentato una parte importante della sua esistenza, con la Juventus a pretendere la fetta più grossa. La partita di Villar era sagra paesana, passerella, scarsi contenuti tecnici grandi contenuti emozionali. Ha resistito per 61 anni, anche quando Juventus-Chelsea a Hong Kong avrebbe reso di più, proprio perché è la partita dell'Avvocato e di suo fratello Umberto. L'ha fermata solo il Covid. L'Avvocato, allora? Eccolo lassù. L'elicottero volteggiava sulla val Chisone e poi atterrava a Villa Agnelli, il Castello. Da lì al campo, in auto. Spesso guidava lui. Tutti coloro che hanno viaggiato, anche per brevi tratti, con Gianni Agnelli al volante, l'hanno definita un'esperienza irripetibile, nel senso più letterale del termine.

    

Ha amato molti sport e molti li ha praticati, due su tutti. La vela la imparò a Forte dei Marmi. "Facevo le regate con i bagnini e i marinai". Da lì alle acque del New England, con i Kennedy, in una foto storica. Tornò a Newport, nell'estate spensierata del 1983, come armatore di Azzurra, prima sfida italiana all'America's Cup. In montagna, da Sestriere a Sankt Moritz, scendeva spericolato anche con lo skeleton, a testa in giù, mentre sugli sci aveva imbracature da super eroe a proteggere la gamba malandata. Racconta Evelina Christillin: "Sciava con mio padre, salivano con l' elicottero sulle cime. Porta anche la bambina, diceva. Io ero brava ma amavo il calcio, e gli chiesi di portarmi allo stadio. Vincemmo e da allora, da superstizioso, mi voleva sempre. Grazie a lui oggi sono una dirigente". E per Torino 2006 fu fondamentale il suo intervento. "È stato un regalo all'Avvocato" disse il capo del Cio, Samaranch.

    

La passione faceva intersecare le discipline sportive. A Villar Perosa, nel 1996, annunciò l'ingaggio di Michael Schumacher. Amava la Ferrari, non come la Juve, ma tanto, e considerava Schumacher il pilota più grande "con Fangio". Il football, alla fine, restava al primo posto. Storiche le sue telefonate all'alba. Roberto Boninsegna una domenica non aveva giocato e la Juventus aveva pareggiato. Lunedì all'alba un trillo: "Non mi interessa come sta, la prossima ci deve essere". Una volta arrivò al vecchio Comunale, negli anni di Lippi, con Henry Kissinger. Davanti a Bobo Vieri, Agnelli disse all'amico americano: "Veda, con lui può parlare in inglese, è di madrelingua".

   

Alla prima sfida con il Milan appena acquistato da Berlusconi, ironizzò sul cavaliere: "È il calmieratore del mercato". C'era un po' di invidia per Donadoni, strappato alla Juventus, però aveva intuito l'inizio della fine di un'epoca. "Tutto è cambiato, ma non direi in meglio. Io preferivo il football di una volta. Oggi è soprattutto un football televisionato, molto dibattuto, molto discusso, superchiacchierato". Che me direbbe ora? Amava il genio, come quello di Michel Platini "uno dei più grandi di tutti i tempi" o di Maradona, che invano cercò di ingaggiare. I suoi soprannomi, spesso buttati lì a caso, restavano attaccati per sempre. Per Del Piero "Pinturicchio" vennero scomodati plotoni di critici d'arte. Storiche le sue battute, molte apocrife. Una vera: "Vinca la Juventus o vinca il migliore? Sono fortunato, spesso le due cose coincidono". Una falsa, su Ernesto Pellegrini, che gestiva l'hotel dove andava la Juve a Villar: "Il mio cuoco si è comprato l'Inter". Una bufala, ma gira ancora adesso. Era talmente appassionato che non si occupava solo della Juventus, tanto da trasformarsi in procuratore per Ilario Castagner, allenatore del grande Perugia e poi di Milan e Inter: "Un giorno suona il telefono. È l'Avvocato. Senta, Castagner i miei amici del Psg cercano un tecnico, ho fatto il suo nome, andiamo? Come, andiamo? La passo a prendere con il mio aereo. Andammo. Non se ne fece niente, ma un'esperienza così vale pure più della panchina". Ci crediamo.

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