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Lo sport può quadruplicare ogni euro investito nel Recovery

Mauro Berruto

La cultura del movimento è un diritto/dovere che va messo in sicurezza con quattro mosse, il prima possibile. Se non ora, quando?

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Sta per arrivare il momento della responsabilità e della competenza? La politica saprà essere l’arte del prendersi cura della polis, del pezzo di mondo che ci è toccato in sorte? A noi italiani la sorte ha affidato una fra le più belle delle terre emerse. Nessun merito, solo fortuna che va restituita. La nostra Italia ha bisogno che ci si prenda cura di lei con meno dichiarazioni, più azioni e scolpendo nel cervello la famosa frase di J.F. Kennedy: “Non chiederti cosa il tuo Paese può fare per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo Paese”.

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Sta per arrivare il momento della responsabilità e della competenza? La politica saprà essere l’arte del prendersi cura della polis, del pezzo di mondo che ci è toccato in sorte? A noi italiani la sorte ha affidato una fra le più belle delle terre emerse. Nessun merito, solo fortuna che va restituita. La nostra Italia ha bisogno che ci si prenda cura di lei con meno dichiarazioni, più azioni e scolpendo nel cervello la famosa frase di J.F. Kennedy: “Non chiederti cosa il tuo Paese può fare per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo Paese”.

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Mi sono occupato di sport per trent’anni e ho visto, in conseguenza alla pandemia, polverizzarsi un modello che reggeva a stento dal dopoguerra, fondato su denaro esclusivamente privato (finanziatori, mecenati, soprattutto famiglie), sul deliberato disinteresse da parte della scuola e sulla provvidenziale e capillare rete di associazioni sportive, sulla volontà incrollabile di un esercito di volontari, sul virtuoso utilizzo di infrastrutture spesso inadeguate. Un miracolo, insomma. Poi è arrivata la pandemia e su quel modello si è schiantato un meteorite.

 

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Non ho idea del livello di priorità che il Presidente del Consiglio incaricato Mario Draghi assegnerà allo sport, non so se ci sarà un Ministero, né quali siano le sue opinioni sul tema. Vorrei però essere chiaro: lo sport (o, meglio, ciò che amo chiamare cultura del movimento) è un universo che prescinde dai campionati di serie A, ha una propria economia, impatta sulla vita e sulla salute di milioni di nostri connazionali, è strumento di inclusione (non grazie a raffinate weltanschauung, ma alla concreta necessità di passarsi una palla infischiandosene del reddito, del colore della pelle o della confessione religiosa, per realizzare un obiettivo comune, fare un goal, un canestro, una schiacciata), è scuola di autostima e fatica per coloro che si allenano per saltare o lanciare un centimetro più in là e correre o nuotare in un secondo in meno, è un erogatore inesauribile di rispetto dell’altro e di legalità. E se non bastasse è spesso ragione di vita per tanti disabili che trovano nello sport il modo di sentirsi parte attiva di una comunità. Le associazioni sportive sono l’apparato circolatorio che trasporta questo sangue e questo ossigeno in ogni chilometro quadrato del nostro Paese. Un circuito vitale che, senza esagerazioni, è in codice rosso.

 

Un numero spaventoso delle oltre centomila società sportive italiane sono prosciugate di risorse e di tesserati, sfrattate dalle loro palestre e a un passo della chiusura definita. Quando si è in emergenza si devono stabilire priorità: magari poche cose, ma molto chiare e fatte bene. Chiunque avrà l’onore di occuparsi di sport, di mosse potrebbe pensarne quattromila, ma dovrà farne quattro, il prima e nel miglior modo possibile.

 

1) Sport bene essenziale. Assumere la decisione politica di considerare lo sport un bene essenziale e di creare un ecosistema capace di attrarre risorse pubbliche e private sull’associazionismo, riconoscere il ruolo dei volontari dello sport e predisporre un assegno per le famiglie (che ne hanno necessità) da spendere per l’attività sportiva dei propri figli: un modo di rimettere liquidità nel circuito economico delle associazioni e, nel senso letterale del termine, un investimento.

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2) Sport e diritto alla Salute. Utilizzare risorse del Recovery Fund per progetti destinati alla prevenzione e al controllo di patologie (pandemiche) come obesità, diabete, malattie cardiovascolari, depressione. La cultura del movimento è un farmaco: non è un’opinione, la letteratura scientifica dimostrano che un euro investito in questo tipo di progetti (per persone di qualsiasi età) genera al Sistema Sanitario Nazionale un risparmio diretto e misurabile fra i tre e i quattro euro. Il denaro in arrivo dall’Europa può generare salute, lavoro (molte associazioni potrebbero riconvertire una parte delle proprie attività) e un risparmio tale da accantonare le risorse per la sua stessa restituzione. Proprio quando si è nell’epicentro del problema occorre alzare lo sguardo e costruire futuro: questa mossa non sarebbe un tentativo, ma un’azione dal risultato certo, lo dimostra la scienza. Basta volerlo.

 

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3) Sport e paesaggio. Disegnare una nuova mappa dei luoghi dello sport dopo che le palestre chiuse per pandemia ci hanno costretto a trasformare problemi in opportunità. Sfruttare le enormi risorse del Paese (mare, spiagge, fiumi, laghi, montagne, colline, parchi cittadini) per farle diventare luoghi di salute e di cultura del movimento, così come recuperare aree dismesse e affidarle alle società sportive significa rigenerare (tanto i luoghi che le società), presidiare il territorio, rispettare l’ambiente, migliorare la mobilità, insegnare economia circolare.

 

4) Sport e scuola. Creare una definitiva discontinuità con quella privazione di dignità che il mondo della scuola ha riservato all’insegnamento dello sport negli ultimi settanta anni. Sarebbe meraviglioso farlo nelle scuole di ogni ordine e grado, ma bisogna concentrarsi su una priorità: la scuola elementare, dove non si insegnano solo nozioni, ma passioni. Succede così per l’italiano, la matematica, le scienze, l’arte, l’inglese, la musica? Deve valere anche per la cultura del movimento. In accordo con il Miur, occorre aggiornare programmi ministeriali, aumentare le ore curriculari di educazione motoria e affidarle a specialisti della materia, nel rispetto del principio di multidisciplinarità. Effetti? Un inevitabile aumento di domanda per le società sportive, cittadini meno costosi per il SSN e, come effetto collaterale, fra qualche anno, più medaglie olimpiche. La cultura del movimento è insomma un diritto/dovere che, nonostante la parola sport non sia (ancora) scritta nella nostra Costituzione, va messo in sicurezza con quattro mosse, il prima possibile. Anzi: se non ora, quando?

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