PUBBLICITÁ

setteperuno

I campioni che non hanno paura di volare volano

Marco Pastonesi

Una settimana di successi per i talenti italiani: da Larissa Ichipino, figlia di Fiona May, al ciclista Filippo Ganna, fino al prodigio del tennis Jannik Sinner. Una generazione avanza, mentre lo sport italiano è a terra

PUBBLICITÁ

Non hanno paura di volare. E volano. Non hanno paura di spingere i loro confini un po’ oltre. E sconfinano. Non hanno paura di vincere né di perdere. E lottano. Non ha paura di volare, Larissa. Non l’aveva la mamma, Fiona May, lungo e triplo. Non l’aveva il papà, Gianni Iapichino, asta. Larissa ha scelto il lungo. E sabato scorso, ad Ancona, nei Campionati italiani juniores e promesse indoor, ha allungato il suo primato Under 20 (il 18 febbraio compirà 19 anni): un salto a 6,53, un altro a 6,70, un altro ancora a 6,75, a cinque centimetri dal suo record all’aperto, ma 30 più del suo precedente limite al chiuso. Un volo che l’ha eletta nel gotha dell’atletica mondiale, senza categorie di età.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Non hanno paura di volare. E volano. Non hanno paura di spingere i loro confini un po’ oltre. E sconfinano. Non hanno paura di vincere né di perdere. E lottano. Non ha paura di volare, Larissa. Non l’aveva la mamma, Fiona May, lungo e triplo. Non l’aveva il papà, Gianni Iapichino, asta. Larissa ha scelto il lungo. E sabato scorso, ad Ancona, nei Campionati italiani juniores e promesse indoor, ha allungato il suo primato Under 20 (il 18 febbraio compirà 19 anni): un salto a 6,53, un altro a 6,70, un altro ancora a 6,75, a cinque centimetri dal suo record all’aperto, ma 30 più del suo precedente limite al chiuso. Un volo che l’ha eletta nel gotha dell’atletica mondiale, senza categorie di età.

PUBBLICITÁ

 

 

PUBBLICITÁ

Larissa, fiorentina di Borgo San Lorenzo, si è detta felice (“Questa gara serviva per rompere il ghiaccio e capire il mio stato di forma”) e stupita (“Per la costanza e la regolarità su misure importanti”), ha raccontato la sua giornata (“Tranquilla in pedana, cosciente di quello che stavo facendo”) e ha spiegato la sua fiducia (“Ho raggiunto un gradino in più nella mia maturità agonistica e questo mi ha permesso di mantenere controllo e concentrazione in gara”). Sua madre fa da madre, suo padre anche da manager, l’allenatore è extrafamiliare, Gianni Cecconi. Larissa giura di essere “diversissima” da Fiona, ma sembra destinata (lo ha detto lei) alle stesse folgoranti apparizioni: prima sulle pedane, quelle del lungo, poi sulle passerelle, quelle della moda.

 

 

Non ha paura di volare, Filippo. Dna a cinque cerchi, il suo. Papà Marco, canoa, olimpico a Los Angeles 1984, “il Tedesco” per il suo stile duro, indurito da allenatori romeni e tedeschi e collaudato dalla palestra della vita (“Ho imparato che il migliore recupero è l’allenamento”). Ma un antico antenato è quel Luigi Ganna che conquistò, proprio in bicicletta, il primo Giro d’Italia della storia (1909), duro anche nel soprassella (suo il celebre sfogo “me brusa el cu” ichiarato ai giornalisti dopo l’ultima faticaccia). Alla prima corsa a tappe - l’Etoile de Bessèges, in Francia - di una stagione che dovrebbe essere meno pandemica della precedente, fortunata (per il corridore piemontese) e compatta (nel calendario, ridotto e concentrato), il Pippo nazionale (anzi, internazionale: corre per la Ineos Grenadiers, la squadra del gallese Thomas, del colombiano Bernal, dell’ecuadoregno Carapaz, dell’inglese Geoghegan Hart) si è imposto in due tappe: la quarta, con quasi 150 km di fuga, prima in compagnia, poi in solitaria, fino all’arrivo, e la quinta e ultima, a cronometro, la sua specialità, in cui trasforma le gambe in pistoni e il cuore in cilindri. Ha 24 anni, Ganna, frontiere ignote ma appuntamenti precisi: “Le prime tappe del Giro d’Italia, la crono iniziale di Torino e la partenza da Stupinigi, magari in maglia rosa. Poi l’Olimpiade di Tokyo, strada e pista. Con un pensiero alle classiche del Nord”.

PUBBLICITÁ

 

PUBBLICITÁ


Non ha paura di volare neppure Jannik. Jannik Sinner, 19 anni, altoatesino di San Candido, la scorsa settimana ha dominato il Great Ocean Road Open, il torneo di Melbourne (secondo titolo raggiunto nel circuito Atp, quello dei grandi), cinque match, cinque tie-break, 38 game ai vantaggi, 10 ore volando da una parte all’altra del campo, volando al servizio e a rete, volando al tabellone dell’Australian Open. Senza sosta, senza riposo. Sinner ha le idee chiare (“Obiettivi? Vincere uno Slam e diventare il numero 1 al mondo”), un esercito di Sinnerdipendenti (238mila “followers”), residenza paradisiaca (Montecarlo), soprattutto una combinazione di talento e tenacia, spirito di sacrificio e voglia di arrivare, così potente e lubrificato da renderlo il Predestinato. Il suo tecnico, Riccardo Piatti, ha certezze, e a chi gli chiede della prevedibile, inevitabile stanchezza del suo allievo, risponde di non essere preoccupato: “Va bene così. E’ giovane. La cosa che sta facendo bene sono proprio queste esperienze piuttosto dure. Gli sono servite molto le due settimane di allenamento con Rafa Nadal, uno che tutti i giorni sta lì, sta lì, sta lì su ogni palla”. E ancora: “Jannik è un giocatore che deve essere costruito”. I cantieri sono aperti. E se lo sport italiano è a terra, i campioni italiani volano.
-

Una settimana di altri sport


Football americano: Tampa Bay travolge Kansas City 31-9. Eroe, Tom Brady: 43 anni, quarterback, giudicato il migliore giocatore del Super Bowl, al settimo trionfo nella decima finalissima.


Sci: nell’ultima gara prima dei Mondiali di Cortina (fino a domenica 21 febbraio), vittoria di Dominik Paris nella discesa libera di Garmisch (la prima qui in carriera) e quinto posto di Christof Innerhofer. Intanto la prima prova iridata (combinata donne) è stata annullata e rinviata per eccesso di neve e scarsità di sicurezza.

Rugby: una conferma e due sorprese nel primo turno del Sei Nazioni. La conferma sta nell’inferiorità dell’Italia (schiacciata 50-10 dalla Francia), le sorprese dal trionfo della Scozia a Twickenham contro l’Inghilterra (11-6, a 150 anni dal primo match internazionale della storia, Scozia-Inghilterra a Edimburgo, che finì 4-1, due mete e una trasformazione contro una meta) e dalla supremazia del Galles sull’Irlanda (21-16, i Dragoni erano stati giudicati in crisi e in rinnovamento, gli irlandesi per più di un’ora hanno giocato con un uomo in mano).
 

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ