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Malagò: “Le Olimpiadi si faranno. Così possiamo salvare lo sport”

I Mondiali di sci a Cortina, il prossimo ministro dopo Spadafora, le idee per ripartire. Parla il presidente del Coni

Piero Vietti

“Per salvare lo sport serve la scuola. Serve un Piano Marshall per sopravvivere alla pandemia: “La politica sia decisiva”

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È in partenza per Cortina, il presidente del Coni Giovanni Malagò. Lunedì iniziano i Campionati mondiali di sci alpino, dove “l’Italia partecipa con una squadra femminile molto forte – dice in un lungo colloquio con il Foglio Sportivo – anche se ferita dall’infortunio di Sofia Goggia, che pesa come un macigno”. La sciatrice bergamasca, volto vincente della candidatura di Milano e Cortina alle Olimpiadi invernali del 2026 assieme a Michela Moioli, aveva iniziato alla grande la stagione, “e avrebbe potuto fare risultato anche in altre gare”, dice Malagò. Meno speranze di vittoria dai maschi, “ma qualche possibilità c’è: lo sci non è uno sport come l’atletica, dove chi arriva alla gara con il tempo migliore solitamente vince, il risultato dipende anche da tante variabili esterne”. A proposito di Olimpiadi invernali, le due settimane di Mondiale sulle Dolomiti “saranno il miglior test event possibile per quel che riguarda le piste – dice Malagò – e con ben cinque anni di anticipo. Faremo vedere al mondo la maestosità delle nostre montagne e la nostra capacità organizzativa”.

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È in partenza per Cortina, il presidente del Coni Giovanni Malagò. Lunedì iniziano i Campionati mondiali di sci alpino, dove “l’Italia partecipa con una squadra femminile molto forte – dice in un lungo colloquio con il Foglio Sportivo – anche se ferita dall’infortunio di Sofia Goggia, che pesa come un macigno”. La sciatrice bergamasca, volto vincente della candidatura di Milano e Cortina alle Olimpiadi invernali del 2026 assieme a Michela Moioli, aveva iniziato alla grande la stagione, “e avrebbe potuto fare risultato anche in altre gare”, dice Malagò. Meno speranze di vittoria dai maschi, “ma qualche possibilità c’è: lo sci non è uno sport come l’atletica, dove chi arriva alla gara con il tempo migliore solitamente vince, il risultato dipende anche da tante variabili esterne”. A proposito di Olimpiadi invernali, le due settimane di Mondiale sulle Dolomiti “saranno il miglior test event possibile per quel che riguarda le piste – dice Malagò – e con ben cinque anni di anticipo. Faremo vedere al mondo la maestosità delle nostre montagne e la nostra capacità organizzativa”.

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Dopo quello di pallamano in Egitto a gennaio, questo è il secondo Mondiale che apre la stagione 2021, a un anno dall’inizio della pandemia. “Tutti i soggetti che lo hanno reso possibile sono stati encomiabili, dalla Federazione agli enti locali al comitato organizzatore e alla fondazione Cortina 2021: li ringrazio per come si sono prodigati per tirare avanti la carretta nonostante tutto. Ricordo  quando ci aggiudicammo la gara, dopo quattro tentativi in cui Cortina aveva perso sempre, il quinto andò a buon fine: fu il frutto della tipica insistenza italiana e del lavoro di una squadra compatta”. 
Questi sono anche i giorni in cui Mario Draghi sta cercando di formare un nuovo governo, però. Il ministro dello Sport uscente, Vincenzo Spadafora, ha candidamente ammesso di avere accettato l’incarico un anno e mezzo fa senza sapere niente di sport. Visto come sono andate le cose – con il decreto sull’autonomia del Coni che ha permesso di salvare bandiera e inno azzurri alle Olimpiadi di Tokyo approvato all’ultimo – si poteva sperare in qualcosa di meglio? “Devo dire che su questo aspetto Spadafora è sempre stato sincero – dice Malagò – fin dal primo momento ha ammesso questa sua lacuna. Poi ognuno può trarre le riflessioni che vuole…”. Adesso  è tutto un fare il tifo per i competenti al governo, ma Malagò –  che a marzo punta a farsi rieleggere presidente del Coni –  non si sbilancia né tantomeno fa nomi: “Sarei un pazzo se oggi  dicessi chi mi auguro si occuperà di sport, non farei un buon servizio a chi deve formare l’esecutivo, che ancora non si sa nemmeno se sarà solo tecnico o tecnico-politico”.

Ha incassato la sua vittoria poche settimane fa con la ritrovata indipendenza del Coni, conosce i tempi della politica e sa che accelerare ora non serve. Per questo, alla domanda su come migliorare i rapporti con Sport e Salute scantona abilmente: “Nella vita si cerca sempre di migliorare lo stato delle cose, oggi sarebbe fuori luogo e sbagliato entrare in questo dettaglio. Ora che è riconosciuta la piena dignità del Comitato olimpico come ente pubblico, e il suo prestigio è di nuovo intatto, auspichiamo che ci sia piena sintonia con Sport e Salute. Anche i dettagli dovranno essere condivisi insieme con loro al cento per cento, altrimenti è ovvio che si riaprirà il contenzioso appena risolto”. 

In estate a Tokyo ci saranno le Olimpiadi. Rimandate lo scorso anno a causa del Covid, sono sembrate a rischio anche nel 2021. “Io sono di natura ottimista, ma mi chiedo: come si può non essere ottimisti a questo riguardo se il presidente del Cio, Thomas Bach, dice che si faranno anche in pandemia, e lo stesso dicono il primo ministro giapponese, il presidente del comitato organizzatore e i rappresentanti della comunità locale?”. Mancano cinque mesi. “Si è fatto il Mondiale di pallamano in Egitto, ora quello di sci a Cortina, in Australia si è tornato a giocare con il pubblico negli stadi, si fanno le gare di ciclismo, si gioca a calcio, a rugby… Certo, le Olimpiadi hanno una complessità organizzativa e di gestione diversa, ma si faranno. Oggi non possiamo sapere come sarà la situazione della pandemia, se e quanti vaccini saranno stati fatti, ma sono sicuro che gareggiare e competere nello sport sapendo che il mondo sta combattendo il virus, può essere un grande messaggio di speranza”.

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Lo scorso anno Malagò si disse apertamente contrario alla ripresa dei campionati in piena ondata Covid, e chiese al mondo del calcio di approfittare dello stop per affrontare problemi che “in corsa” non si potevano risolvere.  “Ho fatto i miei complimenti al calcio, sono stati tutti bravissimi a superare le difficoltà. Avevo suggerito di approfittare di quel contesto per sistemare quello che non va. Come tanti di noi durante il lockdown hanno sistemato la libreria o gli armadi a casa, in quel momento c’era l’opportunità di fare sedere gli stakeholder del mondo del calcio attorno a un tavolo e capire cosa funziona e cosa no: ripensare i contratti, la formula dei campionati…”. 


Non è stato fatto, però, “e ora i nodi vengono al pettine”. Non soltanto nel calcio, anzi: se lo sport più seguito in Italia è comunque al centro del dibattito sulla futura sostenibilità del sistema, ci sono sport meno seguiti e società più piccole che rischiano. “Non è il momento delle critiche – taglia corto il presidente del Coni – adesso va trovata la strategia per evitare che, come nel resto della società, anche nello sport ci siano troppi morti, nel senso di società sportive dilettantistiche, associazioni e altre piccole o medie realtà che falliranno o saranno costrette a chiudere, come succede e succederà purtroppo a commercianti, ristoratori, piccoli imprenditori. Sarebbe sciocco pensare che nelle oltre 100.000 associazioni sportive  non ci saranno problemi. Il nostro lavoro sarà trasformare – e su questo la politica e il governo saranno decisivi – i potenziali morti in feriti”. 


Lo sport di base è quello che pagherà di più, lo stop prolungato di questi mesi sta già facendo danni. “Quasi tutti quelli che hanno un figlio, alla domanda ‘che sport fa?’ rispondono: ‘semmai faceva…’. Siamo sicuri che tutti quelli che hanno smesso di praticare uno sport, oppure lo fanno in maniera atipica – penso al calcio senza partite e contatto –  ricominceranno a farlo, una volta tornati alla normalità?”. È anche un’emergenza educativa. “Molti si disabituano a fare sport, preferiscono stare davanti alla tv e giocare ai videogiochi. Qualche giorno fa il presidente di una Federazione mi ha detto che tra la fine del 2019 e la fine del 2020 i suoi tesserati sono passati da 150.000 a 75.000: come li recuperi tutti quelli persi?”. Se anche Malagò non si sbilancia a suggerire nomi in pubblico per l’esecutivo, ha idee chiare su dove intervenire: “Io ho le idee chiarissime da anni, peccato che sono stato poco ascoltato: bisogna potenziare lo sport nella scuola”.

La pandemia ha fatto emergere una situazione che in realtà già prima del Covid stava mostrando la corda: “Il sistema non può reggersi sull’associazionismo dilettante – spiega Malagò – serve la scuola. In Italia siamo fortissimi sul post scuola, grazie alle associazioni appunto: ma se queste come adesso sono chiuse, oppure non  riapriranno, dove possono andare i ragazzi? Questa è la priorità delle priorità. Bisogna far convogliare su sport e scuola energie, investimenti, interventi sulle infrastrutture e sulla pianta organica – chi insegna educazione fisica deve essere laureato in Scienze motorie, non può essere la maestra o il maestro di italiano a fare l’ora di ginnastica – bisogna fare una mappatura degli impianti utilizzabili, inserire lo sport nell’orario curricolare”. Così nasce una cultura dello sport, oltre ad avere effetti benefici sulla salute dei ragazzi. Eppure la politica non ci  pensa. “La politica, e questo discorso vale da decenni, ha sottovalutato e non affrontato il problema perché  ha sempre considerato il Coni soltanto come una Federazione delle Federazioni: ora che ha provato a togliergli autonomia ed è scoppiata la pandemia sono emerse tutte le cose che non funzionano”. Il rischio è quello di avere una “generazione perduta” allo sport: chi oggi ha un’età per cui se ben allenato tra qualche anno potrebbe gareggiare alle Olimpiadi non ha quasi modo di farlo. Rischiamo di perdere molti potenziali atleti. “Nella vita quasi nulla è definitivo – conclude Malagò – ma il rischio c’è. Per questo occorre pensare subito a un ‘Piano Marshall’ per lo sport e i giovani: un piano aggressivo, fatto di investimenti e riforme serie, e soprattutto fatto da persone che conoscono il problema, si siedono attorno a un tavolo e prendono decisioni. Ne va del futuro delle prossime generazioni”.

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