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Il Foglio sportivo

Rugby da tasca e da ginocchia

 Marco Pastonesi

Inizia il Sei Nazioni 2021, a porte chiuse. E senza spettatori non ci saranno nemmeno i “Prog”, i libriccini di presentazione delle partite divenuti culto

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Rugby, Sei Nazioni 2021. Niente spettatori, niente biglietti, niente incassi. E niente programmi. Quei libriccini di presentazione delle partite. Statistici e letterari, giornalistici e storici, simbolici e tradizionali. Documenti e testimonianze scritte di “quel giorno c’ero anch’io”.

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Rugby, Sei Nazioni 2021. Niente spettatori, niente biglietti, niente incassi. E niente programmi. Quei libriccini di presentazione delle partite. Statistici e letterari, giornalistici e storici, simbolici e tradizionali. Documenti e testimonianze scritte di “quel giorno c’ero anch’io”.

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“Programme” in inglese, “programme” in francese, “programma” in italiano, per tutti “prog”. Da tasca (24 centimetri di altezza, 17 di base, con variazioni sul tema), anche da ginocchia (la paginata centrale riservata alle formazioni), con i saluti istituzionali (presidenti, allenatori e capitani delle federazioni delle due nazionali in campo) e le formazioni ufficiali (brevi testi sulle carriere), e poi memorie, racconti, profili, commenti tecnici e pezzi di colore. Piccole guide da leggere e rileggere, custodire e collezionare.

 

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Difficile indicare la data di nascita del primo “prog”. Il sito rugbyrelics.com, sacrestia delle memorabilia ovali, contempla il programma di 28 pagine pubblicato per la partita fra Taranaki, una provincia neozelandese, e le British Isles, antenate dei British and Irish Lions, giocata il 17 agosto 1904 a New Plymouth, il quarto appuntamento in Nuova Zelanda (il diciassettesimo nell’emisfero australe) della selezione dei migliori giocatori britannici, finito con il risultato perfetto: 0-0. Valore: 1.900 sterline. In vendita anche il programma di Inghilterra-Nuova Zelanda del 4 gennaio 1936, quando Aleksandr Sergeevic Obolenskij, “il principe volante” nato in Russia e naturalizzato inglese, studente a Oxford e pilota nella Raf, trequarti ala di Leicester e dei Tutti Bianchi, incantò la platea di Twickenham segnando due mete e sconfiggendo i già magici All Blacks: 13-0. Prezzo: 175 sterline. Il sito love-rugby.com propone il programma di Galles-Australia – copertina metà rossa e metà gialla – del 3 dicembre 1968, all’Arms Park di Cardiff, nella partita dell’esordio internazionale dell’apertura gallese Barry John, poi divinizzato. La leggenda: “Guarda, c’è Barry John” (un gallese); “E allora, non è mica Dio” (un inglese); “No, ma è ancora giovane” (il gallese).

 

Per gli appassionati italiani di rugby, i programmi sono stati una scoperta più recente. “Era il marzo 1959 – racconta Luciano Ravagnani, pioniere del giornalismo ovale – quando andai a Londra per Richmond-London Welsh. In treno: da Rovigo a Padova, da Padova a Milano, da Milano a Dunkerque, traghetto fino a Dover, treno fino a Victoria Station, 36 ore ad andare e 36 a tornare. Quel libriccino certificò la mia esistenza in vita nel rugby internazionale. L’idea fu importata. I primi libriccini negli anni Sessanta, soprattutto a Parma, ma sembravano volantini pubblicitari. Finché per Italia-All Blacks a Padova nel 1977 ne preparai uno sullo stile di quelli britannici: la copertina tutta nera, i saluti delle autorità, le formazioni delle squadre, il contributo di Ken Carrington, il primo All Black venuto a giocare in Italia, a Casale sul Sile. Distribuito gratuitamente. Oggi, per appassionati e nostalgici, vale una fortuna”.

 

“Era il 1980 – spiega Carlo Gobbi, firma storica della “Gazzetta dello Sport” – quando andai a Londra, con mia moglie, a mie spese, per Inghilterra-Scozia, in un viaggio organizzato da Vittorio Munari. La vigilia del match entrai in Twickenham e scoprii una reggia: stavano allestendo il salone per il pranzo della principessa Anna, presidente onorario della Federazione rugby scozzese. Sul campo c’era un cartello: ‘Keep away’, alla larga. Uno dei custodi ci chiese chi fossimo. ‘Italiani’, rispondemmo. ‘Italiani?!’, era sbalordito. Gli italiani, nel rugby, non erano previsti. Acquistai il programma come se fosse la Sacra Sindone. Per il giornale feci una pagina intera su questo mondo per noi così misterioso ed esclusivo. Paolo Rosi, telecronista Rai, telefonò a Gino Palumbo, direttore della ‘Gazzetta’: ‘Finalmente vi siete accorti che esiste anche il rugby’”.

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“Sono gioielli”, sostiene Walter Pigatto, ex arbitro, statistico, tra i collezionisti più competenti. “Ne abbiamo più di cinquemila”, rivendica Corrado Mattoccia, direttore del Museo del rugby Fango e Sudore, ad Artena. 

 

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“Il primo programma ufficiale del Sei Nazioni – dice Maurizio Bocconcelli, da giocatore a giornalista – risale alla nostra prima partita, Italia-Scozia, e prima vittoria, 34-20. Lo concepii come se fosse il programma che si dà a teatro per le opere”. Ventuno anni di pubblicazioni per ciascun match giocato a Roma: “Una copia per ogni partita la tengo in casa, le altre in cantina”. Il numero più venduto per Italia-Inghilterra 2014: “Esaurito mezz’ora prima dell’inizio della partita”. Il giocatore più in copertina Sergio Parisse: “Ciccio De Carli, del programma con lui in copertina, se n’è fatto una gigantografia e l’ha appesa in camera”. L’85 per cento degli acquirenti sono stranieri: “Nell’ordine inglesi, gallesi e irlandesi, gli scozzesi con il ‘braccino corto’, i francesi non ne hanno la cultura”. E gli italiani? “Pensano: ‘Siccome io ho giocato a rugby, me lo devi dare gratis’”.

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