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Dall'archivio

A un anno dall'addio a Kobe Bryant

Il 26 gennaio 2020 moriva la leggenda del basket in un incidente in elicottero. Con lui c'era la figlia Gianna e altre 7 persone. Otto articoli dal Foglio, come la sua prima maglia

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Il 26 gennaio 2020 moriva la leggenda del basket in un incidente in elicottero. Con lui c'erano la figlia Gianna e altre 7 persone. Un dramma che ha unito il mondo ben oltre lo sport.

  

Quel modo di giocare unico e irripetibile, fatto a misura di uomini che non avevano muscoli da culturisti o altezze da grattacieli: il più italiano dei grandi campioni americani.

 

   

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Il bambino che diverrà campione. Carmine Sticci racconta il periodo italiano del numero 8 e 24.
     

   

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Lo stesso Kobe aveva raccontato lo spessore della sua infanzia nel nostro paese. Qui, in un'intervista del 2011 a Deejay Chiama Italia.
     

  

E al contempo, non c’è nient’altro di più meravigliosamente americano di come l'ex icona dei Lakers è riuscita ad andare oltre il proprio talento.
   

   

“Sono cattolico, sono cresciuto cattolico, i miei figli sono cattolici”. Quando l'ex cestista, nel pieno della tempesta più difficile della sua vita, un’accusa di stupro infamante, decise di abbracciare la sua croce.

     

   

La missione dopo il ritiro nel 2016: tramandare il bryantismo al sangue del suo sangue.

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Estetica, forza, identificazione e comunicazione hanno reso l’ex cestista americano un’icona mondiale (a cui l’Italia deve dire grazie).

    

   

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Il 12 ottobre 2020 Los Angeles batte Miami nella bolla Disney (serie chiusa sul 4-2) e vince il suo 17° titolo Nba. La promessa fatta da James dopo la morte di Bryant e la prima volta di Anthony Davis.

   

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