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Mistero Rooney, troppo “sporco” per piacere a tutti

Jack O’Malley

L’ex capitano del Manchester United smette di giocare e farà solo il manager, ma era già stato dimenticato  

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Sarebbe facile commentare l’addio al calcio giocato di Wayne Rooney con un sarcastico “ma come, non aveva smesso già quattro anni fa?”. Ma ho troppo amato Wazza, capitano della mia Nazionale e del Manchester United, per trattarlo come  uno dei tanti calciatori bolsi che ci mettono un po’ a capire di non avere più molto da dire sul campo da calcio. Rooney ha 35 anni, l’età in cui molti suoi colleghi ancora giocano, spesso a un buon livello (e nell’epoca in cui qualcuno intervista “in esclusiva” Ibrahimovic ogni due giorni per esaltare il suo essere ancora forte a 39 anni fa ancora più impressione). Lui ha smesso di farlo attorno ai 30 anni, quando da celebrato capitano e uomo simbolo dei record allo United è diventato panchinaro (stavo per dire “di lusso” come un ospite qualsiasi dei dopopartita Rai di Coppa Italia) con Mourinho.

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Sarebbe facile commentare l’addio al calcio giocato di Wayne Rooney con un sarcastico “ma come, non aveva smesso già quattro anni fa?”. Ma ho troppo amato Wazza, capitano della mia Nazionale e del Manchester United, per trattarlo come  uno dei tanti calciatori bolsi che ci mettono un po’ a capire di non avere più molto da dire sul campo da calcio. Rooney ha 35 anni, l’età in cui molti suoi colleghi ancora giocano, spesso a un buon livello (e nell’epoca in cui qualcuno intervista “in esclusiva” Ibrahimovic ogni due giorni per esaltare il suo essere ancora forte a 39 anni fa ancora più impressione). Lui ha smesso di farlo attorno ai 30 anni, quando da celebrato capitano e uomo simbolo dei record allo United è diventato panchinaro (stavo per dire “di lusso” come un ospite qualsiasi dei dopopartita Rai di Coppa Italia) con Mourinho.

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Wayne Rooney è uno dei grandi misteri del calcio moderno, l’esempio di come si può diventare passato pur avendo ancora un promettente presente: un attaccante da oltre 200 gol in Premier League, vincitore di un sacco di trofei tra cui una Champions League, miglior bomber della storia del Manchester United, eppure quasi sempre snobbato dai  riconoscimenti individuali e dai patinati prime time della Fifa. Come  gli attaccanti della sua generazione ha avuto la sfiga di giocare negli anni in cui tutti si bagnavano per Messi e Cristiano Ronaldo anche  quando non vincevano nulla, ma probabilmente nessuno sano di mente negli ultimi 15 anni avrebbe risposto “Rooney” alla domanda “chi è l’attaccante più forte in questo momento?”, cosa che invece è successa a fasi alterne per i vari Milito, Lewandowski, Drogba, Suarez, Neymar, ferma restando l’intoccabilità di quei due lassù. Eppure lo è stato, e a lungo, il miglior attaccante del momento. Forse troppo inglese per piacere ai buzzurri del Continente, Wayne ha pagato per il suo carattere di merda, il fisico che non lo rendeva elegante ma brutale da vedere (eppure una delle rovesciate più belle nella storia di questo sport è sua, nel derby contro il City), la sua vita da tabloid fuori dal campo, il suo sembrare sempre troppo brutto per essere così forte, paradossalmente per il suo sapere adattarsi a qualsiasi ruolo.

   

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La cosa incredibile è che anche nel cuore dei tifosi del Manchester viene dopo un bel po’ di altri nomi. Capìta l’aria che tirava all’Old Trafford, nel 2017 aveva provato a fare il figliol prodigo nella squadra che lo aveva lanciato, l’Everton. Dopo due stagioni meno memorabili di una prima pagina della Gazzetta ha fatto la fine che fanno molti: diventato fuori moda troppo in fretta, è andato a giocare negli Stati Uniti, là dove i suoi 33 anni portati malissimo potevano ancora sembrare 25, dato il livello della compagnia.

   

Tornato in Inghilterra, si è messo a fare l’allenatore-giocatore, ruolo che poteva andare bene nel calcio degli anni Novanta, ma che oggi regge per qualche partita ed è buono al massimo per far parlare di sé. Adesso ha deciso di fare solo il manager del Derby County, terzultimo in Championship, e probabilmente è giusto così.

   

Oggi verrà celebrato sui media, ma non troppo. Qualche nostalgico si commuoverà per dovere, altri faranno la battuta con cui ho iniziato questo articolo. Il fatto è che Rooney aveva già smesso così tante volte senza smettere davvero che quasi non è rimasto più nulla da dire su di lui.  Una cosa la so, però: domenica non avrà dubbi su chi tifare fra  Liverpool e Manchester United. L’ultima volta che in classifica i Red Devils erano dove sono adesso, il capitano era lui. In alto i boccali per Wayne, cheers!  

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