PUBBLICITÁ

Centodieci anni d'azzurro Italia. Beppe Bergomi ci spiega il fascino della Nazionale

Massimiliano Vitelli

Il 6 gennaio 1911 i nostri calciatori scesero in campo per la prima volta vestendo una maglia azzurra. Allora finì male: vinse l'Ungheria per 1-0

PUBBLICITÁ

Centodieci anni d’azzurro. Il colore che accompagna le gesta dell’Italia, scelto in onore di Casa Savoia, fu indossato per la prima volta dalla nostra Nazionale di calcio il 6 gennaio 1911, quando all’Arena Civica di Milano l’Italia giocò contro l’Ungheria (risultato finale 1-0 per i magiari). In più di un secolo, l’hanno indossata in tanti. Per alcuni è stata una solo bella esperienza, per altri una sorta di missione calcistica. Gianluigi Buffon è quello che l'ha indossata più di tutti, sebbene non fosse azzurra come quella di tutti i suoi compagni. Chi se l'è messa sulle spalle però difficilmente scorda la prima esperienza in Nazionale.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Centodieci anni d’azzurro. Il colore che accompagna le gesta dell’Italia, scelto in onore di Casa Savoia, fu indossato per la prima volta dalla nostra Nazionale di calcio il 6 gennaio 1911, quando all’Arena Civica di Milano l’Italia giocò contro l’Ungheria (risultato finale 1-0 per i magiari). In più di un secolo, l’hanno indossata in tanti. Per alcuni è stata una solo bella esperienza, per altri una sorta di missione calcistica. Gianluigi Buffon è quello che l'ha indossata più di tutti, sebbene non fosse azzurra come quella di tutti i suoi compagni. Chi se l'è messa sulle spalle però difficilmente scorda la prima esperienza in Nazionale.

PUBBLICITÁ

  

Il 14 aprile 1982 Giuseppe Bergomi aveva appena 18 anni e una voglia matta di scendere in campo. Era seduto su una fredda panchina dello Zentralstadion di Lipsia, in campo l’Italia stava affrontando in amichevole la Germania Est. I tedeschi erano in vantaggio 1-0 grazie alla rete di Hause dopo venti minuti (il risultato parziale fu anche quello finale). Al 61’ Enzo Bearzot decise di fare uscire Marangon, dentro il ragazzino. “Accadde tutto come in un sogno. Entrai emozionatissimo, con l’esuberanza della mia età. E provai un’emozione difficile da descrivere. Ero da poco maggiorenne e già avevo raggiunto l’apice di una carriera da calciatore. Perché, per me, l’azzurro è tutto”. Da allora, Bergomi ha indossato la maglia dell’Italia altre 80 volte, realizzando 6 gol. “Vestire la divisa della Nazionale è il massimo, le squadre di club sono importanti, ma in una carriera capita di cambiare casacca, quella azzurra invece resta quella per sempre”.

 

PUBBLICITÁ

Quattro Mondiali, uno vinto. “Ogni partita con la maglia azzurra ha significato tanto per me. Certo, alzare nel cielo di Madrid la Coppa del Mondo è stato il momento più vibrante”. Spesso anche capitano, Bergomi ricorda il suo modo di gestire il ruolo nell’Italia. “Ho sempre parlato poco, lasciando all’esempio il compito di indicare la strada ai miei compagni”. La sua ultima partita con il colore del cielo addosso è stata ai Mondiali di Francia ’98. “All’Inter avevo disputato un’ottima stagione, con mister Gigi Simoni avevamo vinto anche la Coppa Uefa. Così, complice l’infortunio di Ferrara, a trentaquattro anni tornai a vestire in un Mondiale (aveva saltato quello del 1994, ndr) quella maglia che amo tanto. Cesare Maldini me la fece indossare altre tre volte. Quando perdemmo ai rigori contro la Francia capii che la mia avventura con l’Italia era finita. Si era chiuso un ciclo, giusto dare spazio ad altri”. Ma, anche in quel caso, non ci fu spazio per i personalismi. “Ero troppo triste per la sconfitta, solo molto più tardi iniziai a metabolizzare il fatto che non avrei mai più avuto l’occasione di mettermi la maglia azzurra”.

   

Negli anni sono cambiati i tessuti, un po’ anche il colore. E poi ci sono stati tanti esperimenti, come la casacca verde realizzata per celebrare il Rinascimento italiano. “Per me l’azzurro rimane il colore del cuore, però comprendo che ci siano delle varianti, anche nella gradazione. Quella verde mi piaceva molto, ma sono felice che sia stata presto archiviata. Ogni tanto qualche cambiamento per far sorridere i produttori e dare un impulso al merchandising ci può anche stare, ma poi è giusto e doveroso tornare all’originale”. 

 

Il calcio in questi anni ha portato ormai diversi giocatori a lasciare la Nazionale per allungare un po’ la carriera. Lo Zio non ci sta. “Ogni volta che sono sceso in campo con la maglia azzurra l’ho fatto con il senso di responsabilità di difendere il mio paese, come se fossi stato chiamato in battaglia. Ho assaporato ogni istante, ho dato tutto me stesso. Mai avrei scelto deliberatamente di non mettermi più quell’azzurro addosso. Per me è una seconda pelle”.

PUBBLICITÁ
Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ