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Giustizia (e spettacolo)

La gogna dell’anno: il caso Suarez

Ermes Antonucci

Tra intercettazioni e fughe di notizie, il caso dell’esame per la cittadinanza di Luis Suarez e la Juventus è diventato un circuito mediatico-giudiziario

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Sarà la magistratura a verificare la fondatezza dell’inchiesta avviata dalla procura di Perugia sul presunto esame “farsa” svolto dal calciatore Luis Suarez lo scorso settembre per ottenere la cittadinanza italiana e approdare alla Juventus (trasferimento poi non avvenuto). Nel frattempo, una cosa appare certa: quella che ha travolto Suarez e la Juventus è la storia più pazza di gogna mediatico-giudiziaria del 2020, se non degli ultimi anni.

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Sarà la magistratura a verificare la fondatezza dell’inchiesta avviata dalla procura di Perugia sul presunto esame “farsa” svolto dal calciatore Luis Suarez lo scorso settembre per ottenere la cittadinanza italiana e approdare alla Juventus (trasferimento poi non avvenuto). Nel frattempo, una cosa appare certa: quella che ha travolto Suarez e la Juventus è la storia più pazza di gogna mediatico-giudiziaria del 2020, se non degli ultimi anni.

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Fuoriuscita di notizie coperte da segreto, interviste a raffica di ufficiali della polizia giudiziaria, pubblicazione di intercettazioni, sputtanamento delle persone coinvolte (anche se non indagate). Insomma, il caso Suarez sembra aver manifestato in un colpo solo tutte le distorsioni del circo mediatico-giudiziario, con risvolti persino più paradossali del solito. Tutto comincia il 22 settembre, quando alle prime ore del mattino una notizia conquista le prime pagine dei giornali italiani e internazionali: la prova di italiano sostenuta da Suarez cinque giorni prima all’Università per Stranieri di Perugia per ottenere la cittadinanza italiana e sbarcare alla Juventus, trasferimento al centro dell’attenzione calcistica mondiale, sarebbe stata truccata. Secondo la procura di Perugia, guidata da Raffaele Cantone, il calciatore uruguaiano avrebbe conosciuto in anticipo le domande, sarebbe stato sottoposto a un esame molto più facile del normale e il punteggio gli sarebbe stato attribuito prima della prova.

 

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Il circo mediatico-giudiziario apre subito i battenti. Il primo ad andare in scena è Selvaggio Sarri, il tenente colonnello della Guardia di Finanza di Perugia che ha coordinato le indagini portate avanti dalla procura. Nelle ore immediatamente successive all’esplosione del “caso Suarez”, Sarri rilascia interviste a (in ordine sparso): Ansa, Radio Capital, Fanpage, Radio Kiss Kiss, Radio Punto Nuovo, TMW Radio, persino al quotidiano spagnolo La Vanguardia. Nelle interviste, il colonnello della Gdf rivela i contenuti dell’indagine appena lanciata: “Probabilmente – afferma Sarri – i vertici dell’università, ammaliati dalla possibilità di avere questo candidato illustre e di avere rapporti futuri con la Juventus, hanno dato la massima disponibilità e hanno subito fatto un corso online, visto il tempo ridotto di una settimana. Però si sono accorti che Suarez a malapena comprendeva l’italiano e non lo parlava per niente. Quindi hanno fatto un corso ad hoc, incentrato sulle domande che gli avrebbero fatto, e gli hanno fatto imparare a memoria delle risposte in modo tale che durante l’esame riuscisse a dire qualcosa, stando attenti a non uscire dai binari con altre domande”.

 

Così come le domande, anche le valutazioni sarebbero già state concordate: “Avevano preventivamente già stabilito già la votazione da attribuirgli: il livello B1, quello necessario introdotto da Salvini nei Decreti Sicurezza per richiedere la cittadinanza italiana – afferma Sarri in un’intervista a Fanpage – Il certificato, il verbale, era già tutto predisposto. Quando Suarez si è presentato a Perugia per sostenere l’esame era solo un pro-forma, perché bisognava sostenere l’esame in presenza. Lui è riuscito a dire quelle quattro cose che aveva imparato a memoria e questo gli avrebbe consentito di avere la certificazione per completare l’iter della cittadinanza”. Insomma, con una serie impressionante di interviste il tenente colonnello della Guardia di Finanza (che pochi giorni dopo lo “scandalo” ha assunto un nuovo incarico a Roma) non solo rivela i contenuti dell’indagine, ma rappresenta i fatti oggetto dell’inchiesta come già acclarati.

 

Prueba amañada”, prova truccata, scrive La Vanguardia, intervistando Sarri (che peraltro porta lo stesso cognome dell’ex allenatore della Juventus, Maurizio Sarri, dettaglio che alimenta il divertimento degli organi di informazione). Se i fatti appaiono come già acclarati, le persone coinvolte nell’inchiesta, in particolare i vertici e i docenti dell’Università per Stranieri di Perugia (indagati per corruzione, rivelazione di segreto d’ufficio e falso), appaiono come già colpevoli, in sfregio al principio costituzionale di presunzione di non colpevolezza. Ma a essere sfregiata non è solo la Costituzione italiana. Anche la direttiva sul rafforzamento della presunzione di innocenza, approvata nel 2016 dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione europea, imporrebbe alle autorità pubbliche di non rilasciare dichiarazioni che presentino l’indagato o l’imputato come una persona colpevole, ancor prima che la sua colpevolezza sia stata effettivamente dimostrata in sede giudiziaria.

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Per autorità pubbliche, specifica la direttiva, sono da intendersi “le autorità giudiziarie, di polizia (sic!) e altre autorità preposte all’applicazione della legge”, così come “altre autorità pubbliche, quali ministri e altri funzionari pubblici”. Tutto ignorato. Nel frattempo, le intercettazioni delle conversazioni tra alcuni indagati vengono pubblicate dappertutto. “Ma te pare che lo bocciamo”, “ho sentito la rettrice e la linea è questa” e molto altro ancora. Tutto finisce sui giornali, come se le frasi dette al telefono, chissà in quale contesto e con quale intento, rappresentassero delle prove inconfutabili. Come se non bastasse, tutto ciò accade tre settimane dopo l’entrata in vigore della riforma sulle intercettazioni, voluta dal Guardasigilli Andrea Orlando e poi modificata dal suo successore Alfonso Bonafede, che in teoria dovrebbe impedire la diffusione delle intercettazioni durante le prime fasi dell’indagine. L’obiettivo della nuova disciplina sarebbe quello di tutelare la privacy e la dignità delle persone coinvolte in procedimenti giudiziari, limitando la pubblicazione sui giornali di intercettazioni penalmente irrilevanti.

 

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A tal fine, il pubblico ministero dovrebbe “vigilare affinché nei verbali non siano riportate espressioni lesive della reputazione delle persone o quelle che riguardano dati personali definiti sensibili dalla legge, salvo che si tratti di intercettazioni rilevanti ai fini delle indagini”. Sempre il pubblico ministero, inoltre, dovrebbe sorvegliare l’archivio in cui vengono depositate le intercettazioni e gestirlo “con modalità tali da assicurare la segretezza della documentazione”. Il problema è che, nel caso di Suarez, le intercettazioni finite subito sui giornali non sono neanche contenute in atti depositati ufficialmente al termine delle indagini (e notificati ai diretti interessati), ma sono bensì frutto di attività ancora in svolgimento, che a maggior ragione dovrebbero essere coperte da segreto.

 

Sempre sul tema intercettazioni emergono poi altri interrogativi. E’ lo stesso tenente colonnello Sarri, nel corso delle sue innumerevoli interviste, a spiegare che l’indagine sull’esame di Suarez è nata per caso. L’inchiesta, infatti, era partita per svolgere accertamenti su “attività poco trasparenti” che sarebbero state portate avanti dall’università sul piano amministrativo. In altre parole, gli investigatori stavano realizzando intercettazioni per altre ipotesi di reato, quando all’improvviso si sono ritrovati per le mani il caso Suarez, finendo per ipotizzare nuovi reati, tra cui quello più grave di corruzione. Il problema è che, secondo la normativa in vigore, i risultati delle intercettazioni possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli per i quali le captazioni sono state autorizzate solo se vi è una connessione tra le due ipotesi di reato. In questo caso, però, è lo stesso ufficiale della Gdf che ha coordinato le indagini a rivelare che l’inchiesta su Suarez è emersa per caso, senza alcun legame con il filone di indagine iniziale. Un altro mistero. Dopo tre giorni di continue fughe di notizie e di intercettazioni coperte da segreto, arriva un nuovo colpo di scena.

 

Con una decisione senza precedenti, il procuratore capo di Perugia Raffaele Cantone decide di sospendere a tempo indeterminato tutte le attività di indagine relative alla vicenda dell’esame di italiano di Luis Suarez. L’ex presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione spiega che la decisione è legata a quelle che vengono ritenute ripetute violazioni del segreto investigativo, aggiungendo di aver già deciso l’apertura di un fascicolo per accertare eventuali responsabilità. “Sono indignato per quanto successo finora – dichiara Cantone – compreso l’assembramento dei mezzi d’informazione oggi sotto alla procura. Faremo in modo che tutto questo non accada più”. In effetti, lo spettacolo indegno emerso in quelle ore mal si conciliava con alcune prese di posizione adottate in passato proprio da Cantone.

 

Il 15 giugno 2017, ad esempio, l’allora presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione aveva affermato pubblicamente che “le intercettazioni servono per scoprire reati, non per finire sui giornali”, mentre due anni prima aveva sottolineato “la necessità di stabilire regole chiare sulla pubblicabilità delle intercettazioni”. Ma ciò che più appare paradossale è il contenuto della decisione presa da Cantone, come se in Italia per fermare la gogna mediatico-giudiziaria occorra per forza fermare le indagini. Come se in questo Paese non sia possibile portare avanti un’indagine senza far finire tutto sui giornali. Secondo quanto riportato dagli organi di informazione, per giunta, a far arrabbiare Cantone pare sia stata non tanto la fuoriuscita incontrollata di atti coperti da segreto, quanto piuttosto l’anticipazione dell’intenzione della procura di sentire Suarez tramite una videoconferenza, particolare che era noto a una strettissima cerchia di investigatori e che pare non fosse stato ancora notificato neanche al calciatore. Dopo poco più di un mese di tregua, comunque, la vicenda riesplode.

 

Il 4 dicembre vengono notificati avvisi di garanzia anche a Fabio Paratici, capo dell’area sport della Juventus, e agli avvocati Luigi Chiappero e Maria Turco. Paratici e Chiappero vengono accusati di aver fornito false informazioni ai pubblici ministeri, mentre Turco è accusata di aver concorso all’esame “farsa” svolto da Suarez. Dentro al calderone viene gettata anche la ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti, Paola De Micheli, rea di aver ricevuto una telefonata in cui Paratici, suo amico d’infanzia, le chiese informazioni sulle pratiche di riconoscimento della cittadinanza italiana. Il fatto più paradossale è che, poche ore dopo questa ennesima svolta, sui giornali riprende la pubblicazione di atti dell’indagine “coperti” da segreto, proprio come avvenuto all’inizio della vicenda.

 

La sospensione temporanea delle indagini da parte di Cantone non sembra aver prodotto risultati. In particolare, l’8 dicembre il quotidiano Repubblica pubblica un articolo in cui sarebbero rivelati “i quesiti dell’esame-farsa di Suarez”. Il titolo riporta una frase eloquente (“Buonasera Luis, queste le domande che le faranno”), che però poi non appare nel testo dell’articolo, né tantomeno negli scambi di email tra i docenti dell’università e Suarez recuperati dai finanzieri e pubblicati dal quotidiano. Pochi giorni fa, il 19 dicembre, Suarez è stato sentito come testimone dai magistrati di Perugia. Anche in questo caso, i contenuti della deposizione sarebbero dovuti rimanere riservati, ma nelle ore successive gli organi di informazione hanno lanciato la notizia secondo la quale il calciatore dell’Atletico Madrid avrebbe ammesso agli inquirenti di aver saputo prima le domande dell’esame.

 

Notizia mai confermata, ma utile a riempire di nuovo le pagine dei giornali. Poche ore dopo, il 21 dicembre, alcuni giornali (come Repubblica e Gazzetta dello Sport) hanno pubblicato i testi di alcune conversazioni che sarebbero state intercettate da una cimice piazzata dai finanzieri di Perugia nell’aula dove è avvenuto l’esame di Suarez. Materiali, anche questi, teoricamente coperti da segreto. Insomma, come già detto, sarà la magistratura a chiarire se l’esame di Suarez sia stato veramente truccato come ipotizzato dai pm. L’unica farsa accertata, per il momento, è questo modo di fare informazione, nel nome della gogna e dello sputtanamento.

 

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