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Non si poteva fischiare Maradona

Giovanni Francesio

La generazione dei nati intorno al 1970 è stata la generazione Maradona, quella che ha avuto il calcio più bello di sempre, ed è durato almeno vent’anni, dal 1980 al 2000

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La mia generazione, quella dei nati intorno al 1970, non è stata – possiamo dirlo senza rischiare di commiserarci troppo – particolarmente fortunata. Troppo giovani per sentirci parte della fioritura politica, culturale e sociale degli anni Sessanta, Settanta e dei primi anni Ottanta, ma nello stesso tempo non così giovani da non avere la sensazione, persistente e fastidiosa, di esserci persi per un pelo qualcosa di favoloso. Del resto, bastava avere fratelli o cugini più grandi, o genitori particolarmente giovani, per sentirsi infliggere con metodica crudeltà racconti di una stagione che assumeva sempre più i contorni della leggenda, mentre noi, sempre più, rosicavamo. E siccome il rosicamento non è particolarmente identitario, non ci siamo nemmeno mai sentiti davvero, una generazione.

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La mia generazione, quella dei nati intorno al 1970, non è stata – possiamo dirlo senza rischiare di commiserarci troppo – particolarmente fortunata. Troppo giovani per sentirci parte della fioritura politica, culturale e sociale degli anni Sessanta, Settanta e dei primi anni Ottanta, ma nello stesso tempo non così giovani da non avere la sensazione, persistente e fastidiosa, di esserci persi per un pelo qualcosa di favoloso. Del resto, bastava avere fratelli o cugini più grandi, o genitori particolarmente giovani, per sentirsi infliggere con metodica crudeltà racconti di una stagione che assumeva sempre più i contorni della leggenda, mentre noi, sempre più, rosicavamo. E siccome il rosicamento non è particolarmente identitario, non ci siamo nemmeno mai sentiti davvero, una generazione.

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Per finire a ritrovarci qui, oggi, senza più nemmeno i bar, chiusi in casa, costretti in una socialità virtuale che subiamo senza padroneggiarla, senza capirla, nonostante i patetici, ancorché generosi, sforzi di molti di noi; ridotti a sentirci dare di boomer da figli sfacciati e colleghi offensivamente giovani. E questo dopo essere passati per altre cosette come l’Aids, il casco obbligatorio, il militare abolito subito dopo che l’avevamo finito noi, il g8 di Genova, l’11 settembre, i film di Muccino, eccetera.

     

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Una cosa, però, l’abbiamo avuta. E più passa il tempo, e più ne diventiamo consapevoli, non senza un compiaciuto e rancoroso senso di rivendicazione nei confronti di figli e giovinastri vari.

     

Abbiamo avuto, soprattutto in Italia, il calcio più bello di sempre, ed è durato almeno vent’anni, dal 1980 al 2000. E noi c’eravamo, nel pieno della nostra giovinezza, al massimo della nostra energia vitale.

    

Eravamo bambini, innocenti e fiduciosi, quando l’Italia batteva il Brasile più forte della storia e poi vinceva il mondiale di Spagna. Eravamo ragazzi, e poi giovani adulti, quando in Serie A i migliori stranieri del mondo andavano ad aggiungersi a una stupefacente scuola di giocatori italiani, e gli stadi erano diventati un posto – per molti di noi, l’unico - dove ci sentivamo meravigliosamente liberi.

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Avevamo vent’anni, quando ci furono i Mondiali in Italia: e non eravamo noi, i famigerati ultras, a coprire il paese di vergogna fischiando l’inno argentino, a Milano e a Roma, in odio a Maradona. Erano i nostri genitori e i nostri zii, gli stessi che avevano passato la vita a spiegarci come si stava al mondo (non avevamo ancora realizzato, all’epoca, che quelli che avevano imparato meglio di tutti a stare al mondo erano proprio loro).

   

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Noi non avremmo mai potuto fischiare Maradona, perché in modo confuso e contraddittorio lo percepivamo come uno dei nostri – rarissimi – privilegi. Maradona era poco più vecchio di noi, aveva tutte le nostre fragilità, le nostre debolezze, soffriva la nostra stessa noia esistenziale, ma era, e nessuno di noi ne ha mai dubitato, il più forte giocatore di calcio di tutti i tempi, passati, presenti e futuri. Ed è persino sbagliato parlare di “più forte”, perché per Maradona non può esserci comparativo: “Isso”, come lo chiamano a Napoli, era, chiaramente, un’altra cosa. Venuta a miracol mostrare.

   

E per questo lo abbiamo amato da subito di un amore infinito, fatto di meraviglia e gratitudine.

  

Noi c’eravamo, quel giorno di settembre al Bentegodi, il suo esordio in serie A, quando il Napoli perse 3 a 1, il Verona iniziò la sua corsa allo scudetto (a proposito del calcio anni Ottanta…) e Briegel lo massacrò di botte, tanto che a un certo punto, dopo l’ennesimo fallaccio, Maradona si alzò e andò a fare un testa a testa contro il colosso di Kaiserslautern, anche se gli arrivava a stento ai pettorali.

   

Ed eravamo davanti alla televisione, in piedi, il giorno della punizione impossibile contro la Juventus, il giorno del colpo di testa da trenta metri contro il Milano, ed eravamo lì quando in quattro minuti Maradona fece prima il più bel gol irregolare che avessimo mai visto, e poi il più bel gol regolare. Quel poema de gol.

   

Ed eravamo ancora lì, affamati di bellezza, anche se ormai consapevoli che la giovinezza ci sfuggiva di mano, il giorno in cui Maradona ci ha mandato il suo ultimo saluto, urlando in faccia alla telecamera, e alla vita bastarda, tutta la nostra rabbia dopo il gol alla Grecia ai mondiali del 94, quando il sipario è calato per l’ultima volta.

   

Noi, nati intorno al 1970, abbiamo avuto solo il calcio, come sogno collettivo, per cui cortesemente non si indignino, gli altri, quando rivendichiamo, con una lucidità che normalmente non ci appartiene, Maradona come il nostro Mozart, il nostro Goethe, il nostro Kennedy, il nostro Che Guevara.

  

Lo abbiamo amato di un amore totale, gli siamo sempre stati grati, e oggi lo siamo ancora di più. Perché adesso l’uomo è morto, ed è rimasto solo il ricordo di tutto il bello che c’è stato, che è stato tantissimo. E per tutto il tempo che ci rimarrà, ai lazzi crudeli dei figli di fronte alle nostre inadeguatezze (“cosa c’è papà, si è rotto Google?”), potremo ribattere con la più appagante delle risposte: “io ho visto Maradona”.

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